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Corno d’Africa: la peggiore carestia da decenni potrebbe far esplodere la regione

Il Corno d'Africa è ridotto alla fame. Sulla regione si è abbattuta la più grave carestia da decenni a questa parte e al momento si contano almeno 12 milioni di persone affamate, di cui quasi 3,7 milioni nella sola Somalia e 3,2 milioni in Kenya

Per affrontare la crisi alimentare, secondo la FAO servono 1,6 miliardi di dollari, di cui 120 milioni (70 in Somalia) per interventi immediati e 300 milioni entro i prossimi due mesi.

Al riguardo, la Banca Mondiale ha annunciato uno stanziamento di 500 milioni di dollari. 8 milioni saranno destinati agli interventi di emergenza mentre il grosso del contributo sarà investito in progetti a lungo termine, come ha spiegato il presidente Robert Zoellick. Altri 100 milioni di euro sono stati stanziati dall'Unione Europea per programmi affidati ad Echo, l’ufficio europeo che coordina gli interventi umanitari.

Alla base di questo scenario apocalittico troviamo siccità, speculazione e conflitti. In Somalia la situazione è aggravata dal cronico stato di anarchia che pervade il Paese. Nelle ultime settimane, vari scontri e omicidi eccellenti hanno infiammato Mogadiscio

Dal 1991 manca un'autorità centrale e la milizia Shabab (di ispirazione fondamentalista), che controlla la parte Sud, dal 2009 impedisce alle ong umanitarie l’accesso al loro territorio. E il Sud è la regione più colpita dalla crisi. Circa 2,8 milioni dei 3,7 milioni di affamati somali si trova lì. Secondo Mark Bowden, coordinatore umanitario Onu per la Somalia, è probabile che "decine di migliaia di persone siano già morte, nella maggior parte bambini".
Ogni giorno tra le 1500 e le 3000 persone fuggono per dirigersi a Dadaab, località del Kenya a ridosso del confine somalo, dove si trovano i tre campi profughi di Dagahaley, Ifo e Hagadera. Si stima che negli ultimi due mesi oltre 10.000 persone siano morte nel tentativo di raggiungere il complesso. Per la verità Dadaab stessa è un ex campo profughi, progettato negli anni Novanta per ospitare 90.000 persone e che negli anni ha visto aumentare la sua popolazione fino a quota 380.000. Per l’80% si tratta di donne e bambini, e di questi uno su due è malnutrito.

Le immagini dal satellite evidenziano le dimensioni della siccità in corso.
Secondo l’IPCC (Centro Scientifico Intergovernativo per il Cambiamento Climatico) si tratterebbe una diretta conseguenza dei cambiamenti climatici, che proprio in Africa manifesterebbero gli effetti più devastanti. Parte della responsabilità viene attribuita alla Nina. Intanto, se nella parte orientale dell'Africa subsahariana la gente soffre la sete, in quella occidentale (in particolare Costa d’Avorio, Benin, Togo e Namibia) i raccolti sono a rischio per le incessanti alluvioni delle ultime settimane.

Umidità del suolo nel Corno d'Africa, da aprile a metà luglio 2011 (dati satellitari SMOS). La colorazione arancione e giallo raffigura poca o nessuna umidità, mentre il verde e il blu rappresentano i livelli più elevati. Credits: CESBIO / ESA

Questa crisi testimonia quanto sia urgente predisporre il piano d’azione contro la volatilità dei prezzi agricoli adottato dai ministri dell’Agricoltura del G20 il 23 giugno scorso a Parigi. Tutta l'Africa sta subendo le conseguenze dell'aumento dei prezzi - peraltro una delle concause delle rivolte in Maghreb. Sulla regolamentazione del mercato agricolo mondiale è da anni in corso un braccio di ferro tra il Nord e il Sud del mondo, le multinazionali dell’agrobusiness e i movimenti contadini. Il più importante tra essi, Via Campesina, da anni chiede che i prezzi delle derrate alimentari siano svincolati dalle fluttuazioni del mercato così da metterli al riparo alle operazioni speculative.

C'è un altro aspetto. L’etichetta di progetti a lungo termine spesso trasfigura politiche di privatizzazione della terra che assorbono la piccola proprietà terriera, sopprimendo così le economie di sussistenza. Ad esempio, Via Campesina accusa la Banca Mondiale di sostenere le politiche di land grabbing, ossia l’acquisizione di enormi latifondi a favore di imprese o governi del nord del mondo. Una conferenza internazionale su questo tema è prevista a Nyeleni (Mali) dal 17 al 20 novembre 2011.
Sostenere la proprietà contadina può essere la soluzione per per garantire la sicurezza alimentare a milioni di persone nel Sud del mondo.

Conflitti

La crisi umanitaria in corso ha riacceso i riflettori su una regione da sempre afflitta dal cancro dell'instabilitàVent'anni di guerre interne hanno reso la Somalia un paese in ginocchio, mutilato dal punto di vista economico e sociale. Ma anche i vicini non se la passano meglio.
In particolare lo Yemen è una polveriera pronta ad esplodere. Il regime di Saleh è sempre in bilico, le rivolte proseguono, le regioni degli Houti e dell'Hadramawat sono sempre più fuori controllo. E in questo contesto al-Qa'ida ha gioco facile nel rinfocolare la jihad globale. Poi c'è il Sudan, dal 9 luglio ufficialmente scisso in Nord e Sud, ma dove ancora si combatte per il possesso di Abyei - e per il petrolio che c'è sotto.
Accanto ai conflitti accesi, ve ne sono almeno altri due latenti. A cominciare da quello (mai risolto) tra Etiopia ed Eritrea, che sta vivendo una nuova stagione di tensione, e quello (anch'esso mai risolto) tra la stessa Etiopia e l'Egitto per la ripartizione delle acque del Nilo.

Carta di Laura Canali tratta da Limes 3/10 "Il Sudafrica in nero e bianco"

Nello scenario così ricostruito, la fame non è che l'ennesima piaga che si abbatte su una regione che da troppo tempo non conosce pace. E dove non c'è pace, il terrorismo trova terreno fertile. Chi non imbraccia un fucile, emigra. Magari a Lampedusa. In ogni caso, senza un intervento mirato e per tempo gli effetti remoti dei disastro nel Sud del mondo prima o poi si ripercuotono anche nel Nord. Facendo tesoro della sconfortante esperienza di Restore Hope, possibilmente.
Il Corno d'Africa potrebbe esplodere. L'Occidente è avvisato.

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