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 Home page > Attualità > Politica > Elezioni in Emilia Romagna: l’eterno ritorno del giorno del giudizio

Elezioni in Emilia Romagna: l’eterno ritorno del giorno del giudizio

Ora che l’ennesimo giorno del giudizio è arrivato ed è passato, ed attendendo il prossimo, ecco qualche inutile riflessione sullo stato della commedia dell’arte che ogni giorno va in scena nella penisola dei tesoretti e delle illusioni.

L’Emilia Romagna continuerà ad essere governata da un amministratore che non le ha nuociuto, e questo è già molto. Non prendete questa considerazione come sminuitiva dell’azione di Stefano Bonaccini. La regione è viva e vitale, ha tradizioni di civismo che molte parti del resto d’Italia si sognano, ma è ovviamente esposta a tutte le criticità del paese in cui si trova. Non ultima la crisi del commercio internazionale e dell’automotive in transizione, che rischiano di colpire duramente l’eccellenza ingegneristica italiana.

La proiezione nazionale di queste elezioni regionali ci consegna un esecutivo che pare poter sopravvivere, pur se minato dalla presenza al suo interno di un organismo ormai morto, la delegazione pentastellata. Due parole su questa entità, partorita dal pur legittimo disagio di masse di cittadini privi di anticorpi culturali (scusatemi, non mi vengono altri concetti né termini), basata sulla degenerazione patologica di un tratto comune a partiti e movimenti italiani: il rifiuto del vincolo di realtà. Che non vuol dire che il paese debba essere governato dalla signora TINA ma neppure credere che la frittata possa tornare uovo, il dentifricio rientrare nel tubetto e che due più due faccia cinque, solo perché “il popolo lo vuole”.

Il M5S è lo specchio deformante di un paese deformato, è quell’incubatore di ascese individuali che ti pare di essere finito nel solito film di David Lynch, è un ascensore sociale ma per l’inferno. Soprattutto, è qualcosa di profondamente coessenziale, oggi, alla società italiana. E che, come tale, tornerà sotto altre spoglie e si reincarnerà in forme anche peggiori, mentre già oggi può vantarsi di aver infettato il maggior partito di centrosinistra con la sua “egemonia culturale”, tra assistenzialismo e giustizialismo.

Il Pd, si diceva. Rischia di mutare in una sinistra con contaminazioni populiste, mentre si accinge a drenare l’elettorato pentastellato. Resta fermo e risoluto in un approccio redistribuzionista con scarse o nulle inclinazioni a promuovere la crescita ma questo è il tratto mainstream della politica italiana, che vive immersa nel suo paradiso artificiale del magico moltiplicatore.

Due parole sulle Sardine. Truppe cammellate di una sinistra-sinistra rigenerata nella sua decrepitezza perdente o movimento di cittadini che esigono, prima ancora dei programmi politici, il ritorno a standard minimi di civiltà nel discorso pubblico? Forse entrambe le cose, vedremo.

La Lega. Si è gonfiata come una rana di Fedro, negli ultimi due anni, solo per scoprire che, giunti al dunque, ha un leader che cerca disperatamente muri contro cui schiantarsi. Ha di fatto ammainato la bandiera della “questione settentrionale” per assumere vesti e toni di un movimento nazionale di estrema destra con la bava alla bocca, pensando di poter cementare col deficit istanze assistenzialistiche e fame di sussidi. Le sue prese di posizione sono costate molto care al paese che deve collocare ogni anno sui mercati centinaia di miliardi di debito pubblico. Anche qui, unico antidoto è la realtà: solo l’arrivo al timone del paese potrà produrre sull’attuale ceppo virale leghista quanto prodotto sui pentastellati.

Su tutto, giganteggia la drammatica tossicodipendenza italiana dal deficit. Visto come unica modalità di salvezza: da sinistra, in piccole ma persistenti dosi e tenuto sotto controllo (ma solo a livello contabile) da un tassa e spendi che giorno dopo giorno mette la pietra al collo del paese; oppure da una destra attratta da vie di fuga disastrose, come grandi dosi di deficit per finanziare minori tasse e maggiori spese, quale quella previdenziale, cercando la scorciatoia di soluzioni “monetariste” che semplicemente non esistono.

Comunque vada, difficile sfuggire alla sensazione che un paese ormai privo di bussola e minato dalle fondamenta da una catastrofica demografia si stia trasformando in un gigantesco laboratorio di topi in trappola, alla disperata ricerca di scorciatoie ed improbabili alchimie e sistematicamente perseguitati dal gigantesco gatto della realtà. Ma questo, se mi leggete, già lo sapete.

Foto di alex1965 da Pixabay 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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