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Essere disabili oggi in Italia

Sebbene diversi progressi siano stati fatti in questi anni, oggi rimane difficile essere disabili in Italia.

Le barriere architettoniche sono ancora numerose e diffuse dovunque nel Paese e il comparto previdenziale e istituzionale appare piuttosto insufficiente nel dare una vita veramente dignitosa ad una popolazione che corrisponde ad oltre il 20% degli italiani ed è in costante aumento per via dell'incremento della componente anziana.
Nessuno è al riparo da una possibile disabilità, questa è una verità di cui tanti, troppi non sono consapevoli.
 
Un'altra verità purtroppo diffusa è che spesso i disabili danno fastidio perché hanno tempi ed esigenze diverse, hanno bisogno di sostegni effettivi e non di facciata o perbenismo, necessitano di infrastrutture adeguate per muoversi nello spazio e per avere una vita autenticamente e possibilmente autonoma in grado di garantire loro una dignità che troppe volte la comunità nega loro, in quanto preferisce rifugiarsi nell'attitudine patetica di una effimera compassione.
 
Così essere disabili in diversi comuni d'Italia viene considerato come un marchio di esclusione sociale o comunque una situazione esistenziale in cui la discriminazione risulta essere la regola anziché l'eccezione.
 
Al di là delle barriere architettoniche ancora presenti dovunque, vi sono comuni interi nel nostro Paese sprovvisti di marciapiedi idonei alla mobilità dei disabili, privi di corrimano in prossimità di aree di sosta o di esercizi pubblici, con poca illuminazione, senza strutture in grado di facilitare il movimento di persone cieche, in cui permane un'ignoranza diffusa sul come intervenire nei confronti di persone afflitte da determinate patologie visto che la comunità ha tendenza a considerarle spesso come esseri inferiori e quindi da scartare.
Allora, non è un caso che poi un disabile che rivendica qualche minimo diritto, del tipo di poter avere servizi e raggiungere più agevolmente (ed effettivamente!) luoghi istituzionali ed esercizi, evitando di dover fare chilometri per arrivarci, si sente dire che sta chiedendo la luna e che in fondo non può pretendere certe rivendicazioni perché fa parte di un'esigua quanto trascurabile minoranza.
 
Per diversi disabili, così può diventare una vera e propria impresa riuscire ad arrivare alla sede di un comune, andare ad un mercato e tanto altro.
Per non parlare di eventi, commemorazioni o feste.
Se un disabile non ha la macchina, non ha i soldi o le conoscenze per spostarsi.
Affari suoi.
 
Se poi le strade sono piene di buche, non ci sono panchine poste sotto degli alberi per poter sostare lungo il tragitto e i marciapiedi sono praticamente inservibili perché inaccessibili o usati come aree di deposito di qualsiasi cosa (bidoni della spazzatura, cassette Enel, segnaletiche, pali di illuminazione...).
Affari suoi.
 
Questa è l'attitudine individualista imperante.
Ma siccome la vita presenta l'inevitabilità di un degrado fisico questo modo di porsi nei confronti dei disabili appare davvero sciocco quanto crudele ed inconcludente.
Nel frattempo coloro che sono colpiti da disabilità, troppo spesso sono costretti a vivere nell'isolamento sociale perché ci sono addirittura esseri senza cuore né cervello che ritengono che questi soggetti recitino o esagerino nel manifestare i loro disagi per ricavare presunti privilegi o un'attenzione maggiore.
 
E che male ci sarebbe a considerarli davvero per ciò che sono?
Ovvero degli esseri umani con una dignità da difendere e rispettare e non delle persone da compatire una volta ogni tanto giusto per compiere una buona azione quotidiana quel tanto che basta per mettersi in pace con la Chiesa e con Dio!
 
E quali privilegi sarebbero quelli di garantire loro finalmente tutte le condizioni indispensabili affinché possano davvero vivere una esistenza non caratterizzata dalla necessità di un'assistenza continua ma da un'autonomia in grado di offrire loro le stesse possibilità di emancipazione e affermazione sociale di gran parte di quella maggioranza individualista ed opportunista che ha tendenza ad ignorarli e a schiacciarli in nome di un concetto di normalità totalitario quanto opprimente?!
 
Poi il colmo dell'ipocrisia di questi perbenisti delle messe della domenica si ritrova quando dei disabili, arrivando al punto da non farcela più a vivere una situazione aggravata dall'esclusione sociale e dall'individualismo dominante, giungono a compiere scelte estreme che li portano al suicidio.
 
Allora poi a commemorare queste vittime della crudeltà umana si ritrova il solito gregge di attori consumati a dimostrare una sensibilità di circostanza ma completamente ipocrita e ulteriormente offensiva nei confronti di queste persone.
Sì, perché si tratta di persone e troppo spesso non vengono considerate tali.
E non bastano leggi, sentenze, misure assistenziali di vario tipo, se non è la comunità (e le istituzioni che la rappresentano) nella sua interezza a cominciare a farlo.
Nei fatti, però!
Non con parole vuote!
 
Yvan Rettore
 
Questo articolo è stato pubblicato qui

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