• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Dossier carceri italiane: in spregio dei diritti umani

Dossier carceri italiane: in spregio dei diritti umani

Protesta, dibattito, proposte: una giornata di denuncia a Bologna. E, il 28 e 29 luglio appena passati si è tenuto un importante convegno a Roma con Napolitano, Schifani e Pannella.

Un’emergenza civile, sociale, umana. Dati del 23 giugno 2011, resi noti da un dossier dell’Associazione Antigone: 67.174, laddove dovrebbero essere in 45.551. E se ne aggiungono circa mille di più al mese. Pertanto, lo spazio è inadeguato: alcuni sono fatti dormire su letti a castello su tre piani o addirittura su materassi in terra. Il cibo non è sempre buono e sufficiente. I medicinali e l’assistenza sono carenti. Invece, non mancano violenze e abusi.

Stiamo parlando dei detenuti rinchiusi nelle carceri italiane. Nel 2009 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia perché spesso la superficie a disposizione del recluso è molto inferiore agli standard stabiliti dal Comitato per la prevenzione della tortura, che fissa in 7 metri quadri a persona lo spazio minimo sostenibile per una cella.

Tra il 2002 e il 2011 più di ottocento di loro sono morti, la maggior parte suicidatasi. Già queste cifre fanno pensare a un inferno in Terra. Ma altri numeri sono sconvolgenti.

“Presunti innocenti”, migranti e drogati.

I detenuti in attesa di primo giudizio sono 14.251, vale a dire un quinto; d’altra parte, solo 37.257 sono i reclusi condannati con sentenza definitiva. Circa metà verranno assolti in primo o in secondo grado: in pratica, nel nostro Paese si sconta la pena prima che sia emanata. E, se risulti innocente, nessuno ti risarcirà. Nel resto d’Europa solo il 25% della popolazione carceraria è costituita da “presunti innocenti” (secondo un cardine-base del diritto, fino alla condanna conclusiva): in Italia siamo, come si vede, a circa il 50%. Per non parlare della durata della custodia cautelare e dei processi. Dei condannati con sentenza inappellabile il 29,9% deve scontare ancora solo un anno, il 63,8% fino a tre anni.

Gli stranieri (molto spesso in carcere per il singolare “reato italiano” di immigrazione clandestina) sono 24.404, cioè quasi un terzo. Lo scorso aprile, peraltro, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha condannato il Governo italiano perché punisce col carcere gli immigrati irregolari: bocciato, dunque, il reato di clandestinità. Un altro buon numero (28.199) è costituito da tossicodipendenti. Cioè la stragrande maggioranza dei detenuti ha commesso “reati” senza parte offesa. Inoltre, una grande fetta di chi ha commesso crimini con parte offesa è condannata per reati contro il patrimonio, ma spesso questi scaturiscono da motivi economici di necessità. Insomma, le carceri straripano di poveracci. Probabilmente, sopratutto di poveracci.

Nelle prigioni, poi, vivono 43 bambini, affidati alle loro 42 mamme in carcere.

Niente fondi.

A fronte di questa emergenza umanitaria, calano i fondi destinati. Ad esempio, il budget assegnato alla remunerazione dei carcerati, nonostante il loro aumento, è diminuito di 21.735.793 euro; gli incentivi alle assunzioni di reclusi da parte delle cooperative sociali e imprese non avverranno più, essendo stati esauriti gli stanziamenti per la copertura dei benefici fiscali.

Il disagio colpisce anche chi deve occuparsi dei carcerati. L’organico di Polizia penitenziaria (presso i quali si annovera un numero anomalo di suicidi) assomma a 34.165 unità al posto di 42.268. I magistrati di sorveglianza sono 178 anziché 204; gli educatori 1.031, invece di 1.331; gli assistenti sociali dovrebbero essere 1.507: sono solo 1.105.

Le proteste.

Per denunciare tale situazione sono scesi in piazza persino i direttori degli istituti penitenziari (6 luglio scorso, per la prima volta nella storia d’Italia) e il giorno dopo gli agenti: comune è il disagio per le condizioni di lavoro, la carenza degli organici, il contratto scaduto da anni, il mancato riallineamento coi colleghi della Polizia di Stato.

Tuttavia, sono stati i radicali a richiamare maggiormente l’attenzione di politica e opinione pubblica sulla questione. L’iniziativa più eclatante è stata quella di Marco Pannella, in sciopero della fame e della sete, con decine di migliaia di aderenti (tra cui 20.000 detenuti) con varie modalità alla protesta nonviolenta.

Il 18 luglio il leader radicale ha incontrato il presidente Giorgio Napolitano e, grazie anche all’appoggio del Presidente del Senato, Renato Schifanigiovedì 28 e venerdì 29 luglio appena trascorsi, a Roma, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, si è tenuto, sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica e con il patrocinio del Senato della Repubblica, un Convegno per la riforma della giustizia italiana dal titolo Giustizia! In nome della legge e del popolo sovrano. Articolati in più sessioni, i lavori della due giorni sono iniziati alle ore 11 di giovedì 28 luglio, alla presenza di Napolitano e con il saluto di Schifani. 

Le iniziative bolognesi del 14 luglio.

Intanto, a Bologna, il 14 luglio, anniversario della presa della Bastiglia e quindi dell’inizio di quella rivoluzione francese che ha enunciato alcuni punti fermi sui diritti umani, la locale Associazione radicali ha organizzato un doppio evento.

La mattina, in piazza Maggiore, accanto a una forca con un cappio, simboleggianti una pena di morte “strisciante” in Italia, sono stati letti con un megafono i nomi dei più di ottocento detenuti morti in carcere dal 2002 a oggi e si è chiesta con urgenza, senza giri di parole e ipocrisie varie, un’amnistia che allievi il problema della sovrappopolazione carceraria.

