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Da Garibaldi a Bossi una controversa visione della nostra storia risorgimentale

Allora si parlava di “Giovane Italia” oggi parliamo di “Povera Italia”.

"Ma quale Unità d’Italia?"Sono in corso i festeggiamenti per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia. A dire il vero stampa e TV non mi pare stiano dando quel doveroso servizio informativo in merito. La mia personale opinione è che grazie alla crescente spinta secessionista delle regioni del nord del nostro paese, visti anche gli ultimi risultati elettorali, lo stesso governo centrale pare abbia scelto una linea di basso profilo nell’enfatizzare una ricorrenza, che in altri stati, avrebbe fatto emergere quel sentimento se non proprio nazionalista, almeno quello dell’orgoglio patrio. In questa nostra benedetta Italia questi sentimenti pare siano stati depositati e forse dimenticati nel deposito bagagli di una sperduta stazioncina ferroviaria di provincia. Daltronde se autorevoli esponenti della politica italiana, dal consenso elettorale invidiabile, vedono nel tricolore solo uno strumento per pulirsi il sedere, o che si rifiutano di cantare l’inno nazionale, come possiamo parlare di Unità Nazionale? Ecco che oggi viene messa in discussione la storia. Si va alla ricerca di fatti, documenti, vecchie affermazioni che possano dimostrare come l’Unità d’Italia si poggia solo su artefatte ricostruzioni storiche, manipolate ad uso e consumo di interessi ben lontani dalle forme di eroismo e patriottismo decantati dai nostri libri di storia.
 
E’ in corso secondo me una pericolosa rivisitazione della nostro percorso storico, non più posto in essere da seri studiosi, bensì da improvvisati “storici” che traggono conclusioni solo per aver sentito, letto, o visto un documento la cui veridicità e validità in tanti casi è alquanto discutibile. Viviamo un momento in cui il livello culturale, soprattutto di coloro che hanno le redini e le sorti di questa nostra nazione si sono abbassate di molto, e quello che ritengo peggiore dei mali è l’arrogante prerogativa, che il ricoprire una eventuale carica pubblica, possa consentire di proferire in materia di storia e di cultura in genere, emettendo solenni giudizi sulla sua qualità e veridicità. Non metto in dubbio minimamente che la critica e la discussione e l’apporto di nuovi elementi aiuta ad approfondire tutte le argomentazione del nostro discernere, però che siano svolte sulla base di ricognizioni scientifiche, se si vorrà dare delle vere e proprie interpretazioni, altrimenti, per favore, cerchiamo di ricordarci ogni tanto che alcune delle doti più apprezzate, restano sempre l’umiltà e la capacità di riconoscere i propri limiti, soprattutto quando si desidera affrontare argomentazioni di così grande profilo storico culturale.

Un piccolo ma significativo esempio di quanto anzidetto è rappresentato dalla grande crescita delle prese di posizione nei confronti dell’eroismo di Garibaldi, che solo di recente, in questi ultimi decenni, è divenuto oggetto di aspre polemiche tra esponenti di vari orientamenti politici. Elementi che sino a qualche anno fa nessuno si sarebbe sognato di porre in discussione. La stessa storiografia classica consolidata lo indica come uno dei padri fondatori della Patria, un combattente per la libertà dei popoli, schivo e disinteressato ad onori e denari. Adesso è caparbiamente odiato sia dai nostalgici del regime borbonico e del Regno delle Due Sicilie, sia dai secessionisti e federalisti del Nord, ai quali secondo me, un piccolo ripasso di storia non guasterebbe. I nostalgici borbonici ritengono l’eroe dei due mondi, il generale responsabile di aver fatto cadere un regno, che per quanto non privo di problemi ed imperfezioni, sapeva garantire un certo controllo delle attività malavitose che caratterizzano ancor oggi le regioni del Sud, non dimenticando di citare, con giustificato orgoglio meridionale, dello sviluppo economico che proprio in questo vituperato Sud pare sia stato alquanto florido in quegli anni . 

