England in subbuglio
A Londra, ai lavoratori del settore trasporti si sono uniti gli studenti. Si preannuncia un autunno caldissimo in Gran Bretagna.
Da diversi mesi raffica di scioperi da parte dei lavoratori inglesi del comparto trasporti, principalmente di metro ed autobus ma anche di treni ed aeroporti (giugno, Reuters; agosto, Ign-Adnkronos; settembre, Bbc; ottobre, Guardian; ottobre, Bbc; novembre, Blitz).
Ai lavoratori si sono uniti gli studenti: Cameron ha triplicato le rette universitarie: 50mila studenti in piazza, la manifestazione degenerata in violenza con un mini-assalto al parlamento (!) e l'annuncio di un autunno caldissimo. Tagli e licenziamenti sono l'inizio del piano di disintegrazione sociale del primo ministro inglese, che, ricorederete, passerà per mezzo milione di licenziati nel settore pubblico e la privatizzazione del privatizzabile.
Come segnalato su occhioclinico un mese fa, la "crisi" è una foglia di fico: nel corso dell'ultimo anno la Gran Bretagna ha incrementato di 270 miliardi di US$ la propria quota di buoni del tesoro USA (+285%). La manovra economica del governo inglese è di circa 300 miliardi di US$. In pratica, i cittadini britannici pagheranno in tasse, pesanti tagli ai servizi e diffusi licenziamenti il pizzo imposto dalla finanza mondiale per tenere a galla gli USA. Prevedibilmente, i sudditi di sua maestà non l'hanno presa benissimo. Questo mi ha fatto venire in mente un recente, breve scambio di battute: il mio interlocutore, italiano trapiantato proprio in UK, sosteneva che lì non c'è la cultura dello sciopero. Ora, naturalmente potranno anche sussistere differenze di comportamento (climatiche?), ma l'asserzione, evidentemente, è una emerita sciocchezza. Può pure darsi (!?) che in passato scioperassero di meno, non solo per fattori culturali, ma anche perché il dinamismo del mercato del lavoro non si era trasformato pesantemente in precariato come nel sud del continente. Ipotesi. ..ma poi, per davvero non sciopera(va)no gli inglesi?
Ken Loach o, risalendo indietro nel tempo, il grande London dock strike del 1889, ecco un breve e del tutto incompleto elenco delle maggiori agitazioni del 2008-2009:
IL SECONDO FILTRO DEL MODELLO DI PROPAGANDA
“Ruolo primario della pubblicità come fonte di finanziamento [ovvero] la pubblicità come licenza per stare sul mercato […]: il mercato favorisce il mezzo a cui vanno le preferenze degli inserzionisti. Di fatto la pubblicità è un potente meccanismo di indebolimento della stampa della classe lavoratrice” assimilabile all’azione dell’aumento dei costi di capitale.
I giornali che dipendono per la maggior parte dagli introiti delle vendite saranno espulsimarginalizzati dal mercato: “il libero mercato non produce più un sistema neutrale in cui a decidere sia la scelta dell’acquirente finale. Sono le scelte degli inserzionisti a decidere a incidere sulla sopravvivenza e sulla prosperità dei media”.
La naturale conseguenza è che gli inserzionisti non investiranno nei media che offrono visioni alternative della società, in contrasto con l’ideologia dominante del profitto e gli interessi della classe dirigente. Questo meccanismo determinò, ad esempio, la scomparsa dalla grande distribuzione della stampa socialdemocratica inglese fra il 1960 ed il 1967: il movimento di massa popolare fu privo del sostegno di testate di rilievo, costantemente attaccato dalla stampa e compromesso, quindi, nelle sue possibilità di incidere sulla società.
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