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Crisi: tagliate responsabilmente!

Il direttore del Dipartimento Affari Fiscali del Fondo Monetario Internazionale, Carlo Cottarelli, si dice preoccupato per l’eccesso di stretta fiscale in atto nei paesi sviluppati. Si conferma che l’istituzione di Washington ha completato la propria inversione ad U sulla politica fiscale, passando in pochi mesi dalla sollecitazione all’austerità all’invito a non esagerare. Viviamo tempi decisamente interessanti.

Cottarelli, che in patria ha avuto un quarto d’ora di popolarità, suo malgrado, a causa di uno spettacolare svarione della nostra stampa, ha scritto sul sito di policy Voxeu che il FMI stima un calo del rapporto deficit-Pil, nel 2011 e 2012 di ben due punti percentuali per la media dei paesi sviluppati, mentre per l’Eurozona questo rapporto sale addirittura a tre punti percentuali. Una stretta fiscale mozzafiato, che rischia di innescare una recessione largamente autoinflitta. E quindi, dopo le prese di posizione di Christine Lagarde e del capoeconomista Olivier Blanchard, si conferma che il FMI sta reiterando l’invito a non pestare troppo sul freno fiscale, malgrado il vertiginoso aumento di indebitamento pubblico dei paesi sviluppati negli ultimi anni. Scrive infatti Cottarelli:

«In un contesto di crescita ragionevolmente buona, il passo [corrente] di aggiustamento andrebbe bene, ma nell’attuale ambiente macroeconomico più debole, ridurre rapidamente i deficit potrebbe porre un rischio per la ripresa economica»

Chiarissimo, no? Se non è possibile creare crescita attraverso deficit spending esplicito, si può almeno tentare di frenare il consolidamento, magari legando i piani di rientro al rapporto deficit-Pil corretto per il ciclo economico, e approfittare del buonumore dei mercati, galvanizzati dalla eccezionale fornitura di liquidità delle banche centrali. Si ripropone, quindi, l’antico mantra degli economisti da qualcuno bizzarramente definiti “keynesiani” (perché serve sempre una etichetta da affibbiare a qualcuno, sennò ci sentiamo smarriti), secondo i quali, in un contesto di deflazione di debito, adottare un piano di rientro rapido e violento da deficit e debito è purissimo autolesionismo. Resta da chiedersi come abbia fatto il FMi (e l’Ocse, per quello che può valere) ad invocare lo scorso anno una stretta fiscale in presenza di un miglioramento congiunturale che in larga misura era frutto degli stimoli fiscali precedenti.

Date le premesse, e pur ammettendo che le prescrizioni di politica economica sono del tutto contingenti agli stati del mondo, c’è comunque di che essere preoccupati per questi svarioni diagnostici. Ottant’anni sembrano passati invano, dai ruggenti anni Trenta di Herbert Hoover.

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