Per gli esponenti secessionisti federalisti, invece, Garibaldi fu una vera “disgrazia” in quanto unì la parte più industriosa ed evoluta, che a lor parere era il nord, a quella del Sud, che altro non era che una palla al piede per il progresso delle regioni del nord. Si evidenzia così una spaccatura nel paese, che con il passare del tempo sta assumendo proporzioni inaccettabili, soprattutto per la scarsa attenzione riposta al degrado derivante da una coesione sociale sempre più fragile. Ritengo che la politica, anche in questo caso, non ha saputo assumersi le proprie responsabilità, proprio perché qualunquista, opportunista e priva di seri ideali, diversi da quelli di tirare acqua per il proprio mulino a dispregio ed indifferenza dell’unione nazionale. In questi giorni, e mi scuso se sembrerò irriverente, ascoltando il Presidente della Repubblica, parlare di Unità d’Italia, mi è ha dato l’impressione di ascoltare una voce stonata, fuori dal coro, passata se non inosservata, quanto meno ascoltata con superficiale attenzione. Sicuramente condividiamo l’amarezza e la delusione storica e politica dei tempi che stiamo vivendo, però un piccolo sfogo, ci deve essere consentito. Gentile Presidente, quando un esponente di governo fa affermazioni che feriscono profondamente l’italianità dei suoi cittadini, quando altri cittadini, anch’essi italiani che hanno giurato sulla Costituzione Italiana (sino a prova contraria) usano comportamenti e dichiarazioni di spregio verso altre genti, comunque e sempre Italiani (noti la I maiuscola), io avrei desiderato sentir tuonare la sua voce, indicare e condannare con fermezza questi inqualificabili atteggiamenti, non per punire questi che potremmo definire “simpatici cialtroni ignoranti” quanto per riconoscere e rinsaldare quella necessaria credibilità di appartenenza ad una tradizione culturale, sociale ed umana di tutti gli italiani che ancora, malgrado la presenza di idee di secessione, si riconoscono e si identificano nel tricolore e nell’inno di Mameli. 

E’ veramente avvilente pensare che 150’anni fa vi era una “Giovani Italia” e che oggi, nonostante sia passato un secolo e mezzo non sia ancora matura, anzi le condizioni sono tali da definirla una “Povera Italia”.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.41) 24 luglio 2010 19:59

    Credo che ogni storia sia ricordata funzionalmente alle cose contingenti.
    Ognuno apprezza o disprezza un fatto ricordato perchè gli dà forza o lo svilisce nelle azioni da intraprendere.
    Non credo nelle Grandi Narrazioni scolpite definitivamente.
    Credo nella quotidiana mutevolezza delle esigenze e delle interpretazioni.
    Garibaldi lavorò come trasportare (commerciante?) di schiavi cinesi perso il Perù. Ciò lo ha squalificato per sempre, oppure si può credere alla sua successiva conversione in "liberatore di popoli".
    Sarebbe stato peggio, secondo la morale di oggi, che avesse iniziato con la "liberazione" e avesse finito con lo schiavismo.
    Certo però che festeggiare una guerra non è molto esaltante, dato che nel mondo di oggi tanti ancora chiedono la "liberazione" anche con i fucili...
    La recente sentenza della Corte internazione di Giustizia riguardante il Kossovo esalta l’inattualità della guerra come modalità di liberazione, per esaltare la volontà popolare.
    Gli stati hanno anche gli strumenti per manipolare le opinioni pubbliche, nonchè di creare storie per proprio uso e consumo.
    Vedasi Turchia che non riconosce il fatto dello sterminio armeno....
    Insomma la stroria è come un romanzo bello ed esaltante se ci piace, altrimenti è noiosa ed insopportabile.
    Gli storici fanno del loro meglio per spiegarci scientificamente come sono andate realmente le cose.

    • Di Pompeo Maritati (---.---.---.238) 24 luglio 2010 21:28
      Pompeo Maritati

      Condivido pienamente il tuo articolo.

      Solo sull’ultimo punto mi permetto di dissentire e cioè quando dici "Gli storici fanno del loro meglio per spiegarci scientificamente come sono andate realmente le cose." in quanto la ricostruzione scientifica, in qualche caso, pare non essere stata aderente alla realtà.

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