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Egitto: arrestato un ateo. Aveva aperto una pagina Facebook

Cam­bia­no i re­gi­mi in Egit­to, ma non sem­bra cam­bia­re il trat­ta­men­to nei con­fron­ti de­gli at­ti­vi­sti atei: il car­ce­re. A fare le spe­se del con­fes­sio­na­li­smo isla­mi­co è ora un ven­ten­ne ar­re­sta­to per of­fe­se alla re­li­gio­ne: ave­va crea­to un grup­po di atei su Fa­ce­book. L’en­ne­si­mo pre­oc­cu­pan­te caso di ac­ca­ni­men­to nei con­fron­ti di gio­va­ni non cre­den­ti in Egit­to, che fa se­gui­to a quel­lo ecla­tan­te di Al­ber Sa­ber.

freesherifgaber

She­rif Ga­ber Ab­del Azim è uno stu­den­te di Eco­no­mia pres­so la Suez Ca­nal Uni­ver­si­ty a Ismai­lia. Il suo nome è sta­to se­gna­la­to alla po­li­zia dai re­spon­sa­bi­li del­l’a­te­neo, a se­gui­to di al­cu­ne la­men­te­le. Il gio­va­ne si sa­reb­be li­mi­ta­to ad apri­re un grup­po sul noto so­cial net­work e a po­sta­re un con­tri­bu­to in cui rac­con­ta­va la sua sto­ria e spie­ga­va per­ché era di­ven­ta­to ateo. Fa­ce­va inol­tre pre­sen­ti l’o­stra­ci­smo e le rea­zio­ni ne­ga­ti­ve su­sci­ta­te an­che in fa­mi­glia dopo es­ser­si di­chia­ra­to apo­sta­ta. Tut­to qui, ma qual­che cre­den­te deve es­ser­si sen­ti­to co­mun­que of­fe­so.

Al mo­men­to Azim sa­reb­be agli ar­re­sti, e ri­schia fino a sei anni di pri­gio­ne sul­la base del co­di­ce pe­na­le in vi­go­re. È sta­to già dif­fu­so un ap­pel­lo in­ter­na­zio­na­le per chie­de­re al go­ver­no egi­zia­no di li­be­ra­re il gio­va­ne, ri­lan­cia­to an­che dal Coun­cil of Ex-Mu­slims of Bri­tain. I suoi so­ste­ni­to­ri han­no aper­to una pa­gi­na Fa­ce­book e in­vi­ta­no a twit­ta­re “Free She­rif Ga­ber”.Con il fer­men­to del­la pri­ma­ve­ra ara­ba e il rie­mer­ge­re del­l’in­te­gra­li­smo isla­mi­sta in po­li­ti­ca, i non cre­den­ti si fan­no sem­pre più sen­ti­re an­che in pae­si come l’E­git­to, po­nen­do que­stio­ni im­por­tan­ti sul fron­te dei di­rit­ti e del­le li­ber­tà. Il gior­na­li­sta Kha­led Diab ha rac­con­ta­to su Sa­lon la sua per­so­na­le espe­rien­za di ateo che ha fat­to co­ming out sui gior­na­li, ri­ce­ven­do una in­co­rag­gian­te ri­spo­sta da di­ver­si let­to­ri. La ri­vo­lu­zio­ne ha mes­so in di­scus­sio­ne l’as­set­to tra­di­zio­na­le del pae­se per­met­ten­do fi­nal­men­te alle voci lai­che di far­si sen­ti­re, ma il ri­schio per i non cre­den­ti in que­sto pe­rio­do di tran­si­zio­ne è pal­pa­bi­le, come di­mo­stra­no i casi di ar­re­sti e le con­dan­ne per bla­sfe­mia.

L’e­mer­sio­ne di atei e agno­sti­ci nel mon­do ara­bo, ne­gli ul­ti­mi anni, è sta­ta de­ci­sa­men­te im­pres­sio­nan­te. In­dub­bia­men­te è sta­ta fa­vo­ri­ta da in­ter­net, che rap­pre­sen­ta uno spa­zio dove sco­pri­re che non si è soli, ad ave­re cer­te con­vin­zio­ni. E dove i dub­bio­si pos­so­no ren­der­si con­to che es­se­re in­cre­du­li non è una biz­zar­ria, anzi. Non sor­pren­de che le au­to­ri­tà col­pi­sca­no l’at­ti­vi­smo ateo so­prat­tut­to quan­do si ma­ni­fe­sta sul web. E non stu­pi­sce che lo fac­cia­no in­di­pen­den­te­men­te dal­la pro­pria im­po­sta­zio­ne po­li­ti­ca, che sia il re­gi­me dei Fra­tel­li Mu­sul­ma­ni ca­peg­gia­to da Mo­ha­med Mor­si o quel­lo mi­li­ta­re del ge­ne­ra­le al-Si­si: l’in­cre­du­li­tà è la più ra­di­ca­le pre­sa di di­stan­za dal­la tra­di­zio­ne, e dun­que an­che la più “pe­ri­co­lo­sa” per chi de­tie­ne il po­te­re.

Una ri­vo­lu­zio­ne più ri­vo­lu­zio­na­ria di ogni pri­ma­ve­ra ara­ba.

 

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