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Ecocidio: una direttiva che persegua penalmente i crimini contro l’ambiente

 

Si può tranquillamente affermare che non passi giorno senza almeno una notizia, proveniente da qualche parte del mondo, su gravi danni all'ecosistema o, come lo definiva Barry Commoner nel "Cerchio da chiudere", "l'ecosfera, la casa che la vita si è costruita da sé, sulla superficie esterna del pianeta".

 

Oggi quella casa sta collassando con i suoi oltre 7 miliardi di abitanti. Non si salvano i fiumi del continente sud americano, piegati alla logica della produzione idroelettrica, i mari perforati ad ogni latitudine nella ricerca di petrolio. E persino le sabbie bituminose, negli angoli più sperduti della terra, sono comunque un buon affare per le compagnie petrolifere.

Poi ci sono gli oceani dove ormai galleggiano vere e proprie isole prevalentemente costituite da plastica ma grandi come il Texas. Il Mediterraneo, il latino mare nostrum, nasconde navi e fusti di sostanze tossiche volutamente non recuperate e portatrici di pericoli imminenti per la salute umana e per gli organismi marini.

Eppure, a meno che non si registrino vere e proprie catastrofi, l’informazione tratta in modo marginale e occasionale i danni prodotti all’ecosistema. I sempre più estesi insediamenti delle aziende energetiche o chimiche mascherano un massiccio degrado dell’ambiente, a cui le imprese fanno fronte con vere e proprie forme di persuasione occulta rivolta alle popolazioni residenti intorno agli impianti: feste, sport, eventi, musica, servizi. E a volte, paradossalmente, anche fondi destinati agli ospedali.

Denunciare e punire i responsabili di danni arrecati all’ambiente diventa spesso difficile, e quando arriva una condanna, al massimo tutto finisce con il pagamento di qualche multa o con indennizzi economici che sanciranno la perdita definitiva di un habitat o la sua inevitabile inabitabilità.

Da queste amare considerazioni, oltre che dal fatto che l’irresponsabilità umana, non trova adeguati disincentivi, un gruppo di cittadini europei indipendenti ha ritenuto che ci fosse un’altra chance, un'altra strada percorribile, insomma che fosse arrivato il momento per chiedere una direttiva europea che perseguisse l’ecocidio come crimine penalmente perseguibile. 

Per saperne di più, abbiamo posto alla giovane attivista, Lucia Jane Beltrame, rappresentante italiana di End Ecocide in Europe, alcune domande sulle motivazioni e gli obiettivi che questo gruppo di cittadini intende raggiungere.

 

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Fermiamo l’Ecocidio in Europa
 

Cosa si intende esattamente per ecocidio? 

Secondo la definizione legale, l'Ecocidio (link) consiste nella "distruzione estensiva (in termini di superficie interessata), nel danno o nella perdita di ecosistemi causati da parte di agenti umani o altre cause (ad esempio quelle naturali) ad un livello tale da compromettere seriamente il godimento pacifico degli abitanti di questo territorio". Possiamo quindi capire che si tratta di danni ambientali massivi, danni ad ecosistemi interi talmente gravi da compromettere lo stile di vita degli abitanti del territorio interessato. Per abitanti intendiamo tutti gli esseri viventi che occupano quelle aree. Causare danni estesi, duraturi o severi all'ambiente è considerato già un crimine di guerra dal 1977, quindi ci accorgiamo che la nostra direttiva non è poi un'idea così rivoluzionaria, piuttosto la necessità di un semplice aggiornamento delle leggi attuali, evidentemente inefficienti. 

Quali sono degli esempi di Ecocidio?

Come ho accennato prima, l'inquinamento massivo di fiumi e l'estrazione di petrolio da acque profonde, o la deforestazione, lo spopolamento degli alveari, lo spianamento delle montagne per l'estrazione mineraria, o ancora i casi meno conosciuti delle sabbie bituminose o il fracking, sono tutti esempio di ecocidio. Perché il danno ambientale possa essere considerato Ecocidio, è necessario che sia esteso, duraturo (nel tempo) o severo. Attualmente stiamo creando un archivio che includa quanti più casi di ecocidio possibili, che verrà poi incluso sul nostro sito.

In che modo la direttiva di cui chiedete l’emanazione differisce dalle leggi esistenti?

