Come aiutare gli increduli?
È difficile essere atei e agnostici in una società dove la religione mantiene una forte influenza e dove sono vivi gli stereotipi negativi verso chi non crede. Spesso chi non crede si ritrova isolato rispetto al contesto in cui vive e quando manifesta apertamente i suoi dubbi incontra l’ostracismo dei parenti o passa da estremista.
In Italia, sebbene non si arrivi ai livelli dei paesi islamici, ci sono tuttora maggiori difficoltà nel vivere senza drammi e in maniera aperta la propria incredulità, specie nelle realtà di provincia. Problema ancora più pesante e complicato da gestire per gli adolescenti e i giovani che dipendono dalle famiglie.
Spesso arrivano alla nostra associazione messaggi da parte di ragazzi e ragazze che hanno problemi con i genitori a causa della loro mancanza di fede. Quando sono adolescenti il fenomeno è se possibile ancora più marcato, specie per le resistenze allo sbattezzo. Quando non è proprio il parroco, violando la legge, a spifferare tutto ai parenti. La prevedibile insofferenza dei giovani verso le regole imposte dai familiari, in un periodo della loro vita in cui cercano indipendenza e costruiscono la propria identità, si acuisce se c’è di mezzo la religione. Il disagio di un giovane ateo che vive in una famiglia bigotta che non lo comprende, non lo accetta e anzi svilisce la sua incredulità (magari etichettandola superficialmente come “moda” passeggera o gesto di ribellione) può aggravare lo stress emotivo e psicologico. Non è tanto il fatto che il ragazzo viene a trovarsi fuori dai consueti circuiti di socializzazione che offre la religione (come la parrocchia o l’oratorio, peraltro sempre meno frequentati), quanto la circostanza che fare propri atteggiamenti di rottura e netta contrapposizione avvelenano spesso e volentieri i rapporti con quelle persone (e sono tante) poco propense ad accettare comportamenti eterodossi. Può anche accadere che ciò abbia effetti negativi sull’autostima e sulla percezione della felicità, perché su pressione dell’opinione comune ci si sente inadeguati o “sbagliati”. In certi casi tutto questo può portare anche a un antiteismo astioso contro tutto e tutti.
Per fortuna, esistono oggi tanti modi per far incontrare e conoscere tra loro i non credenti. Ma anche dove si può fare tesoro di informazioni utili per riflettere e accrescere la consapevolezza di sé e della scelta di vita che si sta facendo. Internet è piena di siti e forum per tutti i gusti, e anche la nostra associazione offre diversi spazi di incontro e confronto sia fisico sia virtuale, in cui ci si ritrova e che possono aiutare a rompere l’isolamento.
Il fenomeno dell’incredulità giovanile è ormai evidente. In tutto il mondo, anche nei paesi non occidentali. In Italia anche ricerche cattoliche mettono in evidenza come i giovani siano più secolarizzati. In Irlanda, il numero di studenti universitari dichiaratamente atei ha già raggiunto il 20%. Per fare un altro esempio, tra gli adolescenti statunitensi una percentuale molto alta non fa riferimento ad alcuna religione e molti di loro si definiscono apertamente atei, agnostici, freethinker, scettici o laici. Un cambiamento sociale e culturale profondo, che ragionevolmente avrà effetti anche nei decenni a venire. Il fenomeno di adolescenti e giovani che ormai prendono apertamente le distanze dalla fede dei propri genitori è divenuto rilevante. Le realtà secolariste americane si cominciano a organizzare proprio per rendere meno traumatica possibile questa transizione.
Un paio di mesi fa abbiamo parlato di una help line che sta nascendo negli Usa proprio per fornire assistenza a tante persone che vivono difficoltà in famiglia o nella società per il loro passaggio all’incredulità. Sul web ci sono siti che danno consigli su come comportarsi in famiglia, sia per sostenere le proprie posizioni in maniera tollerante e ragionevole, sia per evitare rotture nette. Molte persone raccontano le proprie esperienze, anche con storie di discriminazioni, insulti, persino maltrattamenti e abusi. Manca per ora qualcosa di più organico per dare aiuto concreto, anche se qualcosa si muove.
In Gran Bretagna la Rationalist Association ha dato vita all’Apostasy Project, per offrire sostegno a chi intende fare questo passo ma si trova in oggettive difficoltà. Anche qui stanno raccogliendo fondi per organizzare una rete di esperti e per creare contribuiti. “Il progetto non riguarda la critica alla religione ma il sostegno al diritto di scegliere in cosa credere”, viene chiarito. Serve a dare “assistenza, risorse e contatto diretto con altri che hanno passato la stessa esperienza”, visto che chi perde la fede talvolta può perdere anche famiglia, amici e reti di relazioni.
Su Reddit è stato aperto tre anni fa un “rifugio per atei“. Pete Marchetti, il fondatore, spiega che l’idea gli è venuta quando ha letto un post su Reddit in cui un giovane raccontava di essere stato cacciato di casa dai genitori perché aveva ammesso di non condividerne più le credenze religiose. Sono seguiti altri episodi simili, raccontati da atei che subivano abusi fisici e verbali. Storie anche raccapriccianti e tali da suscitare indignazione: giovani cui venivano incise tramite ustione croci sulla carne, che venivano picchiati e maltrattati per “cacciare il diavolo”, o mandati via da casa. A questo punto, Marchetti apre con altre persone r/AtheistHavens, dove gli utenti si dichiarano disponibili a fornire aiuto a questi apostati “reietti”, persino ospitando gente in casa.
Essendo argomenti sensibili e riservati, Marchetti si rende conto che “questo porta alla più grande critica del forum, ovvero che l’intero progetto sia ‘a proprio rischio’ per entrambe le parti”, cioè chi viene aiutato e chi aiuta. Si chiede anche, giustamente, come ci si debba porre se i parenti scoprissero che un volontario ospita il figlio e avessero intenzione di sporgere denuncia per rapimento (nel caso di minori). Quella di Atheist Haven è un’esperienza che sicuramente va perfezionata, specie sotto il profilo legale, per tutelare tutti gli interessati. Ma è comunque da apprezzare lo sforzo di tanti, di una comunità, per fornire supporto a chi si trova in oggettiva difficoltà.
Esperienze come quella di Atheist Haven e Apostasy Project possono fornire degli spunti utili per creare una rete di supporto a quei non credenti, e non sono affatto pochi di questi tempi, che provenendo da famiglie zelanti vivono con disagio il passaggio maturo all’incredulità.
C’è forse bisogno di qualcosa del genere anche in Italia? E quale potrebbero essere le modalità migliori per affrontare la situazione?
Questo articolo è stato pubblicato quiLasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox