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Corte Grande del Palladio. La villa invisibile?

“Villa Serego detta Corte Grande” nel censimento dei “Luoghi del cuore 2012” a cura del FAI (Fondo Ambiente Italiano) ha ottenuto 10.920 voti.

La Corte di Veronella si è classificata 19° a livello nazionale e 3° in Veneto. Un plebiscito che dimostra il sostegno dei paesi limitrofi, dei comuni vicentini, padovani, di cittadini emigrati all’estero e dello speciale testimonial, Giovanni Rana, che lì è vissuto da bambino. Tutti impegnati a salvare un’opera veronese del Palladio, un architetto patrimonio dell’umanità.

Corte Grande ha una storia molto antica, che inizia a Vicenza, con il condottiero Riprando Marassi

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Alcuni componenti il Comitato Salviamo Corte Grande

I MARASSI DI SEREGO

La storia della famiglia la scrive il prof. Guerrino Maccagnan nel libro “Il secolo di Carlo V”. Nel 936 Riprando Marassi, valoroso condottiero di origine germanica, vinse un torneo di cavalieri nella Marca di Treviso. Per gli storici egli sarebbe il capostipite della famiglia Serego, vissuto nei pressi di Santa Corona a Vicenza e proprietario di terreni nei dintorni del paese vicentino di Sarego.

Il suo discendente Ottone Marassi fu proclamato “conte feudatario” dall’imperatore Enrico V di passaggio a Vicenza nel 1116. I conti di Serego furono scacciati da Vicenza nel 1256 da Ezzelino da Romano, ma dopo la sconfitta del tiranno nel 1259, rientrarono in possesso dei loro beni.

Figura molto importante della famiglia fu Cortesia, nato nel 1335, che dopo una brillante carriera militare divenne capitano di milizia e in tale veste, nel 1375 lasciò Vicenza per mettersi al servizio degli Scaligeri. Nel 1380 Cortesia sposò Giacoma Bevilacqua Lazise, sorellastra di Antonio della Scala da parte di madre, Margherita Pitati. L’anno successivo, per le sue benemerenze in campo militare, a Cortesia vennero intestati 1640 beni immobili nei territori vicentini di Grancona, San Germano dei Berici, Villa del Ferro, Dueville e Bolzano Vicentino. Nel 1382, “per i meriti avuti e che sperava di avere ancora in futuro” da Cortesia, lo Scaligero gli fece dono di Meledo e tanti territori veronesi, tra cui Cucca (antico nome di Veronella). 

Con il passare dei secoli il cognome Marassi fu perso e rimase “di Serego”, modificato in “Sarego”, nella forma dialettale.

La Cucca ebbe il suo massimo splendore nella “Corte Grande”, che fu luogo di ritrovo di letterati ed artisti ed ospitò nei giorni del 4-5 novembre 1532 l’imperatore Carlo V, sul cui impero “non tramontava mai il sole”.

VILLA SEREGO DETTA CORTE GRANDE

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Corte Grande di Veronella - foto aerea

Sulla Villa dei conti Serego a Veronella hanno scritto insigni storici come Giuseppe F. Viviani e Lionello Puppi. Viviani nel volume “La villa nel veronese” la descrive come la principale delle residenze Serego nella Bassa e che ancora a fine XX secolo costituiva un vero e proprio feudo, di oltre 4000 campi coltivati a riso e cereali.

Il palazzo è in gran parte formato dai resti di un castello medioevale, a cui è addossato un edificio del 1700 che divide in due grandi cortili il complesso dei rustici: aie, barchesse, stalle e magazzini.

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Il palazzo della Corte

Puppi nel libro “Andrea Palladio” riporta alcune referenze d’archivio che provano l’impegno del Palladio per Federico di Serego.

Gli studi più recenti sono del prof. Giulio Zavatta dell’Università di Ca' Foscari - Venezia, che li ha illustrati in più convegni: “Quelle di Corte Grande sono pietre che parlano” spiega Zavatta “Nel 1564, il 23 agosto, Federico Sarego paga Andrea Palladio per avere rivisto il disegno della fabbrica della Cucca. Anche Annibale Sarego, conte a Miega di Veronella, pagò il Palladio per il progetto di una villa, non realizzato, ma documentato nei “Quattro libri dell’architettura”. Nel 1565 venne stilata una lista di legnami da costruzione provenienti da Verona e diretti a Cucca per le capriate lignee: si era arrivati al tetto delle barchesse, secondo un modello che il Palladio usò per una coeva fabbrica a Brescia. Sempre nel 1565 abbiamo una lettera di Antonio Maria Serego che attesta che Palladio è partito da Venezia per arrivare a Cucca”.

