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Dalla Tunisia alla Siria: la Guerra Santa fra sesso e martiri

La Guerra Santa in Siria viene alimentata dai giovani tunisini, uomini e donne, che partono per sostenere i ribelli. Si tratta di ragazze che vengono arruolate per la "jihad al-nikah" o di uomini chiamati sul fronte. Il Governo tunisino dichiara di voler bloccare il fenomeno. 

Fa discutere in tutto il mondo la vicenda delle ragazze tunisine inviate in Siria per “sostenere” i ribelli con prestazioni sessuali. La “jihad al-nikah”, ovvero la “Guerra Santa del sesso” è un fenomeno del quale si è parlato diverse volte negli ultimi mesi, senza però che il governo tunisino facesse dichiarazioni ufficiali.

Lo scorso 19 settembre Lotfi Ben Jeddou, Ministro degli Interni, ha finalmente ammesso di fronte all'Assemblea Costituente l'esistenza di questo problema, sostenendo che il Governo si muoverà per far rientrare nel Paese le ragazze inviate in Siria. Si tratta di giovani, ha detto, che possono avere relazioni sessuali con «20, 30 o 100 jihadisti».

La “jihad al-nikah” è una sorta di contratto “matrimoniale” temporaneo che, secondo alcuni salafisti, rende leciti rapporti sessuali occasionali e multipli. Una sorta di prostituzione “halal” dove la donna non percepisce denaro, ma la promessa della salvezza della sua anima.

Il Governo per ora non ha fatto conoscere i numeri del fenomeno: si sa solamente che si tratta di giovani reclutate spesso in ambienti rurali e poveri, che vengono fatte uscire dal Paese passando per la Libia o per la Turchia. Qualche mese fa si parlava di qualche dozzina, qualcuno ipotizza migliaia. Più probabile diverse centinaia. Il problema della “jihad al-nikah” oltre che di carattere etico e politico, è anche sociale. Alcune ragazze – le prime già nel luglio scorso – sono rientrate in Tunisia incinte, alcune hanno già partorito. Chi si prenderà cura di questi bambini illeggitimi? Qualcuno a Ennahda si è già detto pronto ad adottarli

Intanto il Ministero per gli Affari femminili ha fatto sapere che partirà una campagna si sensibilizzazione rivolta alle donne per combattere il fenomeno della “jihad al-nikah”.

La Guerra Santa tout court

In più il fenomeno riguarda anche giovani uomini, che partono per andare a combattere – in questo caso veramente con le armi – la Guerra Santa in Siria. Si tratta di cifre preoccupanti: si stima che il 40% dei giovani arrivati dall'estero in Siria per combattere siano proprio tunisini (3500 persone), secondo un rapporto dell'Onu, finanziati con i soldi del Qatar. Il Governo intende ora limitare il fenomeno: Ben Jeddou ha affermato che negli ultimi mesi sono stati bloccati almeno 6mila giovani (ragazze e ragazzi), pronti a raggiungere la Siria. 

Questo fenomeno è stato alimentato da una propaganda che è passata attraverso alcune moschee, bar e tramite i social network negli ultimi due anni, da quando cioé è inziato il conflitto in Siria.

Jeune Afrique racconta che si tratta di false associazioni umanitarie che recrutano giovani grazie a fondi del Qatar e che si occupano di organizzare gli spostamenti. E girano anche cifre: 2000 euro per ogni combattente arruolato e 1000 euro al mese per ogni soldato. E un premio di 20mila euro versato alle famiglie in caso di decesso. Quindi un "lavoro rischioso", ma piuttosto ben pagato, adesione idologica o meno.

E quanto conta la politica?

Ahmed Manaï, presidente dell'Istituto tunisino di Relazioni Internazionali e membro degli Osservatori della Lega Araba in Siria racconta sempre a Jeune Afrique che a Tripoli, nel dicembre del 2011 si è tenuto un vertice a cui hanno partecipato Youssef al-Qaradawi, presidente del Consiglio europeo per la Ricerca e la Fatwa (una fondazione musulmana privata), Rached Ghannouchi, presidente di Ennahda, il siriano Borhane Ghalioune, Abdelhakim Belhaj del Partito Naziolale Libico e il ministro degli Esteri del Qatar. L'accordo? Proprio quello di armare la jihad in Siria, inviando rinforzi dalla Tunisia e dalla Libia. Ghannouchi, da parte sua, nega sia l'incontro, sia la sua partecipazione (l'esistenza di questo incontro non è stata finora confermata da nessun'altra fonte, Nda).

La risposta interna al terrorismo

A fine agosto il Governo di Tunisi ha classificato come “terrorista” (e di conseguenza dichiarato fuori legge) Ansar Al Chariaa, un'organizzazione politico-religiosa salafista legata (pare) ad Al-Qaida e che si ritiene coinvolta in questi "arruolamenti". 

Il nome significa “Partigiani della Sharia” e il suo capo Abou Iyadh (o Abu Jihad), è un veterano dell'Afghanistan che era schierato con i talebani già prima dell'11 settembre. Le autorità tunisine ritengono che Ansar Al Chariaa sia implicata negli omicidi di Chokri Belaid e Mohamed Brahmi, avvenuti a febbraio e luglio scorso.

Ricordiamo che l'opposizione tunisina ha sempre accusato il Governo in carica – retto dal Partito islamico Ennahda – di avere rapporti e/o relazioni con organizzazioni salafiste che potrebbero aver commesso l'omicidio e di intrattenere relazioni con organizzazioni e servizi di intelligence stranieri

Il Governo tunisino ha fatto sapere di avere trovato prove (armi e piani di operazioni di spionaggio) che legano l'organizzazione ad atti di terrorismo che sono avvenuti tra il 2012 e il 2013, tra cui anche gli omicidi politici sopracitati. In più ci sarebbero prove di traffico d'armi e progetti di colpi di Stato. Sono stati accertati anche i legami con Al Qaida. 

 

Foto: Freedom House/Flickr
 

 

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