La maggior parte delle leggi esistenti prevede multe o sanzioni economiche per i danni causati, un metodo che non è affatto efficace. La nostra direttiva invece è radicata nel diritto penale ed è la prima che prende in considerazione interi ecosistemi piuttosto che i singoli elementi che li compongono. Inoltre intende rendere gli individui con il potere decisionale, responsabili per le conseguenze delle loto azioni, a prescindere dal dolo o dai potenziali rischi.

Ci racconta come è nata l'idea e quali obiettivi intende perseguire?

L'idea dell'iniziativa è nata spontaneamente da un brainstorming sul come potesse essere implementata la legge dell'ecocidio a livello globale. Prisca Merz, l'attuale direttrice dell'iniziativa, ha ricevuto una risposta molto positiva alla sua proposta e, nel giro di qualche mese, la direttiva era già stata presentata alla Commissione Europea. Da allora abbiamo lavorato secondo una struttura organizzativa orizzontale e siamo cresciuti in modo organico e spontaneo su tutto il territorio europeo e oltre. L’iniziativa persegue inoltre i seguenti scopi e obiettivi:

1. Sensibilizzare sulla legge dell’Ecocidio;
2. Raccogliere almeno 1 milione di firme a sostegno della iniziativa dei cittadini europei per fermare l'Ecocidio in Europa;
3. Coinvolgere e collaborare con organizzazioni partner, stakeholder e altre parti interessate a costruire una rete di sostegno per la proposta di legge contro l'ecocidio;
4. Impegnarsi con gruppi locali e internazionali che supportino l’introduzione della legge.

In che modo dovrebbe agire a livello europeo una legge sull'ecocidio e come dovrebbe essere recepita da ogni stato comunitario nella legislazione nazionale? 

La nostra è una direttiva, per cui seguirà la procedura standard per l'implementazione di direttive europee. La nostra direttiva in particolare prevede il perseguimento dell’ecocidio come crimine perseguibile nei casi seguenti:

-   Sul territorio europeo (per il mare, sono incluse le acque territoriali);
-   Se commesso da cittadini o aziende europee, anche al di fuori dell’UE;
-   Favoreggiamento dell'ecocidio da parte di cittadini o aziende europee, inclusi investimenti in attività al di fuori dall’UE;
-   L’importazione in Europa di prodotti che causano l'ecocidio.

Qual è il livello di percezione medio sulle criticità ambientali nel nostro paese? 

Senza dubbio la percezione cambia notevolmente a seconda delle persone con cui si parla, e non vorrei che il mio giudizio fosse di parte. Dopo quasi un decennio di residenza all’estero sono da un lato stupefatta dal crescente numero di movimenti dal basso che fanno un lavoro importantissimo e, al contempo, delusa dall'apatia che sembra pervadere l'animo di molti italiani.

L’iniziativa dei cittadini europei è un importante strumento per apportare enormi cambiamenti in tutto il mondo e non vorrei che quest’apatia, paradossalmente, comprometta la nostra possibilità di cambiare le cose. Se ci arrendiamo prima di aver raggiunto i nostri obbiettivi, ci siamo arresi troppo presto!

Come intende sviluppare l'attività in Italia e, oltre che ai cittadini, quali enti e associazioni pensa di coinvolgere nell'adesione al programma?

Vista la nostra grande sfida di raccogliere un milione di firme entro gennaio, dobbiamo coinvolgere quante più persone e associazioni possibili. Soprattutto non va sottovalutato l’impatto che ognuno di noi può produrre facendo passaparola, raccogliendo firme, condividendo su Facebook e Twitter.

C’è ancora molto lavoro da fare e abbiamo bisogno di nuove collaborazioni e volontari, quindi se siete interessati a contribuire in qualche modo, per favore contattatemi: [email protected]

Finisce qui l'intervista con Lucia Jane Beltrame con l'augurio che abbia successo l'azione di End Ecocide in Europe - Fermiamo l’Ecocidio in Europaun’Iniziativa dei Cittadini per dare Diritti alla Terra.

A Civitavecchia, giovedì 25 luglio, il Coordinamento delle Associazioni Ambientaliste del territorio incontrerà Lucia Jane Beltrame per sostenere la campagna.

Segnaliamo infine, sul quotidiano inglese The Guardian, i 10 peggiori casi di ecocidio.

 

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