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Evo Morales e la nazionalizazzione del calcio in Bolivia

Statalizzare tutto! Lo fanno in tanti (perché lo sport italiano?) ma per Evo Morales, presidente della Repubblica di Bolivia, è il rimedio unico di fronte ai risultati balbettanti della propria nazionale.

Dopo la nazionalizzazione delle riserve di gas naturale, l’acquisto da parte dello Stato delle raffinerie Petrobras e la statalizzazione delle fonderie di Vintro, in mano alla multinazionale svizzera Glencore, è la volta del calcio, nella speranza che dia risultati, al netto della propaganda, anche migliori.


Morales si è soffermato sulle figuracce (che poi tanto figuracce non sono, visto il potenziale della Bolivia e la forza delle squadre del girone sudamericano) e ha affermato: “Cosa c’è di meglio di un calcio in mano allo Stato che può così inserire nei posti giusti uomini capaci e attaccati alla nazione e alla nazionale di calcio? Il calcio in Bolivia è in mano ad enti privati assolutamente competenti. Non possiamo più permetterci di uscire subito dalla corsa ai mondiali.”

Appresso al suo presidente si è schierato Ramiro Tapia, Ministro dello Sport e della Salute (accoppiata che riproporrei) boliviano, che ha però iniziato a smorzare i toni, dicendo che “in realtà lo Stato non rileverà completamente lo sport boliviano, noi vogliamo soltanto collaborare per migliorare l’intero sistema sportivo del nostro Paese”.

A Tapia è già saltato al naso una mosca di nome Blatter. La FIFA infatti ha sempre preso una decisione forte nei casi in cui la politica ha interferito nella gestione del calcio, punendo in diverse occasioni le nazioni che non hanno rispettato l’autonomia dello sport e riuscendo a vincere la contesa dall’alto del potere politico “calcistico” che si è diffuso nel mondo. Ma Morales fino ad oggi ha lottato e vinto battaglie molto più ardue contro i colossi del petrolio, la sfida mi sembra molto aperta.

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