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Dakota Access, le banche cominciano a ritirare i finanziamenti dall’oleodotto

Il Mese Globale di Azioni concentrato sulle banche che finanziano l’oleodotto Dakota Access è iniziato il 1° dicembre, ma in novembre i popoli indigeni hanno già ottenuto un’importante vittoria in Norvegia, dove due grandi investitori hanno deciso di ritirarsi dal progetto.

di Pressenza New York

Il 24 novembre l’Odin Fund Management, uno dei principali gestori di fondi del paese, ha annunciato di aver venduto azioni per un valore di 23.8 milioni di dollari, investite nelle compagnie dietro all’oleodotto, perché il progetto non corrispondeva ai forti standard etici dei suoi investimenti.

La notizia è arrivata dopo l’annuncio dato il 17 novembre dalla DNB, la maggiore banca norvegese, di aver deciso di vendere i suoi assets nel progetto dell’oleodotto e di riesaminare il prestito a esso collegato.

La decisione è stata presa dopo un incontro dei dirigenti della banca con Beaska Niillas, presidente dell’Associazione dei sámi norvegesi e sua moglie Sara Marielle Gaup Beaska, che avevano visitato Standing Rock. Gli attivisti hanno presentato un rapporto che documentava non solo le violazioni dei diritti umani e le leggi internazionali sui diritti umani infrante nel North Dakota, ma anche gli obblighi legali della banca e il suo ruolo in tali violazioni.

I sami, popolo indigeno che vive all’estremo nord dell’Europa e gli avvocati del campo di Standing Rock stanno lavorando insieme per indurre le istituzioni norvegesi a ritirarsi completamente dal progetto dell’oleodotto.

“Le istituzioni finanziarie dietro all’oleodotto si stanno rendendo conto che investire in compagnie pronte a ignorare la sovranità indigena e a distruggere le terre sacre e le riserve d’acqua dei nativi danneggia gli affari” ha commentato Mary Sweeters, portavoce di Greenpeace negli Stati Uniti.

Fonti:

http://www.truth-out.org/

http://www.ecowatch.com/

Questo articolo è stato pubblicato qui

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