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Elezioni amministrative: un voto senza idee

Vince l'astensione, vincono le persone, perdono i partiti tradizionali. Ha vinto l’astensione, è stata decisiva l’affluenza, che è ancora una volta calata.

In Francia c’è stata un’astensione record al 50%, ancora più pesante rispetto all’astensione del 2012 dove aveva ottenuto il 42,8%. In Italia il dato definitivo dell’affluenza è stato del 60,07%, in discesa di oltre il 6%, mentre l’astensione, rilevata in 849 dei 1004 comuni, è stata del 42,35%.

E dunque la gente non ha votato, e quella che lo ha fatto, ha votato la persona e non i partiti. E' quello che è successo in Francia, dove Macron ottiene, secondo le prime proiezioni, il 32,6% dei voti, mentre il suo movimento "La République en Marche!" è tra 415 e i 445 seggi. E' quello che è successo in Italia, dove vincono Renzi e Berlusconi, anche se azzoppati, vince Leoluca Orlando, Pizzarotti è in testa, mentre la compagna di Tosi va al ballottaggio a Verona.

La gente si è astenuta, certamente non ha votato i partiti impegnati nella rincorsa a compromessi che annebbiano il loro identikit e tengono in piedi i partiti avversari. Renzi prevale, ma con l’aiuto degli scissionisti. Berlusconi prevale, ma con l’aiuto determinante della Lega.

In Francia crolla il Partito socialista a cui andrebbero fra 20 e 35 seggi. Crolla il Front National a cui andrebbero tra gli 1-4 seggi. Certo la Le Pen perde, ma non per la chiarezza delle posizioni e la radicalità delle idee, ma perché queste portavano la Francia fuori dall’Europa, senza indicare un’alternativa credibile. Il nazionalismo se è convincente negli USA, dove si identifica con l’imperialismo, non è convincente in Francia, dove il nazionalismo senza Europa significa una posizione subordinata rispetto agli USA.

In Italia le sinistre fuori gioco. Le posizioni di Corbyn sono state sempre chiare, non hanno mai rincorso il compromesso con i moderati ma sempre lo scontro. In una società dominata dal capitale, dove la voce dei più deboli è solo un flebile sussurro, non c'è spazio per il riformismo, ma solo per un mutamento di sistema, che rimetta al loro posto la politica e la finanza. Ma questo non ha insegnato niente al MDP che, con una scelta suicida, aiuta Renzi a conservare le posizioni di potere e ad evitare una sconfitta incombente, e a farsi estromettere dalle prime file, dalla leadership dei progressisti. Il Movimento Cinque Stelle è fuori da tutti i ballottaggi nelle grandi città, Genova, Palermo, Parma e L’Aquila. Ritorna il bipolarismo, si giocano lo spareggio centrosinistra e centrodestra.

Enfatizzare il risultato del movimento 5 stelle, serve solo alla campagna elettorale degli altri partiti, ma non fotografa il reale il trend politico di questo movimento. Le elezioni nazionali sono cosa diversa dalle amministrative. Il risultato alle amministrative era scontato, e comunque prevedibile, si sapeva che i pentastellati non erano radicati a livello locale, e così anche del ruolo negativo giocato dai contrasti sulle candidature di Genova e di Palermo degli ultimi mesi.

Hanno giocato anche le incertezze gestionali di Roma e Torino enfatizzate da giornali e tv servi, che non hanno tenuto conto, che una forza politica quando si forma ha bisogno di tempo anche per costruire ll proprio radicamento locale e la propria classe dirigente nei territori .

Ha bisogno di tempo per imparare a gestire inevitabili contrasti interni. Ma si tratta di un difetto di crescita e non un sussulto nella fase dell’agonia, come avviene per i partiti tradizionali.

 

 

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