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Eliminato Nasrallah, Israele pensa a un suo Libano

Il turbante nero ha smesso di arringare. Anche un comunicato di Hezbollah dichiara la morte del proprio leader Hassan Nasrallah, facendo poi sapere che sotto le macerie degli edifici sbriciolati dai missili anti bunker sparati dagli F-16 israeliani, ne è stato individuato il corpo. 

Hassan Nasrallah during a discussion with officials from supreme leader of Iran Ali Khamenei's office

Difficile recuperare qualunque cosa sotto decine di metri di macerie, ma lo sciismo, come altre fedi, insegue il cadavere per onorarlo. E Tsahal gliene sta fornendo a migliaia, illustri e sconosciuti. Forse il Partito di Dio, che il chierico aveva contribuito a fondare, collocherà la salma nel cimitero dei martiri a Ghobeiry. Un municipio a sé diviso da quello di Beirut, sempre nella cintura sud della capitale, prima di giungere nella iperbersagliata Dahyeh, un tempo roccaforte del gruppo sciita, diventata tutt’altro che sicura. A Ghobeiry c’è tuttora il campo dei rifugiati palestinesi, e la memoria degli anziani, degli scampati dalla strage falangista di 42 anni or sono, riporta alla mente i piani criminali d’Israele che da Stato occupante s’è trasformato in Paese di assassini. Mentre l’aviazione di Tel Aviv praticava l’esecuzione mirata del massimo leader sciita libanese, il premier Netanyahu accusava l’Assemblea delle Nazioni Unite d’essere una “palude antisemita”, rilanciando l’autoassolvente refrain del diritto alla difesa di Israele. Una definizione che non riesce a celare l’inoppugnabile realtà della maschera: Israele uccide personalità e civili definendo difesa i propri massacri, che nessuno può criticare né fermare. Se a porre fine all’esistenza di Nasrallah, di chi gli era accanto o viveva nei pressi di uno dei bunker in cui era costretto a nascondersi sia stato un super ordigno come l’antico Mark 84, introdotto già in Viet-nam, o la più recente Massive Ordnance Penetrator, prodotta da più d’un decennio da Boeing (sei metri per 13.600 kg, di cui 2.400 d’esplosivo) non lo sapremo mai. Oppure sì, nelle macabre divulgazioni con cui gli organi militari si gloriano della forza messa a disposizione di politiche sicarie. 

Certo è che il Pentagono, pronto a smarcarsi con una dichiarazione di circostanza con cui s’è detto “non informato dell’operazione” è il Convitato di Pietra di quanto Israele, oggi diretta da Netanyahu, nei decenni scorsi a guida egualmente coloniale e criminale, va compiendo. Israele si permette di minacciare il mondo, deridere i suoi organismi di rappresentanza, triturare accordi sottoscritti, e poi uccidere, uccidere, uccidere chiunque, ovunque, in ogni modo, perché la Casa Bianca lo permette. Così le altre potenze occidentali, non tanto l’insignificante Unione Europea, ma Gran Bretagna e Francia. Chiamata di correo anche per Russia e Cina, vaghe stelle d’un orizzonte rabbuiato e oggi incartate, Mosca con la propria guerra, Pechino col braccio di ferro a distanza con Washington nel Pacifico. Tutto il resto è niente. Né la sopravvivenza di civili, né l’esistenza di rapporti pacifici. Comunque pur senza intervenire, senza dissuadere diplomaticamente “l’unica democrazia mediorientale”, basterebbe non armarla. Anche dei soli arsenali, questi sì di distruzione di massa, che metodicamente il Congresso americano decide di rimpinguare, a tutto vantaggio della boria del ceto politico di Tel Aviv. Che non si serve affatto di tali armi per difendersi. Le usa per sopprimere e opprimere avversari e migliaia di abitanti, diversificando la morte con l’afflizione dei colpiti nella maniera più subdola e vile, come hanno mostrato le recenti esplosioni dei beeper, fornitura di Hezbollah tramutata in strumento di sevizia. Se costoro sono uomini, direbbero ebrei della generazione che ha subìto le persecuzioni… Rimpiazzare un elemento carismatico ed esperto della levatura di Nasrallah sarà improbo. Ma sradicare il pur malandato Partito di Dio e la gente sciita dal sud del Libano diventa improbabile. L’alleato iraniano è a lutto e furente, non impegnato in reazioni sebbene fra le vittime delle esplosioni ci sia l’ennesimo comandante Pasdaran. Ogni mossa resta sospesa a un filo. Per ora Israele vuole strafare, mentre l’attendismo si colora di debolezza. Eppure il vicino Medioriente può sempre infiammarsi ancor più. 

Enrico Campofreda

Foto: Wikimedia

 

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