• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

DEUX

Woody Allen l'ha mai capito che un film è fatto anche di silenzi, pure essi descrittivi e didascalici, silenzi ed espressioni di visi ricchi di emozioni, fatto di riflessione, da lasciare spazio allo spettatore di pensarci, digerire le scene, vivere dentro sé il cinema?

Così mi dicevo dopo la visione di Rifkin's Festival, ma buone sorprese arrivano frequentando le sale cinematografiche, anche facendo a meno di pop-corn o visioni in streaming da computer, dunque non da soli ma con altra gente che palpita accanto a noi. E così...”spengono le luci, tacciono le voci e nel buio...” ti lasci prendere da emozioni, sguardi degli attori e silenzi. Questo è il caso di DEUX, film mostrato in anteprima in una perla di cinema a Treviso, l'Edera, alla presenza del regista, giovane 42enne padovano trasferitosi in Francia dieci anni fa. L'opera è il suo debutto, non passato inosservato a premi e menzioni.

Gli sguardi e le espressioni sono di Martine Chevallier e Barbara Sukowa, indimenticata mamma-terrorista in Anni di piombo di Margarethe von Trotta, anno 1981, sulla “banda” Baader-Meinhof. Le due sono anziane vicine di casa in un condominio parigino, dirimpettaie all'ultimo piano, dal fare segreto e riservato. Già le scene iniziali sfocate ci descrivono quale rapporto le lega, è affetto, amore, compagnia, “e tutto il mondo fuori”: fuori restano i sospetti di altra gente su questa relazione, fino a che i bisogni dell'età e il ricovero coatto in una casa di riposo di Martine, voluto da sua figlia (la sempre brava Léa Drucker) fa emergere l'avversità esterna verso questo tipo di relazione. La “paura” o il “disturbo” che una relazione non convenzionale provoca, mandano fuori controllo i comportamenti esterni, e provoca sofferenza alle interessate. Perché si vuole essere contro questo affetto?

Tranquille però le spettatrici e gli spettatori, che parteggiano sicuramente per le due, finirà bene, e Martine e Barbara ballerano sole ancora una volta la loro canzone in quell'ultimo piano che gli appartiene, canzone non a caso italiana (forse per le origini del regista): “Tu vivrai con me su un'isola fantastica” (Betty Curtis, 1966!!!), un mondo nuovo, senza le frontiere del perbenismo. Stellare Barbara Sukowa, che ha la parte più operativa delle due, e Martine Chevallier immobile per esigenze sceniche ma fortemente espressiva, una recita eccelsa. Avrà capito Woody Allen che non deve far la telecronaca di ogni suo film?

 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità