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Criptovalute | L’oro digitale si comporta come tale

La Fed ha fretta di alzare i tassi, pare. Le quotazioni delle criptovalute si comportano come da previsione, data la loro natura prevalente e percepita

 

Inizio anno piuttosto turbolento, sui mercati finanziari. Le minute della riunione di metà dicembre della Federal Reserve hanno dato l’impressione di una reazione non diciamo panicata ma piuttosto ansiosa all’andamento dei prezzi. Accantonato il meme della transitorietà delle pressioni inflazionistiche, ora la Fed si accinge a terminare a fine marzo gli acquisti di titoli di stato e obbligazioni ipotecarie, e avviare a stretto giro il ciclo restrittivo di politica monetaria. Forse.

Leggendo le minute della riunione di metà dicembre, è difficile sfuggire alla sensazione che ci sia nervosismo e timore che la situazione inflazionistica rischi di sfuggire di mano. Oltre all’inizio del rialzo dei tassi, ora il board si concentra anche sulla dimensione del bilancio della Fed:

Alcuni partecipanti hanno anche osservato che potrebbe essere appropriato iniziare a ridurre la dimensione del bilancio della Federal Reserve relativamente presto dopo l’inizio degli aumenti del tasso sui fondi federali.

In alto i rendimenti

Come che sia, i mercati hanno reagito con un ulteriore aumento dei rendimenti, dopo quello dei giorni precedenti. Naturale conseguenza: la sofferenza dei titoli tecnologici, molti dei quali sono in essenza grandi promesse di utili futuri e certezze di perdite odierne. Al crescere dei rendimenti di mercato, che sono la base del tasso di sconto al quale tali promesse vengono attualizzate, il valore delle azioni si riduce, spesso in modo drastico. Banale matematica finanziaria, applicata all’altrettanto semplice modello di crescita di Gordon. Calcoli da tovagliolo di ristorante, in pratica, ma sempre utili.

Ovviamente, non tutti i titoli tecnologici sono promesse di utili futuri. I cosiddetti FAANG (e Microsoft) sono macchine di liquidità, e come tali dovrebbero soffrire meno il rialzo dei rendimenti.

Il rialzo dei rendimenti di mercato ha dato fiato a un trade di cui si parla da tempo immemore, e che ogni volta si rende protagonista di false partenze e ustioni serie a chi tenta di cavalcarlo: quello dei cosiddetti titoli value, opposti a quelli growth. I primi sono quelli che scambiano a prezzi ritenuti inferiori ai fondamentali e hanno come caratteristiche comuni un elevato (e sostenibile) dividendo e bassi multipli, in termini di rapporto tra prezzo e valore contabile (price-to-book) e fra prezzo e utili (price-to-earnings).

Value contro Growth

Nel corso degli ultimi anni le azioni value sono state protagoniste di numerose false partenze. Tra i titoli considerati value ci sono quelli ciclici, cioè gli industriali, e i finanziari, segnatamente le banche, che per la regola del pollice dovrebbero trarre beneficio dalla crescita economica e dal rialzo dei tassi da essa prodotta. Sono tassonomie mutevoli e legate anche all’evoluzione dei settori coinvolti.

In questi giorni di inizio anno vediamo in effetti l’ennesima rivincita, non sappiamo quanto effimera, delle azioni value contro le growth, rappresentate soprattutto dai titoli tecnologici. A dirla tutta, questa dinamica appare anche una scommessa sul fatto che la variante Omicron non deraglierà la crescita.

Nel frattempo, gli osservatori di mercato hanno osservato l’andamento delle criptovalute e scoperto alcune correlazioni banali, col senno di poi. Ad esempio, l’andamento di bitcoin e affini appare correlato a quello dei titoli tecnologici. Incredibile, vero? Chi l’avrebbe mai detto?

Criptovalute: un po’ warrant, un po’ oro

Forse perché, dal punto di vista industriale, le criptovalute sono una promessa di utili futuri da applicazioni (ad esempio la Decentralized Finance, DeFi) e come tali tendono a essere penalizzate al crescere dei rendimenti di mercato. Ricordate, il prezzo è il valore attuale dei flussi di utili futuri. Quanto più remoti sono tali flussi attesi, tanto più il prezzo si abbatte al crescere del tasso di sconto applicato.

Questa è una lettura razionale, che assegna alle criptovalute il ruolo di vettori e moneta di scambio (token) di nuove tecnologie. Poi c’è quella che considera le cripto come mezzo di protezione contro l’inflazione. Qui siamo in un ambito più fideistico, nel senso che il valore è negli occhi di chi guarda e compra, come ho già scritto in passato.

Ma è interessante osservare come le quotazioni di bitcoin e affini mostrino di soffrire al crescere dei rendimenti reali di mercato. Cioè a quelli espressi al netto dell’inflazione, corrente e attesa. Esattamente come i titoli obbligazionari legati all’inflazione e come l’oro, la forma antica e collettivamente riconosciuta di protezione dall’inflazione. Oro che, quando i rendimenti reali aumentano, perde valore. Il motivo è intuitivo: rendimenti reali in aumento sono destinati a frenare l’attività economica e l’inflazione, e quindi a rendere meno necessaria la presenza dell’oro nei portafogli.

Come andrà a finire, per bitcoin & compagnia? Lo scopriremo solo vivendo, come sempre. Diciamo che queste correlazioni emergenti sembrano confermare le teorie che vedono le criptovalute come un warrant (agli steroidi) su flussi di utili futuri e promessi, e come una copertura dall’inflazione, cioè sarebbero il cosiddetto “oro digitale”. In tal caso, con rendimenti reali in aumento, non la vedo benissimo. Ma forse, nel frattempo, il flusso di utili prodotti dalle applicazioni potrebbe gonfiarsi e ravvicinarsi nel tempo.

Previsioni e oroscopi

La prima ipotesi (warrant sulle applicazioni sottostanti) mi suona molto razionale, la seconda è frutto di quello che la maggioranza degli investitori ha “comprato” assieme alle criptovalute, la cosiddetta value proposition. E come tale è soggettiva: la soggettività delle masse e della maggioranza. Che fa autoavverare le profezie, peraltro.

Per tutto il resto, ci sono alcuni personaggi che si travestono da astrologi e giocano col futuro dei propri concittadini:

Bukele Predictions 2022

FULL DISCLOSURE: il vostro titolare possiede un micro portafoglio di criptovalute, rappresentato dalle sei maggiori per capitalizzazione, ed equiponderato; sono esclusi ovviamente gli stablecoin. Tale portafoglio è gestito da un trading bot che attua riallineamenti tra le sei criptovalute in presenza di scostamenti rilevanti tra i prezzi rispetto all’equiponderazione.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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