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Crollano le capriate del Palladio

Il rapporto fra i conti veronesi e il Palladio si interruppe, con motivazioni poco chiare: “I lavori delle barchesse procedettero fino a 23 archi, ma nel 1567 si fermarono. I Serego poi incaricarono il Palladio di progettare una villa a Cucca: il conte Federico chiese il disegno della pianta e poi gli commissionò anche il prospetto” – spiega Zavatta. “L’architetto fornisce il disegno della pianta, ma i Sarego non sono soddisfatti, per loro il Palladio ha lavorato alla “nicolota” e l’affare sembra si chiuda. Tramite Giovanni Paolo Porto, nobile vicentino, il Palladio rispose ribadendo che il progetto “è fatto in quel modo che si conviene e che non sapia come farlo altrimenti”. Così il 7 settembre 1570 Palladio tornò alla Cucca per parlare della fabbrica, visto che i Sarego non si decidevano su cosa costruire. I Sarego risposero sostenendo che erano le maestranze del cantiere a non capire il progetto palladiano, e il grande architetto, forse stufo di tanti tentennamenti lasciò l’incarico. Ma la documentazione raccolta dimostra chiaramente la sua opera a Cucca, per cui possiamo dire che le barchesse di Corte Grande sono inequivocabilmente un lavoro del Palladio in terra veronese. Un’ulteriore prova è una mappa dell’Archivio di Stato di Venezia, disegnata nel 1572 da Galesi e Brugnoli: dai dettagli della mappa emerge il muro di cinta della Cucca, sia della Corte che del brolo, era sormontato da un coronamento di merli con delle palle in pietra. Identico a quello realizzato a Fratta Polesine, per la famosa Villa Badoer, che è attestato anche in un disegno di uno dei figli di Palladio conservato a Londra”.

Palladio abbondonò Cucca all’oblio: nel 1570 vennero dati alle stampe i “Quattro libri”, ma della villa e delle barchesse di Corte Grande non lasciò traccia. Magari per dispetto ai Serego. Per molti secoli delle barchesse palladiane alla Cucca non se ne seppe più nulla, finché furono riscoperte, fotografate e pubblicate nel 1908 dallo storico bavarese Fritz Burger.

PALLADIO E VERONA 

“Andrea Palladio e Verona. Committenti, progetti, opere” è il volume che raccoglie le ricerche del prof. Zavatta: “I siti su cui insistono gli interventi palladiani nel colognese vanno visti all’interno di un più vasto e coerente territorio che comprende anche le ville di Montagnana, Bagnolo e Pojana. Pertanto gli interventi di Andrea Palladio nel colognese vengono messi in relazione con alcune sue ville che si trovano a poca distanza da Cucca e Miega, ampliando l’orizzonte tradizionale non solo ai casi berici. La Corte Grande di Veronella è da qualche anno al centro dell’attenzione per il pericolo di crollo, in particolare delle barchesse del Palladio, tanto che si può prospettare la donazione delle stesse ad un Ente pubblico, affinché sia possibile ottenere dei finanziamenti e intervenire” dichiara lo studioso.

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Corte Grande retro - i crolli

Nel 2016, a lezione in Veronella, venne il CISA Palladio Museum di Vicenza, il centro deputato agli studi palladiani, con molti allievi e appassionati del Palladio provenienti da Italia, Spagna, Grecia, Svizzera e USA. E’ stato molto critico il compianto prof. Lionello Puppi, il più grande studioso palladiano del XX secolo, nei confronti del CISA: “Dagli studi di Zavatta emerge che il Palladio si può ancora studiare, cercare, capire. Per conoscere le architetture del Palladio bisogna andare sui territori: egli si misurava col sito, costruiva un rapporto fra la sua intuizione e la realtà urbana e territoriale che lo circondava. Un rapporto che si abbelliva attraverso una spazialità aperta, di luce, di colore, in continuo dialogo tra spazi interni ed esterni. Palladio va visto nella sua integrità di grande artista veneto”.

CORTE GRANDE DI NUOVO INVISIBILE?

Sono passati quasi 10 anni da quando con la raccolta firme per il FAI, Corte Grande di Veronella si impose all’attenzione dell’opinione pubblica. Nulla è cambiato riguardo le sue disastrose condizioni statiche e di conservazione, ancora abbandonata a sé stessa. Ma l’interesse della gente comune non è scemato: sta per laurearsi con una tesi sulle strutture delle barchesse una studentessa di Legnago, che dice “ogni volta che torno mi sembra di vedere la Corte rimpicciolirsi sempre più…”; a fine gennaio su un’emittente locale è andato in onda un servizio sul sito palladiano, illustrato dai componenti del Comitato, ma anche da persone provenienti da paesi vicini: l’artista Maffeo d’Arcole che nella Corte a fine 1900 ha tenuto lezioni di pittura e performance teatrali e cinematografiche, Valeria Bolla presidente di Italia Nostra Medio e Basso Vicentino, una delle prime associazioni a visitare il sito nel 2013; dal 2004 i volontari hanno allestito mostre fotografiche sulla Corte dal “come eravamo” al “come siamo oggi”, compreso il laconico “Crollano le barchesse di Palladio”. Un giornale nazionale, anni fa, prendendo spunto da un volantino che pubblicizzava viaggi a Medjugorie affisso su una porta del palazzo intitolò: “La Corte aspetta il miracolo”. Al miracolo, i cittadini di Veronella, ci credono ancora. Non vogliono che Corte Grande torni invisibile.

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