• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Economia > Energia, il tetto a debito impone razionamenti

Energia, il tetto a debito impone razionamenti

Se fosse la fiscalità generale (e non i produttori) a pagare il tetto al prezzo dell'energia, servirebbe comunque imporre tagli ai consumi. Concetto non compreso da molti

 

Qualcosa si muove, nel mercato europeo dell’energia, per mitigare lo shock dell’embargo di gas attuato dalla Russia. Perché di embargo si tratta. Già questo basterebbe per indurre qualche riflessione sul concetto di “tetto al prezzo del gas russo venduto in Europa” che molti politici europei insistono a sbandierare ma per ora parliamo d’altro.

DAL MERCATO ALL’AMMINISTRATO

Ho scritto “mercato” europeo dell’energia ma pare stiamo andando verso qualcosa che non sarà più un vero mercato quanto una sorta di mercato amministrato, con prezzi determinati dal decisore pubblico. Se così fosse, occorre rispondere ad alcune domande. La prima: che prezzo fissare? La seconda: che fare, con i volumi che tale prezzo genera?

Perché a nessuno sarà sfuggito che, per ogni livello di prezzo, c’è una quantità richiesta dagli utenti. Da questa sconvolgente verità, segue l’ultima domanda: quanto costa alle casse pubbliche un tetto al prezzo di gas ed elettricità, se mai ci si dovesse arrivare?

Pare che la nuova premier britannica, Liz Truss, voglia mettere un tetto al prezzo dell’energia per privati e aziende, e tenerlo addirittura sino alle elezioni legislative, previste per il 2024. Proviamo ad analizzare l’intenzione in attesa che venga ufficializzata, prendendola come canovaccio per iniziative analoghe che potrebbero vedere la luce in Unione europea.

LA (COSTOSA) BOZZA TRUSS

Per i privati, secondo le rivelazioni di Bloomberg, che ha visionato la bozza di intervento, l’idea sarebbe quella di bloccare la bolletta media annua a 1.971 sterline o anche sotto, per impedire che l’adeguamento del tetto semestrale (una sorta di “maggior tutela” britannica) faccia schizzare il costo medio dell’80% il primo ottobre.

Una tale misura, applicata per 18 mesi, costerebbe 130 miliardi di sterline. La protezione per le aziende consisterebbe in una percentuale di sconto o riduzione di prezzo unitario che i distributori dovrebbero offrire alle utenze aziendali. La protezione sarebbe diversificata in funzione dell’intensità energivora dell’attività aziendale e della dimensione d’impresa. Qui, i costi sono stimati per un semestre tra 21 e 42 miliardi di sterline. Un piano, questo della neo-premier britannica, che appare sinistramente simile a quello proposto dal Ceo di Scottish Power, e sdegnosamente respinto durante la competizione per il nuovo leader dei Tory.

Alcune considerazioni: riguardo alle famiglie, bloccare il costo annuo poco sotto le 2.000 sterline terrebbe un’ampia fascia di popolazione in povertà energetica. Discorso analogo per le imprese: in molte resterebbero dissestate. Ancora: dato il ventaglio di prezzi calmierati, che fare se la domanda continua a eccedere la produzione, cioè trascinare al rialzo i prezzi dell’energia?

IL TETTO IMPONE IL RAZIONAMENTO

Come potete intuire, se le cose andassero in questi termini, lo stato dovrebbe imporre un razionamento ai consumi, non limitarsi a “consigli”. Quando il sistema di prezzi di mercato e il suo valore segnaletico vengono meno, occorre che il decisore pubblico, oltre a fissare il nuovo prezzo, spinga verso la quantità che gli evita di dissanguarsi di debito.

Ecco, il debito. Se in Europa dovessimo andare verso una soluzione come quella britannica, ma intrapresa da singoli paesi, avremmo una nuova esplosione di debito pubblico, simile o superiore a quello prodotto dalle misure anti-Covid. Ciò vuol dire che avremmo una nuova mutualizzazione, come insistono a chiedere molti politici italiani, che hanno nel cognome il patronimico “gratuitamente”, che tale non è?

Non è (ancora) dato sapere. Come scrivevo già a marzo, qui il tema è: chi sussidia chi? Mi spiace ripetermi, ma sin quando il dibattito pubblico di questo paese sarà incentrato sull’infantile ricerca della felicità a mezzo di stampa di moneta e debito, e sulla più crassa ignoranza del funzionamento di base di un sistema economico, sarò costretto a farlo.

Quindi: lo stato si indebita per mettere un tetto ai costi delle utenze? Ne ha capacità fiscale? In caso di debito mutualizzato a livello europeo, chi sussidia chi? Se mettiamo un tetto alle utenze, chi decide le misure obbligatorie di razionamento, e in che modo verrebbero fatte rispettare? Con i “poliziotti energetici” che entrano nelle abitazioni e in azienda, a qualsiasi ora, a verificare il rispetto dei limiti, oppure ridisegnando il sistema di tariffe in modo da premiare chi consuma sino a un tetto di unità energetiche pari al risparmio target? Tipo 80% dei Kwh o dei metri cubi dello scorso anno? Cose così, insomma.

Se i paesi europei dovessero seguire la strada del tetto al prezzo dell’energia con costi a carico dell’erario, sarebbe un triste risveglio rispetto ai sogni di gloria del tetto ai prezzi dei produttori che vendono tramite gasdotto. Poi, si può parlare delle entrate destinate a finanziare, almeno in parte, questo sussidio, ma quello è altro discorso. Ad esempio, pare che Liz Truss punti a forti aumenti della moribonda produzione di idrocarburi del Mare del Nord britannico. Auguri.

In Europa avremo un percorso molto accidentato verso la liberazione dalla dipendenza energetica dalla Russia, e questa non è una rivelazione. Quello che potremmo avere, in questo percorso, è un ulteriore corposo aumento dello stock di debito. La cui sostenibilità dovremo inventarci. L’effetto collaterale di questo esito sarebbe dare ancora più fiato, in Italia, agli adoratori del dio dello scostamento di bilancio. Convinti che basti il debito per comprare anche quello che non esiste.

  • Aggiornamento dell’8 settembre 2022 – Liz Truss presenta il suo piano, anche se manca la quantificazione del costo che è rinviata a successiva determinazione del Cancelliere dello Scacchiere. Quello che si può ragionevolmente dire è che il costo eccederà quello delle misure prese in pandemia e quello dei salvataggi bancari durante la crisi finanziaria. Ed è una manovra a debito, senza prelievo su extraprofitti e al netto delle speranze su fracking e nuove licenze estrattive nel Mare del Nord. Ancora una volta, la realtà si prende gioco dei proclami di campagna elettorale.
Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità