Dalla paura del terrorismo al terrore del dispotismo burocratico
Benedetta Berti è un’analista politica italo-americana e nel 2017 ha scritto un saggio limpido e profetico, che ha preso in esame le principali forme di violenza politica nel mondo: “La fine del terrorismo. Oltre l’ISIS e lo stato di emergenza” (Mondadori, 222 pagine, euro 18,50).
Il libro della studiosa di origine bolognese “è una riflessione sulle tendenze in evoluzione nel campo della violenza politica, e prende l’ISIS come esempio per indagare le cause per le quali il mondo sembra assistere a un’ascesa del terrorismo globale… Non è scritto per un pubblico di esperti, ma per tutti gli altri: per chiunque abbia la sensazione che il mondo stia impazzendo e che tra versioni conflittuali, reazioni isteriche, sensazionalismo e informazioni disorientanti diventi quasi impossibile andare oltre la mitologia della violenza e capire cosa sta succedendo davvero” (p. 8).
Analizzare i fenomeni legati a gruppi come l’ISIS è “utile anche perché ci può rivelare molto sui processi di adattamento ed evoluzione che avvengono all’interno dei gruppi armati non statali”, compresi i finanziamenti occultati (p. 9). Esistono decine e decine di definizioni di terrorismo, ma si possono semplificare le cose affermando che chi esegue delle azioni che producono molta paura e molti pesanti condizionamenti personali e sociali, genera una forma di terrorismo. Benedetta Berti considera “il terrorismo una strategia insurrezionale che usa deliberatamente (o minaccia di usare) la violenza contro “non combattenti” in vista di un obiettivo politico e per incutere paura” (p. 14).
Molti ricercatori hanno studiato una forma molto perversa di violenza, chiamata terrorismo di Stato, che cambia forma a seconda della storia particolare di una nazione. Benedetta Berti si è specializzata nell’indagare “le attività non violente delle organizzazioni violente” (p. 94), ma oggi servirebbero più studiosi impegnati a studiare le attività economicamente e burocraticamente violenti, delle organizzazioni pubbliche e private non violenti, per evitare l’affermazione e l’estremizzazione di movimenti mediatici e finanziari socio-patologici e socio-psicopatici.
Indubbiamente “il terrorismo è una strategia intenzionale, motivata da un più ampio programma politico… a prescindere dal fatto che basino le loro rivendicazioni su motivazioni etniche, ideologiche o religiose” (o economiche, p. 15). In ogni guerra civile ci sono implicazioni locali, nazionali e internazionali che andrebbero comprese con una prospettiva medica: si studia una malattia come inserita in un determinato corpo, con tutti i punti di forza e di debolezza (http://www.agoravox.it/Cattaruzza-e-la-guerra-spiegata.html, testo francese del 2016). Nelle guerre degli ultimi anni i morti civili hanno quasi sempre superato il numero delle vittime militari, e le vittime degli attacchi terroristici sono aumentati di nove volte dal 2000 al 2014 (p. 40).
In effetti nei conflitti più recenti “l’impatto dei gruppi armati non statali è fondamentale”. Per questo motivo molti gruppi armati vengono finanziati indirettamente da alcuni Stati. Ad esempio l’Arabia Saudita. L’intervento più o meno indiretto di alcuni Stati, soprattutto tramite i servizi segreti, è in grado di spiegare la grande organizzazione manageriale impostata dai grandi leader di molti gruppi ribelli. Oltretutto anche le persone “che decidono di arruolarsi in un’organizzazione insurrezionale per una ragione ideologica possono in un secondo momento sviluppare un interesse (e in certi casi un’ossessione) per il guadagno personale” (p. 122).
Naturalmente anche i gruppi terroristici per avere successo devono “farsi degli alleati, tenere a bada gli avversari e conservare la fedeltà dei proprio membri” (p. 121). Quindi per ottenere questi risultati bisogna essere in grado di raccogliere molto denaro. Anche le “forze del male” riescono ad ottenere buona parte dei soldi “allo stesso modo dei partiti politici e delle ONG: tramite eventi per la raccolta di fondi, vendita di merchandising, campagne per le donazioni online” (p. 128). Naturalmente anche i servizi segreti di alcuni paesi sono intervenuti a finanziarie molti gruppi ribelli, soprattutto in paesi molto strategici come la Siria (www.pressenza.com/it/2018/07/la-siria-e-il-neoimperialismo-americano; www.maurizioblondet.it/ce-un-nuovo-boss-al-pentagono; https://icct.nl/people/dr-lorenzo-vidino; https://www.ledizioni.it/autori/lorenzo-vidino).
Ad esempio lo Stato Islamico ha creato “un modello ibrido globale locale”replicabile da altri, e ha raccolto “più o meno la metà dei suoi ricavi dalle tasse e più o meno il 30-40 per cento dalla vendita di petrolio, mentre quello che resta viene dal commercio di reperti archeologici e dalle donazioni” (p. 134). Inoltre il gruppo ha ideato “nuove multe sempre più improbabili, imponendo alte contravvenzioni e castighi per impedire alle persone di andarsene e investendo di più nella raccolta di donazioni esterne”, anche di sponsor molto danarosi (p. 135). Generalmente quando qualcuno diventa un brutto personaggio di Stato pensa a ideare divieti e soprusi di Stato.
Tutte le forme di terrorismo, anche psicologico e mediatico, e le conseguenti azioni che incutono paura, “fanno parte di un macabro gioco di potere, che hanno a che fare con la politica e il desiderio del controllo” quasi assoluto (p. 9). I terroristi vogliono raggiungere il potere e il controllo, ma se si intende il successo come il raggiungimento degli scopi dichiarati, il terrorismo vince solo nel dieci per cento dei casi. In quasi tutti i casi i terroristi si devono accontentare di ottenere molta attenzione e di raggiungere degli obiettivi molto limitati (p. 25). Per fortuna le organizzazioni terroristiche hanno molta difficoltà a trovare degli alleati e dei collaboratori abili.
D’altra parte una persona molto potente, come un mafioso, è ben contento della reputazione di impenetrabilità, di mistero e di irrazionalità, perché questi fenomeni fanno apparire la mafia più temibile e minacciosa (p.4, citazione del libro del Prof Diego Gambetta, La mafia siciliana. Un’industria della protezione privata). Se a questi fattori si aggiunge un’organizzazione di tipo manageriale che investe nelle pubbliche relazioni, nel marketing e nelle risorse umane la miscela può rivelarsi davvero esplosiva, e si arriva al branding, al marketing e alla vendita della violenza. Ma “gli attori violenti vincono quando ci fanno pensare di essere onnipotenti, irrazionali, imprevedibili e inarrestabili. Non dobbiamo abboccare alla loro mitologia di forza e violenza illimitate” (p. 222). Tutte le organizzazioni hanno dei punti deboli che possono essere compresi.
Per molte persone “l’idea di manipolare le paure collettive per un tornaconto elettorale può sembrare insopportabilmente cinica, ma d’altronde la politica non è per i deboli di cuore”, né per le persone di coscienza (p. 34). Per molti politici le paure sono molto utili per prolungare la durata del governo o per raggiungere obiettivi più ambiziosi (molti spunti si possono ritrovare nel documentario politico Our brandi is crisis del 2005; https://www.pewresearch.org).
Del resto “la combinazione tra l’apparato coercitivo dello Stato e la deliberata strategia di opprimere, intimidire e terrorizzare i civili è poi sempre stata uno degli strumenti fondamentali su cui hanno contato (e ancora oggi contano) i regimi autoritari per tenere la popolazione sotto controllo” (p. 19), influenzando i cittadini in modi più o meno diretti o invisibili. Il pericolo di ogni forma di ideologia (anche sanitaria) va preso sul serio: “approfondire idee che giustificano e promuovano attivamente l’uso della violenza contro i civili, o che affermino che le vite di passanti innocenti possono essere sacrificate senza tanti scrupoli in vista di un bene più grande, ci obbliga a calarci in uno dei lati oscuri dell’umanità… per commettere atrocità inenarrabili gli esseri umani hanno bisogno di ideologie in grado di “normalizzare” queste azioni, trasformandole da proibite e moralmente riprovevoli in necessarie e addirittura eroiche” (p. 140; una sceneggiatura tra le altre: https://www.youtube.com/watch?v=HxBD0EVH6C8; www.youtube.com/watch?v=ajfEW3Fuo7o).
Oggi si è probabilmente evoluta la forma di terrorismo più sottile e indiretta, quella in cui delle forze finanziarie quasi invisibili attraverso le loro pressioni mediatiche (anche di tipo sanitario), distruggono interi settori economici per favorire gli affari delle grandi multinazionali, soprattutto bancarie e digitali (per capire meglio potete guardare l’intervista a Tiziana Alterio nella nota finale. Questo controllo finanziario asfissiante sta pilotando e manipolando anche il grande mondo delle pubblicazioni scientifiche sanitarie (e non): https://www.iltascabile.com/scienze/sci-hub.
Victor Hugo disse che “Niente al mondo è potente quanto un’idea della quale sia giunto il tempo”. Forse è giunto il tempo di porre un grande limite allo strapotere finanziario e mediatico oppressivo di alcune grandi multinazionali che operano nel campo bancario e finanziario, che hanno imposto le loro leggi commerciali estreme anche in campo sanitario. Platone scrisse: “Possiamo facilmente perdonare un bambino che ha paura del buio, ma la vera tragedia della vita è quando sono gli uomini ad avere paura della luce”. A mio modesto parere, chi pensa di tornare alla normalità economica e alle piene libertà personali dopo il vaccino è un povero illuso. Oppure è un bambino (https://www.nogeoingegneria.com/librifilms/documentario-da-non-perdere-il-business-degli-inventori-di-malattie; con la visione di questo documentario si può capire meglio come si può ingigantire il pericolo di una malattia e come può operare il terrorismo psicologico mediatico).
Benedetta Berti, TED Senior Fellow, ha scritto alcuni libri ed è stata ricercatrice presso il Foreign Policy Research Institute e il Modern War Institute a West Point. Per leggere una bella intervista del 2017: https://www.vanityfair.it/mybusiness/donne-nel-mondo/17/03/07/benedetta-berti. Dal 2017 lavora alla NATO: https://www.linkedin.com/in/benedettaberti. Per approfondimenti vari: http://www.benedettaberti.com/bio.html; https://www.youtube.com/watch?v=iwRAkrQYJFU.
Nota personale – Tiziana Alterio parla di conflitti, più o meno grandi e silenziosi, soprattutto di carattere finanziario: https://www.youtube.com/watch?v=lQFpyAFUBHM (intervista di ByoBlu). Alessandro Orsini è un sociologo dei fenomeni politici che si è specializzato nello studio del terrorismo islamico: http://www.agoravox.it/Orsini-e-l-analisi-sociologica-del.html. Jared Diamond ha preso in esame una prospettiva storica: https://www.agoravox.it/Diamond-e-lo-studio-delle-crisi-e.html. Poi segnalo anche la recensione di un libro abbastanza originale di un sociologo americano: https://www.pressenza.com/it/2014/10/sociologia-violenza. Per valutare gli ultimi sviluppi dell’ingabbiamento scientifico: www.iltascabile.com/scienze/pandemia-ricerca-scientifica. I congressi scientifici digitali saranno molto riduttivi e si perderà molta della conoscenza informale trasmessa dagli scambi verbali diretti e sinceri, espressi al di fuori dei contesti accademici. Per capire il grande potere delle idee giuste: https://www.youtube.com/watch?v=KOe3spEHDfI.
Appendice sulla pace – Consiglio quattro istituzioni che operano nello studio e nella prevenzione dei conflitti nel mondo: https://www.prio.org (Peace Research Institute di Oslo); www.sipri.org (Stockholm International Peace Research Institute); https://fundforpeace.org (istituzione non governativa; https://www.pcr.uu.se/research/ucdp (The Uppsala Conflict Data Program). Dal 1975 al 2011 sono stati registrati 216 trattati di pace e 196 di questi accordi erano stati siglati da uno Stato e da un attore non statale (p. 51). Comunque bisogna ricordare che si può morire di fame e di malattia anche in tempo di pace, e che “le guerre non uccidono solo direttamente, sul campo di battaglia, ma anche in maniera indiretta” con la malnutrizione, la povertà e la malattia. Il Prof. Michael Freeman è uno studioso dei genocidi: https://www.jstor.org/stable/365879?seq=1. La questione interreligiosa è basilare in alcuni conflitti: www.pressenza.com/it/2016/10/metodo-gandhi-fanatismo-religioso. Il rispetto dei diritti umani è sempre basilare: https://www.hrw.org.
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