La sera, presso il Parco 11 settembre (ex Manifattura tabacchi) di via Riva Reno, si è tenuto un interessante dibattito dal titolo Illegalmente carcere. Un luogo di diritto abbandonato a se stesso. Tra problemi di sovraffollamento, inadeguatezze strutturali, salute, suicidi, oggi il carcere è la totale negazione di principi e valori giuridici e costituzionali. 

Alla discussione – moderata da Monica Mischiatti dell’Associazione radicali – hanno preso parte (in ordine alfabetico): Massimo Bugani, consigliere al Comune di Bologna (Movimento 5 stelle), Lorenzo Cipriani, consigliere al Comune di Bologna (Sinistra ecologia libertà), Giovanni Durante, responsabile del Sappe (Sindacato autonomo della Polizia penitenziaria dell’Emilia-Romagna), Amelia Frascaroli, assessore ai Servizi sociali del Comune di Bologna (Sinistra ecologia libertà), Mario Marcuz, dell’Associazione Antigone, Massimo Pavarini, docente di Diritto penale presso l’Università di Bologna, Mario Staderini, segretario di Radicali italiani, e Rino Tripodi, direttore di LucidaMente-La Squilla on line.

Un video e il dibattito.

L’incontro, cui ha assistito un folto pubblico, è stato preceduto dalla proiezione del video Se tu vivessi in una cella (http://www.youtube.com/watch?v=L1KU6WvBSX0), a cura dell’Associazione Progrè, introdotto e commentato da Francesca de Nisi ed Emanuele Picotti della stessa associazione. Il filmato ha inteso mostrare giudizi e pregiudizi dei cittadini, confrontati con la realtà delle carceri (presenti nel lavoro alcune interviste a ex detenuti). Sarebbe senz’altro da far vedere nelle scuole, per consentire ai giovani di comprendere le dimensioni e la drammaticità del problema.

Il professor Pavarini ha compiuto un interessante excursus sulla storia del sistema carcerario in Italia: dalla fine della Seconda guerra mondiale al 1975 la popolazione carceraria è rimasta stabile e relativamente poco numerosa. Il boom si è avuto negli ultimi decenni, con un aumento di ben sette volte dei detenuti. Si è voluto rispondere in tal modo alla progressiva richiesta di “sicurezza” degli italiani, anche se è ben noto che le pene scontate in un sistema carcerario così disastrato non servono ad alcunché, anzi hanno un effetto negativo. Cio è dimostrato dal fatto che solo il 30% di chi esce prima dalla galera commette di nuovo reati, mentre chi è liberato solo dopo aver scontato tutta la pena ha una percentuale del 70% di recidività.

Alcuni lati positivi, pur del doloroso ambito del sistema carcerario, sono stati evidenziati dall’assessore Frascaroli, come l’impegno di chi vi opera e delle associazioni di volontari.

L’agente, il segretario politico e il volontariato…

A proposito di chi nel carcere lavora, Durante ha espresso il disagio dei colleghi, ma soprattutto ha fornito un dato impressionante: sono ben 6.000 i posti disponibili per la popolazione carceraria presso nuovi edifici, ma questi non sono agibili per carenze di personale… intanto si parla di costruire nuove carceri! Il sindacalista ha comunque ricordato che una parte dei carcerati è costituita da mafiosi, che certamente devono scontare la pena.

Perché le iniziative nonviolente, come quella di Pannella, non trovano spazio su giornali e tv, mentre si enfatizzano i violenti scontri No Tav, senza peraltro fornire approfondimenti sulle motivazioni delle proteste? Questo si è chiesto Staderini, lamentando ancora, ovviamente, il grande problema del giornalismo italiano, tutt’altro che intelligente e obiettivo.

Marcuz, visti i tagli alle associazioni, comprese quelle che si occupano di fornire servizi alla popolazione carceraria, ha chiamato alla mobilitazione tali importanti realtà di solidarietà e impegno.

La voce disperata di un ergastolano…

Tripodi ha sottolineato come la rivista da lui diretta, pur non essendo “radicale”, si trovi sempre a fianco di iniziative del partito di Pannella come quelle sul testamento biologico, sulle carceri e sui contributi silenti. Ha ricordato la drammaticità della situazione anche negli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) e nei centri di identificazione ed espulsione (Cie), nei quali, per di più, si può restare senza neppure essere condannati e senza limiti “di rinnovo”. Infine, ha invitato i presenti a leggere la drammatica testimonianza (Carceri: solo la morte può liberarti dalla sofferenza) dell’ergastolano “ostativo” (cioè che non gode di alcun beneficio previsto dalla legge) Carmelo Musumeci, pubblicata su LucidaMente, nonché la provocatoria richiesta compiuta dal medesimo detenuto di ottenere la pena di morte, fatta pervenire a Napolitano attraverso la deputata radicale (eletta nelle liste del Partito democratico) Rita Bernardini.

L’uso del carcere come “discarica sociale” è stato al centro dell’intervento del consigliere comunale Cipriani.

Bugani, infine, ha sottolineato l’importanza della controinformazione in rete, utilizzata con successo dal proprio movimento, che si richiama a Beppe Grillo.

Le immagini: Bologna, dalla manifestazione di piazza Maggiore e dal dibattito serale tenutosi presso l’ex Manifattura tabacchi.

Viviana Viviani

(LM EXTRA n. 25, 20 luglio 2011, supplemento a LucidaMente, anno VI, n. 67, luglio 2011)

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox




Palmares