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Copiare in un concorso pubblico è reato, punibile con reclusione da tre mesi a un anno

Copiare in un concorso pubblico è reato, lo dice la legge del Codice penale e lo conferma una sentenza della Corte di Cassazione.

L'art. 1 della legge n. 475/1925 del Codice Penale evidenzia che "chiunque in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni altro grado o titolo scolastico o accademico, per l'abilitazione all'insegnamento ed all'esercizio di una professione, per il rilascio di diplomi o patenti, presenta, come propri, dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri, è punito con la reclusione da tre mesi ad un anno. La pena della reclusione non può essere inferiore a sei mesi qualora l'intento sia conseguito".

Anche la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32368\2010, ha affermato che la “pedissequa copiatura" costituisce reato anche in presenza dell’indicazione della fonte, ove non si abbia “il prodotto di uno sforzo mnemonico e di autonoma elaborazione logica".


Di conseguenza quando si incappa in persone che copiano agli esami o a un concorso pubblico, ovvero quando ci si trova alla presenza di alcuni candidati che presentano, come frutto di una loro personale elaborazione, temi o dissertazioni non proprie, e non si denuncia il fatto (molte sono le proteste, anonime e non, fatte nel web e riferite sia all’ultimo concorso per dirigenti scolastici sia ad altre prove selettive della pubblica amministrazione), automaticamente si diventa complici di un vero e proprio reato penale.

 

 

 

 

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