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Costruire per non ricostruire (parte seconda)

La prima parte è qui

Dato l’imperante decisionismo di facciata, quando con l’elmo protettivo del soccorritore, quando in veste di partigiano o di “seduttore”, il Gran Maestro Cazzuola considerò come intralci da eliminare ogni contributo delle Amministrazioni locali, della ricerca culturale e delle colte competenze specialistiche. Affidando i pieni poteri al Suo Commissario, il problema della “ri-costruzione” fu affrontato solo su basi rigidamente politico-economiche, organizzative, di mera tecnica costruttiva. Tutto quanto venne militarizzato e sempre platealmente orientato a conseguire risultati carismatici e/o elettorali. Cercando solo l’esito complessivo ad effetto, B&B denigrarono tutti i precedenti interventi post terremoto, cioè tanto le negative, con baraccopoli decennali, quanto quelle positive sia per corale e civica partecipazione sia per risultati ottenuti). New town doveva essere e new town sarà, prima per 15 sfollati, indi per gli universitari, come suggerì il senatore, campano, Stracquadanio.

 
Con un programma da realizzare in tempi ristrettissimi, per attuare le innovative soluzioni “riabitative” pro sfollati, la Protezione civile dell’ex-medico Bertolaso s’avvale della consulenza del Consorzio ForC.A.S.E. (costituito fondendo Eucentre di Pavia con I.C.O.P.spa di Udine e Damiani Costruzioni srl di Villanterio, Pavia). Senza concorso pubblico e senza consultare le pagine gialle, a braccio destro della “ri-costruzione”, Bertolaso volle Gian Michele Calvi, con lui medesimo nel Consiglio d’amministrazione di Eucentre. Indi, il Commissario s’avvalse anche della collaborazione di Mauro Dolce e di Bernardo de Bernardinis, già membri del comitato scientifico di Eucentre. Così, l’ing. Calvi cura il Progetto C.A.S.E. ed il prof. De Bernardinis s’occupa dell’installazione dei M.A.P.. Intanto, il Consorzio Edile gruppo Bison di Venezia (in Ati con G.D.R.M. di Milano), la Veneta Reti srl di Loreggia (Padova), la Sacaim spa di Venezia, la Cordioli spa di Verona e la Zoppoli Pulcher spa del Nord-Est s’aggiudicano buona parte dei primi appalti (95 milioni di euro) del Progetto c.a.s.e.. Tra queste padane, l’eugubina Colabeton spa (controllata da Colacem spa del Gruppo Financo, della famiglia Colaivacovo) s’aggiudica i tre lotti della fornitura d’un calcestruzzo autocompattante (SCC Self Compacting Concrete) in quanto realizzabile, oltre che negli impianti nordici del Gruppo Financo, finanche in quelli di Coppito-Bazzano, presso L’Aquila.
 
Forse, ai non addetti ai lavori sfuggirà questo dato: il consumo italico di CLS (calcestruzzo o cemento o beton o concrete) nel 2004 era pari a 76.757.000 t.; nel 2006 scese a 76.602.000 t. e nel 2007 calò a sole 75.224.000 tonnellate. Per la ripresa del settore, nei convegni dell’AITEC (l’associazione dei cementificatori italiani), si disse che occorreva orientarsi a produrre e, quindi, a “gettare” o “colare” proprio questi calcestruzzi di qualità, adatti a sopportare i carichi elevati agenti sulle grandi infrastrutture autostradali. Tra questi benemeriti, c’erano anche i Colaivacovo?
 
Per una “ripresina” del settore, non potendo certo proporre un ponte tra San Benedetto del Tronto e Sibenik, ovvero per stare con i piedi in terra, immantinente attorno a L’Aquila si cantierano le famose piattaforme antisismiche, cioè i volumi interrati delle case del C.A.S.E.. Ogni piattaforma dev’essere costituita da 2 solettoni sovrapposti in calcestruzzo, spessi 50 cm. l’uno ed iper-armati, ovvero con una quantità inverosimile di ferro al loro interno. Il solettone di base, adagiato sul terreno, viene congiunto a quello di copertura tramite 40 giganteschi cilindri d’acciaio (base ø 80 cm., come un tavolo per quattro), disposti in fila per quattro. Sui capitelli di queste erculee colonne della Edimo spa viene collocato uno speciale isolatore antisismico capace di lasciar traslare orizzontalmente la struttura soprastante, anche per un’ampiezza di 26 centimetri.

 
L’arch. Pietro Barucci considera che trattasi di “una sorta di suolo artificiale infinitamente rigido su cui è impostato un complesso edilizio in elevazione a tre piani, progettato e costruito con metodi speditivi, ‘a secco’, con struttura metallica, sistema secondario di tamponamento in pannelli leggeri in legno-derivati e materiali sintetici di coibentazione e con largo impiego di cartongesso nelle tramezzature e finiture interne”. Per Lucia Tozzi,” il gigantismo di questi elementi, che potrebbero reggere ben altro che snelli fabbricati di tre piani, si spiega probabilmente con l’enorme potenza simbolica che emanano: sono le fondamenta solide destinate a proteggere i sonni postraumatici, ma fungono anche da garage per 36 posti auto, stabiliscono la dimensione dell’edificio tipo, sono il modulo base per la sistemazione urbanistica e il perno della tempistica e del sistema degli appalti”. Comunque, dice ancora Barucci, “Un intervento che stupisce per la forte incoerenza fra i due tipi di manufatto: permanente e invasiva la base cementizia, semiprecaria la parte in elevazione. Complesso che, malgrado il carattere transitorio assegnato alle abitazioni, è responsabile di un forte e definitivo impatto ambientale dovuto appunto alla massiccia piattaforma antisismica sottostante, probabilmente sovra-dimensionata rispetto agli sforzi che deve assorbire. E che colpisce per il costo complessivo, più che doppio rispetto a quello di una normale edilizia residenziale pubblica, eseguita nel rispetto della normativa antisismica vigente”.
 
Le immagini denotano che Barocci e Tozzi, da diversi punti di vista, hanno valutato adeguatamente le ciclopiche strutture che costano 676 mila € l’una. In fila indiana, formerebbero un nastro largo 20 metri e lungo 8,4 km., ovvero coprono un’area di 180 mila metri quadri, ma per Tozzi sono “rivoluzionarie“ in quanto “hanno permesso alle imprese di concorrere sulla base di un singolo modello di casa, indipendentemente dal sito, dall’orografia” e dalle quantità aggiudicate nella gara d’appalto”. Così appare. 

Kurt Schoepfer che, con 170-180 operai del Nord-Italia, su queste piattaforme (o panche) sta posando le case della Wolf Haus spa (aggiudicataria di 100 appartamenti, in 4 edifici a 3 piani), giudica la struttura in legno Wolf essere già di per sé antisismica, anche se posata sulla terra. Tuttavia, e senza dar retta al geologo F. Cavazzana (autore d’un resoconto apparso su La Stampa con il titolo “Case antisismiche su terreni inadatti”), gli abitanti della new town di B&B staranno ben più sicuri con 180 mila metri cubi di calcestruzzo “gettato” sotto (i piedi) gli alloggi. Certamente “invidioso” e comunista deve essere considerato colui che, in un blog per ingegneri e costruttori, sconsideratamente scrisse: ”Sopra la panca la capra campa, sotto la panca …”. [continua]

[N.B.: Alcuni nomi propri sono inventati e, pertanto, ogni riferimento a persone reali è puramente casuale.]

Commenti all'articolo

  • Di Massimo (---.---.---.131) 30 agosto 2009 02:28

    Non capisco. Forse l’autore sostiene che si potevano fare case sicure e nei previsti brevissimi tempi in modo più rapido e con minori costi ?
    Può essere, certamente, ma quando si critica bisogna essere più documentati e sentire anche le ragioni di chi ha dovuto fare, perchè investito di una responsabilità istituzionale.
    Se no, siamo di fronte alla solita demagogia prevenuta.
    E quindi inutile

    • Di Luciano B. L. (---.---.---.48) 30 agosto 2009 08:58

      Per comprendere meglio la questione, si potrebbe leggere anche la prima parte ed attendere la terza (in cantiere). In primis, vi sostengo che, quando per qualsiasi ragione, si opera in modo antidemocratico, la "ragione" è solo di chi comanda e, nel caso specifico, già illustrata a iosa sulla quasi totalità dei giornali e delle televisioni. La documentazione dell’articolo è, prevalentemente, quella ufficiale pubblicata dalla Protezione civile.
      Cmq, non ho certo inteso fare la "solita prevenuta demagogia" ma, dinnanzi alla "consueta bendisposta propaganda", avviare un dibattito franco sui fatti più o meno noti. Pertanto ringrazio il sig. Massimo per averlo iniziato.

  • Di grillo 2009 (---.---.---.91) 31 agosto 2009 00:47

     la domanda che sorge spontanea, a chi giova l’intervento della FINTECNA di Roma che mi pareva, senon ricordo male, in liquidazione, per l’accoglimento delle domande di contributo per la ricostruzione in appoggio al comune? Cialente è stato costretto ad accettare questa intromissione? Pensate che tale azienda si occuperà solo delle domande?

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