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Europa in recessione manifatturiera

 

Pubblicato oggi dalla società specializzata Markit il dato di agosto delll’indice dei direttori acquisti di imprese manifatturiere europee. Come da attese, il dato complessivo scende al livello di 49, sotto la soglia critica di 50 che indica stazionarietà. La manifattura europea è quindi in contrazione, per la prima volta da settembre 2009.

A livello di componenti dell’indice complessivo, la produzione cala da 50,2 a 48,9, i nuovi ordini continuano a contrarsi e toccano il minimo da giugno 2009. A livello di singoli paesi, la Germania resiste, pur frenando, con l’indice a 50,9 contro 52, ma con nuovi ordini in contrazione. La Francia si contrae da 50,5 a 49,1, l’Italia si contrae da 50,1 a 47.

Fuori dai numeri, il dato è chiaro: c’è una contrazione manifatturiera (attendiamo quella sui servizi) che rischia di trasformarsi in un double dip, se non accade qualcosa nel frattempo, anche se non si sa bene cosa. Questo implica che le strette fiscali sui bilanci pubblici nazionali risulteranno fortemente procicliche, aprendo nuovi buchi di bilancio. Il danno sarà particolarmente vistoso per l’Italia, che sta tentando di mettere assieme una manovra scritta da un gruppo di anziani ubriachi, periodicamente riuniti a casa del capocomico, che oggi giura che la copertura esiste. Di rilievo il fatto che si punti su misure very pop contro l’evasione fiscale, manette incluse (come strillavano negli anni Settanta e Ottanta i vecchi comunisti del Bottegone), e si metteranno quindi a bilancio i proventi della mitologica “lotta all’evasione”, malgrado Tremonti abbia sempre detto che questo non si dovrebbe fare, data l’alea che circonda questa tipologia di intervento. Ma chiedere coerenza a chi ha perso la decenza è decisamente troppo.

Dal versante delle misure anti-evasione, si continuerà a non fare le uniche cose che vanno fatte. Ad esempio, la riduzione ai minimi dell’utilizzo del contante nelle transazioni, l’obbligo di dichiarazione patrimoniale a inizio anno, il controllo sistematico dei tabulati bancari a fine anno d’imposta. Riguardo l’estero, invece, si continuerà a far finta di nulla, e a non avviare trattative bilaterali con la Svizzera sul modello di Germania e Regno Unito per la tassazione dei capitali italiani esportati nella Confederazione. Naturalmente perché fare questo toccherebbe alcuni interessi che non vanno toccati, si immagina. Eppure sarebbe interessante se qualcuno continuasse a chiederlo, alla nostra compagnia di giro chiamata Popolo della libertà.

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.213) 1 settembre 2011 18:39
    Renzo Riva

    Phastidio e perché non...

    Si devono licenziare subito 500.000 dipendenti pubblici inutili
    e con gli altri servono solo per votare la casta.

    La Germania ha delocalizzato in Cina
    l’equivalente di 5 milioni di posti di lavoro ergo...




    http://www.agoravox.it/Ma-i-precari...

    Venerdì 21.04.2006
    Sezione lettere de "Il Gazzettino" del Fiuli, pagina XVI

    Manifatturiero
    e consumi
    energetici

    I costì impropri (oggigiorno denominati dalla sinistra “cuneo fiscale”) dell’
    inefficienza statale che si riversano sul sistema delle imprese private hanno 
    ormai raggiunto un livello insostenibile e non più compensabile da alcun 
    sistema, bastone e carota, di finanziamenti ad hoc, in ogni caso riservato solo 
    ad un ramo della platea dell’industria, quella assistita. 
    Per la restante platea solo tasse, costi impropri e balzelli di vario genere 
    uniti a procedure burocratiche defatiganti. Per quanto riguarda l’Alto Friuli, 
    Pittini e Fantoni stanno subendo contraccolpi a causa, oltre che dei costi 
    impropri, dei costi italiani dell’energia.
    Se il costo dell’energia fosse stato pari a quello francese (59 reattori 
    nucleari) la Manifattura di Gemona, ora chiusa, pur con difficoltà poteva 
    ancora operare e mantenere in attività le sue maestranze. In Italia assisteremo 
    ad una moria del manifatturiero, direttamente proporzionale ai consumi 
    energetici richiesti per le varie produzioni; unico settore che può mantenere 
    ed eventualmente dare occupazione aggiuntiva, nonché offrire sul mercato 
    internazionale prodotti, perché siamo e restiamo comunque un Paese 
    trasformatore di materie prime, per la maggior parte di provenienza estera.
    Da tutto questo discende che la priorità odierna per l’industria 
    manifatturiera italiana è, in assoluto, il costo dell’energia per le sue varie 
    fonti: nucleare, petrolio, gas, ecc. Ma a monte di tutto sta la questione dei 
    costi della macchina statale che “rebus sic stantibus” (stando così le cose), 
    qualora non fosse profondamente riformata vanificherebbe anche il ricorso alla 
    fonte nucleare che sarebbe gravato da accise e tasse, al pari del petrolio.
    L’ultimo responso elettorale ha delineato due Italie, quella del Nord di 
    centro-destra locomotiva dell’economia e di produzione della maggior parte, 
    80%, del PIL (Prodotto Interno Lordo) e quella del Centro e Meridione 
    dissipatrice dello stesso.
    Si tratta di capire se i capitani d’industria friulana vogliono mantenere le 
    prerogative loro proprie imprenditoriali oppure trasformarsi in esecutori di 
    piani poliennali calati dal centro.
    Craxi stava per compiere le riforme liberalsocialiste di cui il Paese aveva ed 
    ha tuttora necessità, fu bloccato ed annichilito da un gruppo di interessi 
    finanziari e politici che perseguivano l’oligarchia di gruppi dominanti, quali 
    Mediobanca e ex-PCI.
    A Berlusconi va dato il merito d’essersi opposto a questo disegno, nonostante 
    tutte le mancanze che possono essergli attribuite.
    A noi di Socialisti 2005 la consapevolezza di aver contribuito all’
    affermazione di Forza Italia attraverso la candidatura del nostro Segretario 
    Regionale Lauretta Iuretig che, sotto il suo simbolo, ha corso alle provinciali 
    nel collegio di Reana del Rojale ed alle comunali di Latisana con Micaela 
    Sette, ottenedo un buon risultato personale in entrambe le consultazioni.
    Renzo Riva
    Buja (Ud)
    Referente
    per l’Alt(r)o Friùli
    Socialisti 2005

    ============================================================

    Sabato 11.12.2004
    Sezione lettere de "Il Gazzettino" del Fiuli, pagina XVI

    UDINE
    Troppa gente
    alle dipendenze
    dello Stato

    Bisogna ridurre il personale in esubero nell’amministrazione pubblica, per 
    liberare le risorse necessarie al finanziamento delle politiche per la 
    riduzione dell’insostenibile pressione fiscale, per la ricerca e lo sviluppo. 
    Bloccare il turnover quale toccasana per conseguire i risultati sopraddetti è 
    velleitario e propagandistico. Il fattore "tempo" è sfavorevole, perché la 
    dinamica del turnover è troppo lenta nel produrre i benefici ricercati, poiché 
    i risultati si conseguiranno solo nel lungo termine. Inoltre le necessità di 
    reperire le nuove professionalità sconsiglia quella che potrebbe configurarsi 
    come una nuova rigidità nel mercato del lavoro.
    Ricordo che durante il governo dei sinistri "Prodi-D’Alema-Amato", l’apparato 
    alle dipendenze statali fu sfoltito di 290.000 unità, alla chetichella, senza 
    contrasti sindacali, perché le stesse unità furono poste sul groppone del 
    contribuente, lavoratore o detentore di capitali; nella migliore continuità 
    dell’Iri di Prodiana memoria, con prepensionamenti e incentivi. Si doveva 
    invece licenziare e dare un reddito minimo di sussistenza, come normalmente 
    assicurano molti Stati nostri competitori, europei o extra-europei e taluni 
    anche senza corrispondere alcunché.
    Invece, fino ad oggi, questo governo ha assunto circa 119.000 unità 
    d’impiegati statali (non so se lavoratori). L’industria privata non assistita, 
    che compete nel mercato mondiale, sarebbe fuori mercato qualora applicasse la 
    ricetta statale.
    Ripeto: chiunque sia al governo dovrà tagliare le spese improduttive per 
    liberare risorse finanziarie, indispensabili per l’innovazione dei nuovi 
    processi produttivi e la ricerca, i soli che possano permettere la competizione 
    nel mercato internazionale e che potranno coadiuvare politiche di riduzione 
    della pressione fiscale. Invece si continua nel vecchio malvezzo 
    dell’assistenzialismo ad attività fuori mercato, con costi grandemente maggiori 
    delle politiche di sussistenza per chi sarà interessato dalla chiusura delle 
    stesse. E intanto il mercato del vero lavoro langue; quello assistito prospera, 
    compreso l’intra- e l’extra-comunitario.
    Un appunto alle sofferenze industriali del nostro Friuli.
    Le odierne vicende delle cartiera Burgo di Tolmezzo ed Ermolli di Moggio 
    Udinese, che operano fuori mercato. In Finlandia sono prodotte bobine di carta 
    con un fronte di 11,60 metri (hanno materia prima, acqua a volontà, centrali 
    nucleari). E giù a far finta di finanziare depuratori che poi non sono 
    realizzati; una maniera surrettizia di finanziare i livelli occupazionali. 
    Altro per l’ex-Manifattura di Gemona.
    Ricordiamo ancora i nomi: Cumini? Comello? Patriarca? Dilapidarono miliardi di 
    Lire d’intervento pubblico, per poi chiudere. E poi ci vengono a dire che serve 
    importare manodopera! Facendo mente alla Zona Industriale di Osoppo, dicono 
    niente le esperienze industriali dei gruppi Pittini e Fantoni? Nel "Gruppo 
    Pittini" nell’ anno 1973 si producevano circa 180.000 tonnellate di vergella; 
    nell’anno 1979 circa 360.000 tonnellate, con circa 1500 unità lavorative; 
    nell’anno 1989 circa 700.000 tonnellate con circa 1100 unità lavorative; oggi 
    anno 2004 circa 1.000.000 tonnellate con circa 700 addetti. Per non dire di 
    tutte le piccole aziende che operano senza particolari aiuti.
    Nell’apparato statale invece, nonostante "pensionati baby", scivolamenti, svii 
    e deragliamenti, procedure informatizzate ed altre diavolerie moderne, 
    prosperano i "lavori socialmente in-utili". Sempre per la nota teoria: e poi 
    chi vota chi?
    Renzo Riva
    Buia

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