• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Esiste ancora la questione meridionale? (Parte II)

Esiste ancora la questione meridionale? (Parte II)

La prima parte dell’articolo è qui

Spostare a sud l’asse dello sviluppo italiano ed europeo
Ma il sud è attrezzato per intercettare, accogliere almeno una parte di tali flussi? Credo, proprio di no o solo in parte. Anche perché non supportato da una politica estera orientata a tale scopo.
 
La politica italiana verso il Mediterraneo continua ad essere eclettica, senza un centro, in qualche caso pittoresca, e soprattutto condizionata dagli egoismi razzistici della Lega nord.
 
Anche questo è un segno evidente del declino.
Una grande nazione non può, davvero, presentarsi al mondo così conciata.
L’Italia, cogliendo il nuovo clima derivato dall’elezione di Obama, deve operare una svolta nella sua politica estera, per mettere il Mezzogiorno al centro del nuovo scenario geo- economico mediterraneo che si configura come uno dei principali poli dello sviluppo mondiale di questo nuovo secolo.
 
D’altra parte, se si vuole uscire dalla “crisi” rinnovati bisognerà puntare sul riequilibrio produttivo del Paese, prendendo atto che lo sviluppo del nord è prossimo alla saturazione e che, quindi, soltanto il Mezzogiorno potrà garantire all’Italia una continuità di crescita razionale ed eco-compatibile. 
 
Appare necessario, pertanto, lo spostamento a sud, verso il Mediterraneo, dell’asse dello sviluppo per delineare una prospettiva economica virtuosa, di fuoriuscita dal parassitismo e dall’illegalità.
 
Molto sta alla politica, ai governi, ma anche ai cittadini del Sud, perché il mezzogiorno sarà- parafrasando un pensiero di Fernand Braudel- come lo vorranno meridionali.
 
Una nuova politica, un nuovo pensiero
A fronte di tali, possibili sconvolgimenti va anche aggiornata l’analisi teorica e politica della realtà meridionale, per individuare nuove chiavi di lettura e nuovi strumenti d’intervento.
 
Riflessione necessaria anche per evitare che si accrediti nell’opinione pubblica internazionale un’idea riduttiva del Sud così com’è rappresentato da taluni libri o film di successo, compreso l’ottimo “Gomorra” di Roberto Saviano. 

Bisognerebbe, pertanto, aggiornare e, se del caso, superare talune teorie politiche e sociologiche meridionaliste che non reggono più al confronto con la realtà e con le tendenze attuali.
 
Anche la sinistra, le forze progressiste devono compiere uno sforzo coraggioso.
Un solo esempio. Davanti a mutamenti così radicali, imprevedibili, penso sia limitativo attardarsi sulla diagnosi di Antonio Gramsci, com’è noto basata sul citato “patto scellerato” fra industriali del nord e agrari del sud, al quale contrapporre l’alleanza fra operai del nord e contadini poveri del sud.
 
Analisi lucidissima, ma datata. Valida per interpretare il vecchio contesto storico e politico.
 
Oggi, la gran parte di questi attori sociali risultano ridimensionati nel loro ruolo politico ed economico, o fortemente emarginati nell’odierno contesto. Nuovi soggetti sono entrati in campo e soprattutto si è ampliata la prospettiva del Mezzogiorno in senso globale.
 
Insomma, fermo restando il suo ancoraggio all’Europa, il Sud deve ripensare, anche in chiave teorica, la sua strategia di crescita che necessariamente dovrà articolarsi in senso bi-direzionale: verso la dimensione planetaria dell’economia globale e quella regionale del partenariato euro-mediterraneo. Questa è la nuova, grande sfida per i prossimi anni.
 
Il declino della Sicilia, il suo fatale enigma
All’interno di tale prospettiva si dovrà ricollocare il ruolo della Sicilia, grande regione europea e mediterranea, segnata da aspri contrasti e da grandi potenzialità.
 
