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Eco: al diavolo la classe operaia

Umberto Eco, nella sua rubrica dell’ultimo “Espresso”, ci delizia con le sue esternazioni sulla “classe operaia”, e ci sembra molto sollevato dal fatto che un intellettuale di “sinistra” non debba metterla più al centro dei suoi ragionamenti e valori, e si possa occupare anche di Dante e di Kant, visto che oggi la mitica classe vota leghista e vuole le ronde.

La “categoria” degli intellettuali, di quelli che fanno opinione, è costituita da giornalisti, scrittori, professori, la cui visibilità e anche il conto in banca, dipendono esclusivamente dai proprietari dei mezzi di informazione. Il loro compito è quello di complicare le cose semplici, e soprattutto non toccare mai nel profondo alcuni temi.

Che io ricordi, solo lo scomparso professor Caffè, economista, sostenne che è totalmente inutile studiare economia poiché gli economisti non decidono nulla, ma decidono tutto gli industriali e le banche, al pari di come è inutile, sostengo io, studiare geologia, visto che quello dei geologi non è un parere vincolante, ma decidono tutto palazzinari e politicanti in materia edilizia.

Anche Giorgio Bocca, qualche settimana fa, esprimeva grande amarezza e senso di inutilità della sua vita per non aver saputo contrastare l’imbarbarimento della nostra democrazia con una becera destra al potere.

Infatti, nessun gruppo di “intellettuali” ha capito e fronteggiato i tre principali fenomeni sociali che hanno spostato a destra tutta la nostra Italia, e questi sono: la truffaldina legge che consegnava il monopolio televisivo a Berlusconi, contemporanea all’inizio di una massiccia immigrazione che andava a frantumare sul campo conquiste e certezze della classe operaia, scaricando nelle grandi periferie anche il disagio di una difficile coabitazione, terzo la progressiva perdita di identità della sinistra che diventava totalmente subalterna allo “sviluppo” capitalistico e lasciava senza più speranza, né strategia il suo elettorato.

Sono tre fenomeni che hanno dispiegato, intrecciandosi e confondendosi, una geometrica potenza che ha distrutto identità, strutturato il “pensiero unico”, marginalizzato una classe operaia abbandonata a se stessa e che ha deciso di stare dalla parte del padrone, almeno quello di dà lavoro.

Non era poi così difficile capire quali fenomeni sociali produceva l’immigrazione, in Francia gli scontri tra gli operai delle “banlieu” e gli immigrati provocarono un forte spostamento a destra. Nulla come l’immigrazione ha prodotto frutti positivi per la destra, che ha ricattato la classe operaia con l’esercito dei senza lavoro pronti a tutto, e cinicamente ha sfruttato questo disagio per sollevare una ondata xenofoba e razzista.

Il tutto mentre l’intellighentia di sinistra, insieme alla Chiesa, parlavano di fraterna accoglienza senza tener conto dei disegni di una destra lucida e con i piedi per terra.

I governi Prodi e D’Alema, pur avendone il potere, sono stati così insipienti da non promulgare una legge sul conflitto di interessi e sulla eliminazione del monopolio televisivo e nemmeno furono capaci di sottrarre la RAI al potere dei partiti, lasciando una situazione per cui le tre reti Rai sono oggi controllate dagli uomini del Cavaliere e il monopolio del dittatore è arrivato a 6 reti nazionali.

Vi è un vuoto politico enorme, e se si vuole fronteggiare la destra bisogna avere un programma che dica chiaramente che con i monopoli mediatici non c’è democrazia, che la Rai deve diventare una “public company” di servizio pubblico con il potere dei cittadini azionisti di eleggere il direttore generale, che il PD va abbandonato perché sconfitto e incapace di fronteggiare la destra e di rimuovere la sua classe dirigente, che l’immigrazione va fermata totalmente prima che provochi altri guai.

Per i palati raffinati degli intellettuali le parole chiare sono in genere rozzi schematismi, ma se continueremo a seguire le loro astrazioni, ci ritroveremo tra qualche anno con Piersilvio e il figlio di Bossi successori dinastici del regno padano.

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