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Elezioni in Australia: per cosa si vota e (soprattutto) come si vota

Il paese dei canguri torna al voto: nel 2016 vinse il centrodestra, ma ora la partita è decisamente aperta…

di Francesco Magni

Ieri in Australia si è votato per le elezioni legislative. L’Australia è uno stato federale, ma soprattutto una monarchia parlamentareil cui Capo di Stato è il Re o la Regina del Regno Unito (quindi, dal 1952, Elisabetta II). Il potere di Sua Maestà è però solamente formale, essendo prevista la presenza sul territorio nazionale di un Governatore Generale in sua rappresentanza. Quest’ultimo esercita i suoi poteri in accordo con il Primo Ministro, vera leadership politica del governo del Paese.

Il Parlamento australiano

Le elezioni legislative si tengono almeno ogni tre anni. Il Parlamento australiano è composto da due camere:

  1. La Camera dei Rappresentanti, che verrà rinnovata in toto ed è composta da 151 membri eletti in collegi uninominali;
  2. Il Senato, che verrà rinnovato per 40 dei 76 membri che lo compongono: i Senatori durano in carica sei anni e vengono eletti tramite un sistema preferenziale in collegi statali di dodici seggi e in collegi territoriali di due seggi, con un sistema di voto a liste bloccate.

La partecipazione al voto di norma fa registrare percentuali elevatissime, a causa del cd compulsory voting, un sistema che obbliga ogni cittadino maggiorenne avente diritto a recarsi al seggio, pena una sanzione amministrativa.

Tale obbligo si accompagna però a una grande varietà di modi (e tempi) per l’espressione del voto, che permettono all’elettore di votare praticamente in qualunque circostanza. Di fatto viene così eliminata ogni possibile motivazione di astensione dovuta a cause di forza maggiore, ad esempio riguardante la data o luoghi preposti alla votazione.

Il sistema elettorale

Veniamo ora all’elemento forse più caratteristico dell’ordinamento istituzionale australiano: il sistema elettorale (peraltro vincitore della nostra Elections League™ esattamente due anni fa).

La Camera dei Rappresentanti è eletta con un sistema di voto alternativo: per essere eletti nei 151 collegi uninominali in cui è suddiviso il territorio nazionale bisogna ottenere la maggioranza assoluta (50% + 1) dei voti.

Ciascun partito può presentare un solo candidato per collegio. Le elezioni si tengono in un unico turno e l’elettore deve votare indicando l’ordine di preferenza di tutti i candidati, pena l’annullamento del voto. Se dopo il primo scrutinio che computa le prime preferenze (cioè i numeri “1”) nessun candidato supera il 50% più uno dei voti validi, si elimina il candidato che ha ottenuto il numero minore di prime preferenze e si ripartiscono le sue seconde preferenze sugli altri candidati. Se anche questa procedura risulta insufficiente perché un candidato raggiunga la maggioranza assoluta, si procede alla ripartizione delle preferenze del candidato che ora risulta in ultima posizione, e così via finché un candidato non arriva al 50% più uno dei voti validi.

Fac-simile di una scheda elettorale per la House of Representatives australiana

Questo sistema ha il pregio di eleggere sempre e comunque un candidato dotato di una forte rappresentatività in ciascun collegio e di facilitare la creazione di una maggioranza parlamentare. È però anche un sistema che comporta due rischi:

  1. il partito i cui candidati ottengono la maggioranza dei voti (o meglio, delle prime preferenze) non li vede necessariamente trasformati in altrettanti seggi, rischiando dunque di essere in minoranza in Parlamento;
  2. viene eletto non tanto il candidato preferito quanto il candidato meno sgradito.

Illustrata brevemente la cornice ordinamentale, vediamo ora la situazione politica.

Gli sfidanti

Le precedenti elezioni legislative si erano tenute nel 2016 e hanno visto prevalere la coalizione liberal-nazionale di centrodestra che ottenne il 42% dei voti (ossia di prime preferenze per i suoi candidati). Il leader della coalizione – nonché Primo Ministro uscente – Malcolm Turnbull restò quindi alla guida dell’esecutivo, ma nel 2018 una crisi di governo ha portato alla sua sostituzione con Scott Morrison, Ministro del Tesoro ed esponente dell’area liberale della coalizione. Oggi è proprio Morrison il leader del fronte conservatore. E come nel 2016, anche oggi il principale sfidante è costituito dal leader del Partito Laburista: Bill Shorten ci riproverà anche questa volta, dopo la sconfitta di tre anni fa (quando il suo partito si fermò al 34,7% delle prime preferenze e fu sconfitto per 49 a 51 nelle seconde). Confermato alla guida del suo partito è anche Richard Di Natale del Partito Verde, che nel 2016 riuscì a conquistare il 10,2%, secondo miglior risultato nella storia degli ecologisti australiani.

I sondaggi

Secondo i sondaggi degli ultimi giorni, nelle seconde preferenze (quelle che contano ai fini dell’assegnazione dei seggi) i laburisti e la coalizione liberal-nazionale sono separati da poco più di due punti, a vantaggio dei primi.

Secondo lo storico dei sondaggi di Newspoll, il vantaggio dei laburisti è stato una costante nelle rilevazioni degli ultimi anni, ma va anche detto che tale vantaggio si è di molto ridotto rispetto ai ben 12 punti percentuali registrati meno di un anno fa (estate 2018).

Si tratterà quindi di un’elezione quasi certamente molto combattuta in cui, in virtù del particolare sistema elettorale australiano, risulteranno fondamentali le seconde e le terze scelte degli elettori, soprattutto nei collegi in bilico.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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