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Dossier a puntate: Milano 2, la Creazione

Milano 2 e i finanziamenti svizzeri; le tecniche segrete di Berlusconi.

Dossier a puntate: Milano 2, la Creazione

Ci siamo lasciati al grande progetto che stava per intraprendere Berlusconi.
 
Milano 2.

C’era una volta una distesa di erba e radi alberi, circondata da fabbriche e annegata nella nebbia per buona parte dell’anno. La distesa stava dalle parti di Segrate e non aveva nome, perché a nessuno era mai venuto in mente di chiamarla in qualche modo. Un giorno capitò da quelle parti un signore ben vestito e sorridente, diede un’occhiata in giro, e decise che avrebbe fatto di quella landa desolata un luogo di sogno. Stava per nascere Milano 2
Le cose non andarono così, ma quasi. Quell’area, 712 mila metri quadrati, apparteneva al conte Leonardo Bonzi, che il 26 settembre del 1968 rivendette tutto alle Edilnord Sas di Berlusconi e dei suoi anonimi finanziatori svizzeri al prezzo di oltre 3 miliardi di lire dell’epoca. Il 12 maggio del 1969 il comune di Segrate concesse la prima licenza edilizia. Ma le cose, a partire da quel momento, si complicarono per via degli ostacoli posti al progetto da una serie di organi tecnici di controllo, i quali si accorsero che il piano di lottizzazione non era conforme al programma di fabbricazione varato dalla Regione.
 
Solo il 29 marzo del 1972 la Edilnord poté dare il via alla costruzione di Milano 2, che sarà completata sette anni dopo. Ma oltre che un affare edilizio, Milano 2 è una sorta di anticipazione del berlusconismo come stile di vita: una piccola città fuori dalla città, completamente autosufficiente, con spazi verdi e asili, scuole, campi da tennis, parchi gioco. Anonimo e lontano da Milano come i quartieri dormitorio, ma più costoso e confortevole; ritagliato apposta attorno alle esigenze di giovani manager in ascesa e delle loro famigliole. Insomma, l’embrione di una “città da bere”, come reciterà, qualche anno dopo, uno slogan pubblicitario poi affossato dall’era di Tangentopoli.

Anche nel sogno di Milano 2 entrarono in gioco i famosi e provvidenziali capitali svizzeri. Seguendo una prassi in voga tra i costruttori dei ruggenti anni ‘60, Berlusconi cambia spesso denominazione alle sue società, e cambiano anche i soci visibili. Ma non muta la provenienza del denaro: la Svizzera. Nel 1968 la Edilnord Sas viene sciolta. Prende il suo posto la Edilnord centri residenziali, protagonista dell’operazione Milano 2.
 
Intestataria della nuova sigla è Lidia Borsani, una cugina di Berlusconi. Il socio che versa i capitali è ancora una volta una immobiliare svizzera di cui è fiduciario il solito avvocato Rezzonico. Nel ‘73 anche questa seconda Edilnord sparisce per lasciare il posto alla Italcantieri srl, iscritta presso il registro societario del tribunale di Milano il 2 febbraio. Il gioco delle scatole cinesi si fa con la Italcantieri sempre più complicato: la nuova società appartiene formalmente a Renato Pironi, un giovane aspirante notaio, e a una casalinga, Elda Brovelli. Il giovanotto rappresenta la Cofigen sa di Lugano; la massaia è il referente italiano della Eti ag Holding di Chiasso. «Il capitale sociale – scrivono nel loro libro Guarino e Ruggeriè interamente svizzero».

Altri finanziamenti all’impresa berlusconiana arrivano dalla Immobiliare S. Martino di Roma, di cui è amministratore unico uno dei principali collaboratori di Sua emittenza, il palermitano Marcello Dell’Utri, futuro amministratore di Publitalia, la concessionaria di pubblicità del gruppo Fininvest. Ma attenzione: soci fondatori della S. Martino sono due società della Banca Nazionale del Lavoro. Berlusconi, infatti, ha già trovato la chiave magica che gli permette di accedere ai generosi finanziamenti bancari che sono la carta decisiva della sua incredibile ascesa. Nel settembre del 1977 la Milano 2 Spa, nata sulle ceneri della S. Martino, ha utili per 16 milioni ed esposizioni bancarie per 6 miliardi e 400 milioni. E il volume di mutui e iscrizioni ipotecarie è destinato a crescere sempre di più. Fino ai vertiginosi quattromilacinquecento miliardi di debiti di cui parlano i giornali del 1993.

Persino nella capofila Fininvest, che nasce a Roma l′8 giugno del 1978, con 20 milioni di capitale, i soldi sono delle banche. I soci fondatori sono infatti gli stessi della S. Martino: la Servizio Italia e la Società azionaria fiduciaria. Ed entrambe – come documenta il settimanale Il Mondo del 20 novembre 1981 – appartengono alla Banca Nazionale del Lavoro. D’altra parte è proprio la Bnl, insieme al Monte dei Paschi di Siena, l’istituto di credito che mostra di avere la più salda fiducia nelle iniziative del giovane Berlusconi.
Proprio queste due banche – è impossibile non notarlo – sono quelle maggiormente inquinate, in quegli anni, dalla P2, loggia massonica coperta alla quale Berlusconi si è iscritto nel 1978. Scrive infatti la commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia di Gelli nella sua relazione finale: «alcuni operatori (Genghini, Fabbri, Berlusconi) trovano appoggi e finanziamenti al di là di ogni merito creditizio».
Secondo Il Mondo del 2 dicembre 1984, per costruire Milano 2 Berlusconi gode di «un rapporto preferenziale tra il suo gruppo e il Monte dei Paschi di Siena. Con Giovanni Cresti, provveditore e padre padrone dell’istituto di credito, l’imprenditore milanese proprio in quel periodo stabilisce una solida amicizia. Cresti aveva piena fiducia nelle iniziative di Berlusconi e la sua banca in quasi dieci anni (dal 1970 al 1979) eroga mutui fondiari per un totale di 70 miliardi al tasso del 9 – 9,5 per cento».
Giovanni Cresti, direttore generale del Monte Paschi, è iscritto alla P2 come pure il vicepresidente dell’Istituto, Loris Scricciolo. L’altra banca amica di Berlusconi, la Bnl, è in assoluto la più inquinata, all’epoca, dal potere parallelo di Licio Gelli: risultano iscritti infatti il direttore generale Alberto Ferrari e gli alti funzionari Vittorio Azzari, Luigi Bertoni, Mario Diana, Gustavo De Bae, Bruno Lipari, Claudio Sabatini e Franco Capari.
Certo, non è automatico che le agevolazioni di cui Berlusconi ha goduto discendano dalla appartenenza massonica, come dimostra il fatto che i finanziamenti iniziano prima dell’iscrizione dell’imprenditore alla P2. Ma è anche vero che l’atteggiamento di Berlusconi, che ha sempre minimizzato e ridicolizzato la vicenda della sua appartenenza alla loggia coperta di Gelli, non ha contribuito a fare chiarezza su questo delicato punto: «Ma cosa volete che m’importi della massoneria – disse una volta Sua emittenza in pubblico – in America io mi sono iscritto anche all’associazione per la protezione dell’alce selvatico».
Che cosa abbia fatto Silvio Berlusconi in difesa dell’alce selvatico non è dato sapere. Si sa invece cosa risponde Berlusconi a chi gli chiede di Gelli: «Anch’io, come cinquanta milioni di italiani, sono sempre in curiosa attesa di conoscere quali fatti o misfatti siano effettivamente addebitati a Licio Gelli. Anni di inchieste sono serviti solamente ad offrire alle varie fazioni politiche un terreno di lotta e di calunnie facile quanto strumentale».

Mi fermo qui, e vi do appuntamento al prossimo articolo, dove si tratteranno i rapporti di Berlusconi con la P2.

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