Isola-baricentro del Mediterraneo, in passato sede d’incontro fra culture diverse, la Sicilia vanta una storia pluri-millenaria e un ricco patrimonio archeologico e monumentale che ne fanno uno fra i più importanti “giacimenti” culturali del pianeta.
 
E’ da circa 40 anni che andiamo proponendo, talvolta in solitudine, un’ipotesi euromediterranea per il futuro dell’Isola. Ora tutti si scoprono “mediterranei”.
Anche se, nel migliore dei casi, il Mediterraneo è argomento di conversazione, nel peggiore motivo per lucrare sui finanziamenti europei.
 
In questi decenni, poco o nulla si è fatto per valorizzare la naturale vocazione mediterranea della Sicilia e, soprattutto, per superare gli ostacoli interni ed esterni che ne impediscono una sua proiezione dinamica e moderna.
 
Quest’Isola lenta e dubbiosa verso un “progresso” invadente e livellatore, battuta dal vento di scirocco che qui giunge impregnato dell’eco torrida di lontani deserti africani, sembra chiudersi in se stessa, rientrare nel suo fatale enigma. Alla politica è subentrata la cabala per cui comanda chi meglio riesce ad interpretare il mistero.
Una fase difficile, dunque, segnata da una tendenza al declino, generale e diffuso.
Certo, anche nell’Isola si registrano cambiamenti positivi, ma non tali da allinearla, per redditi e qualità di vita, alle tendenze in atto in altre regioni italiane.
 
Si tratta, infatti, di poche realtà pregevoli, anche d’eccellenza, che rischiano d’infrangersi contro una sorta di “circuito dell’illegalità”, eretto intorno all’Isola da forze potenti, che svilisce gli sforzi mirati a sviluppare la produzione e una moderna organizzazione dei servizi e delle professioni.
 
Un declino evidente accelerato da taluni passaggi cruciali, fra i quali il temuto capovolgimento di ruoli fra politica e “poteri forti”, a favore di questi ultimi. Com’ è successo un po’ dovunque nel mondo a seguito del prevalere delle pratiche neo-liberiste, la politica ha perduto il suo primato, altre entità si sono insediate al posto di comando.
 
Con una differenza però che in Sicilia a comandare non sono le grandi corporazioni multinazionali, ma oscure consorterie locali. 
 
E la palma non potrà più salire…
Nonostante questa specificità, la Sicilia non è una scheggia impazzita all’interno di un sistema sano. La sua condizione riflette l’andamento generale della situazione italiana.
 
Esiste, infatti, un legame forte fra l’isola e la penisola, di scambio e di reciproca influenza colto a più riprese anche dalla letteratura, soprattutto straniera.
 
Alcuni esempi. Goethe, nel 1787, addirittura sentenziò: “Senza la Sicilia, l’Italia non lascia alcuna immagine nell’anima: qui è la chiave di tutto”. (1) Edmonda Charles Roux, premio Gongourt 1966, forse più realisticamente, ha sottolineato come : “La Sicilia, nel bene e nel male, è l’Italia al superlativo”. (2) Il pensiero della Roux rende di più l’idea di una Sicilia “eccessiva” o, se si vuole, laboratorio-politico, anticipatore delle alleanze politiche nazionali.
 
Leonardo Sciascia intravide una “linea della palma” che dall’Isola sale verso il nord. Una dolente metafora per segnalare il pericolo di un’esportazione del “modello siciliano”verso la penisola.
 
Punti di vista, naturalmente. Per altro, la profezia sciasciana non potrà più avverarsi visto che le palme non potranno più salire.
 
Almeno da Palermo, dove stanno morendo, attaccate da un parassita (il punteruolo rosso) che, come la vendetta di un dio spietato, sta facendo strage dei rigogliosi palmizi, fin dentro il celebre Orto botanico dei borboni.

(1) Johann W. Goethe in “Viaggio in Italia”, Garzanti Editore, 1997
(2) Edmonda Charles Roux, “Oublier Palerme”, ed. Grasset, Paris, 1966 

Fine Parte II

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares