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Dalla banda larga alla Smart city: 25 anni di fallimenti digitali nella Regione Abruzzo

I dati più recenti lo confermano: l’Italia è ultima in Europa per la velocità della rete internet. Prestazioni paragonabili solo ad alcuni stati africani.
Questo ritardo delle infrastrutture digitali nazionali, però, non corrisponde ad un ritardo negli investimenti pubblici. Anzi, al contrario, i politici italiani, quando si è trattato di spendere soldi pubblici per “l’alta velocità” della rete sono sempre stati velocissimi. 
Solo i risultati tardano ancora ad arrivare. Quando, oggi, non riusciamo ad aprire e consultare velocemente le pagine del nostro Social Network preferito, in realtà tocchiamo con mano i risultati dell’inefficienza di quasi trent’anni di cattiva gestione delle risorse di fondi pubblici.

Allora, se volete capire perché, in certi giorni, la vostra pagina di Facebook o il vostro video preferito di YouTube non ne vogliono proprio sapere di caricarsi, vale la pena ripercorre velocemente i 25 anni di “fallimenti digitali” dei nostri amministratori.

Gli investimenti per realizzare la connessione veloce sono stati spesi. Ma come?

La Regione Abruzzo, ad esempio, è stata a dir poco pionieristica nello sperperare risorse per garantire ai cittadini una connessione alle reti informatiche.

Già dai primi anni Novanta, quando Internet era ancora in stato embrionale, nacque a L’Aquila la società privata “Abruzzo Informatica”, proprio con il compito di sviluppare soluzioni informatiche e risorse per “cablare tutti i comuni montani” in modo da creare una rete informatica dedicata ai servizi per gli Enti locali.

Ma già nel 1996, finiti i soldi dei finanziamenti europei, il Presidente Antonio Falconio si preoccupò principalmente di riassorbire i lavoratori di Abruzzo Informatica nell’organico del Servizio Informatico della Regione Abruzzo. Internet poteva aspettare, i “tengo famiglia” no.
Una piccola parte del personale qualificato finì così col ricoprire ruoli dirigenziali nel CED. Un’altra parte dei dipendenti assunti sempre con contratti privati, furono invece riassorbiti nelle segreterie delle commissioni del Consiglio regionale senza effettuare alcun concorso pubblico. Per una decina di anni divennero famosi come “precari” riconfermati di legislatura in legislatura, poi, diventati dei veri e propri “casi umani”, furono premurosamente stabilizzati con delle leggi ad hoc.

Invece, alla fine degli anni 90, quando internet era diventata ormai una solida realtà anche se ancora poco conosciuta al grande pubblico italiano, fu il Sindaco dell’Aquila Antonio Centi- sempre di centro sinistra- a sponsorizzare il progetto “Galileo” della Telecom per “portare la fibra ottica in città” e garantire collegamenti veloci. Di Galileo, quello che da tutti gli analisti è stato considerato l’ultimo grande regalo dello Stato alla Telecom ormai privatizzata, non se ne seppe più nulla se non per il fastidio dei lavori in corso per sventrare interi quartieri. Gli altri operatori di telecomunicazioni che nel frattempo erano entrati nel mercato, già vessati dal pagamento dell’utilizzo della dorsale telefonica della SIP, rimasta in dotazione della loro principale concorrente, aprirono dei contenziosi con la Telecom. Alla fine nessuno poté utilizzare la costosissima rete a fibra ottica “Galileo”, pena severe condanne dall’Unione Europea. web-speed

Era il 1999, e la maggior parte dei cittadini italiani ignorava cosa fosse una “chat” e ironizzava ancora sul termine “banda larga”. Lo scandalo, quindi, passò totalmente inosservato e le industrie del nucleo industriale di Bazzano (AQ), come quello di Sambuceto a Pescara, ancora oggi hanno difficoltà ad avere una linea di collegamento veloce con prestazioni professionali.

Nei primi anni 2000, la Regione Abruzzo lanciò di nuovo il progetto “per la cablatura dei comuni di montagna e garantire la copertura della rete internet anche nelle zone più remote della nostra splendida regione”. L’allora Presidente della Regione Abruzzo Giovanni Pace (questa volta di centro destra) fece nascere l’ARIT che, nei primi documenti ufficiali, si traduceva con: Agenzia Regionale per l’Informatica e le Telecomunicazioni. Ci vollero mesi perché “gli esperti informatici” si accorgessero che la Regione non poteva avere agenzie per le “telecomunicazioni” e quell’”IT”, che appariva continuamente sui bandi europei, in realtà era l’acronimo di Information Tecnologies.
Poco male, tanto “gli abruzzesi” anche in quel caso non si accorsero di nulla. Al contrario non passò inosservato e sollevò molte polemiche lo stipendio del presidente dell’ARIT: quasi dodici mila euro al mese per il presidente di un’agenzia regionale che non aveva ancora né sede né personale. Figuriamoci se poteva avere “la banda larga”.
 L’ARIT alla fine trovò sede sulla costa teramana. Ancora una volta decine di dipendenti assunti senza concorso, ma pagati con decine di milioni di euro provenienti dai finanziamenti europei per lo sviluppo della rete informatica e di progetti di e-democracy. Dei risultati ottenuti dall’ARIT in tutti questi anni, nessuno ne ha saputo più nulla. 

In compenso ai quattordici vincitori dei concorsi a tempo indeterminato per i profili tecnici sono state riconosciute, dal Giudice del lavoro, a titolo di risarcimento, 20 mensilità oltre all’assunzione.

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A metà degli anni 2000, di nuovo a L’Aquila, nacque finalmente la mitica Abruzzo Engeneering. Anche in questa occasione, la Regione Abruzzo puntò molto sulla nuova società mista pubblico-privata, dove i soldi erano pubblici e la gestione affidata ai referenti politici. Anche per il Presidente Ottaviano Del Turco (di centro sinistra) era “fondamentale sviluppare le infrastrutture per portare l’alta velocità in tutta la Regione”. Certo, come no! Anche questa volta, l’unico risultato ottenuto è stato quello di creare l’ennesimo carrozzone, perennemente in emergenza economica, del quale molti si interrogano dell’effettiva utilità o dei risultati raggiunti.

E intanto la connessione veloce rimane una chimera. Quando, ad esempio, si naviga su di un sito, il suo caricamento può essere rallentato solo da quel piccolo pulsante “Mi piace” di Facebook, che in realtà nasconde delle tecnologie molto avanzate.

Lo stesso sito del social network più diffuso in Italia non utilizza semplici “pagine” web. Facebook, infatti, sfrutta delle “applet”- microprogrammi potentissimi scritti per lo più in linguaggio Java- che a loro volta hanno bisogno di una connessione internet veloce e costante per sfruttare al massimo le proprie potenzialità e interscambiare migliaia di dati. E non solo Facebook ha bisogno di una rete veloce per funzionare correttamente. Anche i più recenti sistemi operativi istallati sui vostri computer danno per assodato che voi siate costantemente collegati con linee veloci. Sia l’ultima versione di Windows che di OS X, per chi usa un Mac o un iPhone, utilizzano servizi di “clouding” integrati che richiedono collegamenti ad Internet affidabili e veloci. Provate ad accendere il vostro portatile in qualsiasi alto Paese europeo e avrete l’impressione che lo stesso computer funzioni molto meglio. Non solo per l’apertura delle pagine web, per scaricare o caricare file, ma anche semplicemente nella fase di apertura del sistema operativo.

Ecco perché l’ Abruzzo, dopo 25 anni di investimenti finiti nel nulla e di altrettanti fallimenti digitali, è ultima in Europa per velocità della connessione internet. Ed ecco spiegato perché la vostra mail spesso tarda a partire o la pagina di FaceBook ad aprirsi.

Se è vero che in pochi avevano creduto che la maggior parte degli edifici del progetto "Case" avrebbe avuto il collegamento in fibra ottica per la navigazione in internet, come annunciato all’indomani del 6 aprile, oggi sono ancora meno quelli che aspettano la Smart City, ultimo anglicismo utilizzato per dragare fondi europei.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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