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Come il cellulare divenne il nostro socio al 50%

 

Perché i cellulari sono oggi così importanti? Perché non possiamo più farne a meno? Tra ricordi nostalgici e moderne esagerazioni, ecco una breve storia dell'accessorio che ha rivoluzionato il mondo della comunicazione.

Siamo nell’era degli iPhones, in un mondo in cui quasi tutti i cellulari (termine obsoleto) assomigliano molto ai tablet – e i tablet fanno di tutto per assomigliare agli iPhones – ovvero, un mondo in cui abbiamo tutto e tutti a portata di click (pardon, di dito). Chi poteva immaginarsi che quei “citofoni” di vent’anni fa potessero evolversi in mostri capaci di sfornare MMS, videochiamate, tv, Internet, fotocamera digitale e navigatore satellitare, e che tra poco ci serviranno anche del caffè caldo tutte le mattine prima di andare in ufficio?

In questa realtà ultramoderna, mi ritrovo a pensare, quasi con nostalgia, a quegli ingenui “scatolotti con l’antenna” con i quali la Motorola fece il suo primo ingresso nel campo della telefonia mobile: a ripensarci, erano pure pesanti! Ma di sicuro erano molto meno invadenti dei cellulari moderni, non avevano colori, schermo enorme, memoria esterna, si limitavano a chiamare, scrivere e salvare contatti in rubrica. Poi arrivò l’era del mitico Nokia 3330, quello che avevano tutti, quello che non potevi non comprare perché c’era Snake che, come un’omerica sirena, t’incantava con il suo rumorino ripetitivo e ti faceva perdere i migliori pomeriggi della tua vita a gareggiare con tua sorella (quella piccola e guastafeste) in nome del serpentello col punteggio più alto. Successivamente, quasi come funghi, cominciarono a spuntare gli Alcatel, i Samsung, i Panasonic

Quanto tempo che non vedo un cellulare Panasonic! E anche la Alcatel, dopo un trend passeggero, era destinata a non avere molti sostenitori non quanto la Nokia, perlomeno. E poi? Poi cominciò a farsi vedere l’ospite a sorpresa, il Colore. E già ci sentivamo nel futuro: 60 colori, 100 colori, 200 colori. Insieme al colore, vennero i pixel. E insieme ai pixel, la già collaudata connessione WAP (ovvero il GPRS dei Nokia monocolore) cominciava a diventare molto più simile al www odierno. Finché fu il turno del Bluetooth e cosa c’è di meglio per scambiare foto e suonerie? Inoltre, questi nuovi, futuribili cellulari ti mettevano a disposizione dei temi personalizzati da alternare a piacimento (un’ottima idea per “vestire” il cellulare anche dall’interno, visto che la mascherina esterna era intercambiabile già da tempo immemore). Insomma, ci sentivamo in paradiso.

Ma le infaticabili menti della telefonia continuavano a proporre cellulari sempre più “estremi”, con tv, casse, connessione a Internet ecc., unico neo: erano ancora succubi della tastiera. E infine, ecco la svolta: il display touch-screen, il miracolo, la rivoluzione che ci ha regalato I-phone conditi di app sfiziose e utilissime (come quella per trovare la partner ideale di un single sfigato nel raggio di pochi metri). Cosa volere di più? Questi giganti della microtecnologia ci organizzano la vita, risolvono i problemi al posto nostro, ci aiutano ad esprimerci e ad entrare in contatto con la Papuasia, e per scegliere la tariffa giusta basta cliccare su Google uno dei tanti siti specializzati. Non ci resta che attendere la prossima rivoluzione: il cellulare a riconoscimento vocale, con sensori laser e spada estraibile alla Obi-Wan Kenobi! Ok, ora sto esagerando. Ma visto che il mondo è in continua evoluzione, perché non sognare? In fondo, il cellulare è diventato il nostro alter-ego, il nostro hub personale, il manager delle nostre public relations – nonché socio alla pari – quindi è meglio cominciare a trattarlo bene. E ricordarsi di dargli la tredicesima: altrimenti, sciopero!

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