“Civitavecchia Blue Agreement”, un passo avanti nella riduzione dei “fumi” delle navi nei porti. Ma c’è ancora molto da fare
Intervista a Dario Menditto, presidente del Presidente del Consiglio comunale.
L’inquinamento delle navi e del trasporto marittimo, a differenza di quello automobilistico o della produzione di energia da carbone o degli impianti siderurgici, è passato sotto silenzio per troppo tempo prima che fosse la stessa popolazione delle città portuali ad avvertirne la pericolosità. A differenza degli standard più restrittivi adottati per i diesel del settore dell’auto, le navi utilizzano infatti ancora olio combustibile che emette una gamma di sostanze altamente pericolose e nocive per l’uomo e per l’intero ecosistema. Servirebbero maggiori investimenti e normative più serie a livello mondiale ma al momento, soprattutto sull’onda delle pressioni esercitate dai movimenti ambientalisti, qualche miglioramento è stato ottenuto in pochi porti nazionali attraverso accordi volontari tra istituzioni pubbliche e armatori. Il Venice Blue Flag“ e il “Civitavecchia Blue Agreement” rappresentano un primo passo al quale dovrebbero seguire direttive europee molto più vincolanti e investimenti da cui l'occupazione trarrebbe benifici sicuri e duraturi.
A Dario Menditto, insegnante, sensibile al problema dei “fumi delle navi” e attuale Presidente del Consiglio comunale di Civitavecchia, abbiamo posto alcune domande sull’accordo e sui temi più diretti legati alla salute che dall’inquinamento subisce un attacco subdolo quanto spesso ignorato.
Il 26 giugno scorso è stato sottoscritto da Capitaneria di Porto, Comune, Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale e alcune Compagnie di navigazione operanti nel trasporto passeggeri di linea l’accordo volontario “Civitavecchia Blue Agreement”. Come ci si è arrivati?
I primi tentativi risalgono a circa tre anni fa. Nel settembre del 2015 si tenne una Commissione ambiente alla quale invitammo gli armatori a sottoscrivere un accordo del tutto simile al “Venice Blue Flag“ in vigore a Venezia. Le compagnie presero tempo e dopo pochi mesi rifiutarono la proposta. Rincuorati però da un'ordinanza sui combustibili emessa per il Porto di Napoli, all'inizio del 2016, abbiamo chiesto l’adozione di un provvedimento analogo all'allora Comandante della Capitaneria di Porto, Giuseppe Tarzia, che abbracciò l'iniziativa. Dopo un anno di trattative, l’accordo fu sottoscritto da un solo armatore e solo pochi giorni fa abbiamo ottenuto un risultato concreto per la città grazie al sostegno dell'attuale Comandante della Capitaneria, Vincenzo Leone, e al contributo dell'Autorità di Sistema Portuale.
In cosa consiste l’accordo e quali sono le differenze con il modello “Venice Blue Flag 2018”?
Sono due modelli per certi versi simili nati in contesti diversi. A Venezia è noto il problema delle grandi navi da crociera che attraversando il bacino di San Marco e il canale della Giudecca impattano su un ambiente estremamente delicato e molto ristretto. A Civitavecchia, come confermato da un recente studio del CNR, gli inquinanti provengono prevalentemente dai moli dove attraccano i traghetti di linea. Prima del Blue Agreement, i traghetti, per alimentare i loro motori ausiliari, commutavano l’alimentazione della nave passando al combustibile con tenore di zolfo inferiore allo 0,10% (ritenuto meno dannoso di quello utilizzato nella normale navigazione) solo dopo aver completato le manovre di ormeggio, quindi non prima di 20 minuti. Con l'accordo attuale, i traghetti switcheranno circa un'ora prima dell'arrivo alla bocca di porto e cioè a 15 miglia, una distanza equivalente a quella tra Civitavecchia e Ladispoli in linea d'aria, con evidenti vantaggi. Se a Venezia l'accordo è esteso anche alle navi da crociera, ai motori principali e ai rimorchiatori, anche se solo dall'ingresso della bocca di porto, il nostro “Civitavecchia Blue Agreement” è un primo step al quale crediamo ne seguiranno altri come per le navi da crociera che vedono il nostro porto primeggiare nel Mediterraneo.
Questo accordo volontario evidenzia alcuni limiti applicativi di carattere generale anche in considerazione dei controlli delle emissioni e della tipologia di combustibile previsti dalle normative in vigore, affidati alla Capitaneria di porto: l’Amministrazione chiederà una maggiore continuità nella vigilanza oppure alla fine prevarrà la consueta logica del laissez-faire?
L'Amministrazione comunale ha già da parecchio tempo richiesto ed ottenuto l’invio di un report mensile da parte della Capitaneria di Porto sui controlli e sugli illeciti rilevati in relazione ai fumi di scarico delle navi e al tenore di zolfo dei combustibili, controlli che tra l'altro sono già caratterizzati da una frequenza superiore a quella prevista dalla normativa. Non è escluso che si riesca ad ottenere nell'ambito di un prossimo rinnovo del Civitavecchia Blue Agreement la diffusione in tutte le forme più ampie degli esiti delle verifiche condotte al fine di accertare che il rispetto dell'accordo non sia solo un atto formale.
Sul rapporto salute-inquinamento, un tema molto sentito dai cittadini, si è poco parlato degli studi sulla dispersione del particolato ultrasottile effettuati dall’Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima (ISAC-CNR), dal DEP, il Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio, e dei monitoraggi spot condotti da NABU e Cittadini per l’Aria. Sotto questo aspetto quali miglioramenti si possono attendere da questo accordo i cittadini e i lavoratori occupati nel porto?
Lo studio già citato di ISAC-CNR evidenzia come circa il 50% dei principali inquinanti come SO2, NO2 e PM10 che raggiungono la città provengano dal porto e come nell'area portuale si abbia una concentrazione media di particolato ultra fine, paragonabile a quella di una grande metropoli. Con questa situazione è evidente che ogni sforzo teso a diminuire le emissioni inquinanti non può che avere un riscontro positivo sulla salute dei cittadini e dei lavoratori portuali. Allo stesso tempo non si può trascurare che l'accordo rappresenti solo un tassello nel complesso mosaico della lotta all'inquinamento navale che stiamo conducendo e che persegue altri importanti obiettivi, come l'elettrificazione delle banchine, l'istituzione di un Area di Controllo delle emissioni Navali nel Mediterraneo e non ultimo l'inserimento nel Piano Regionale della Qualità dell'Aria di misure specifiche per i porti.
Alla buona riuscita dell’accordo ha contribuito a sorpresa anche l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale. Qualche anno fa si era pronunciata per la cosiddetta elettrificazione delle banchine per poi rimangiarsi tutto e l’anno scorso aveva persino disertato un tavolo di incontro convocato in Comune, al quale aveva partecipato la Capitaneria di Porto e l’associazione Cittadini per l’aria. Perché di “cold ironing”, nonostante la prescrizione della Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA), non se ne parla più a differenza di quanto richiesto da tutti i movimenti delle città portuali, approdi di ipertecnologiche quanto iperinquinanti navi da crociera?
Recentemente abbiamo incontrato il Ministro dell'Ambiente Sergio Costa anche per discutere di questa annosa questione. Questa Amministrazione comunale da quando si è insediata ha richiesto al Ministero l’accertamento della violazione delle prescrizioni VIA in relazione alla mancata elettrificazione delle banchine. Il Ministero alla fine dello scorso anno ha finalmente dovuto constatare la mancata ottemperanza delle prescrizioni e ora dovrà pronunciarsi per decidere se imporre l'elettrificazione o far adottare soluzioni alternative in grado di conseguire gli stessi benefici ambientali. A questo proposito cito il caso della compagnia di navigazione Grimaldi, interessata alla politica ambientale che stiamo perseguendo, che ha scelto Civitavecchia per un progetto innovativo unico al mondo che prevede l'installazione a bordo di alcune sue unità di batterie al litio. Saranno in grado di fornire energia elettrica durante la sosta in porto, azzerando in questo modo le emissioni con benefici ambientali del tutto analoghi a quelli del “cold ironing”. E’ evidente che la ricerca e l’applicazione su larga scala di innovazioni tecnologiche richiede comunque risorse economiche che solo una politica lungimirante nazionale e europea può mettere a disposizione.
Esiste un inquinamento delle navi che impatta direttamente sugli abitanti delle città portuali e dei comuni limitrofi ma lo stesso inquinamento sta producendo gravi danni anche all’ecosistema marino del Mediterraneo dove transita oltre il trenta per cento del trasporto marittimo mondiale. Sono allo studio iniziative per contrastare il fenomeno?
L'inquinamento navale purtroppo è un fenomeno globale e quindi per contrastarlo efficacemente è inutile arroccarsi nei fortini delle singole città portuali, è invece necessario fare sistema e intervenire su scala più ampia possibile. A tale scopo abbiamo chiesto al Governo che si faccia promotore presso l'IMO (International Maritime Organization) dell'istituzione di un’Area di Controllo delle Emissioni (ECA) nel Mediterraneo. Abbiamo anche invitato le altre città portuali a fare altrettanto. Adesso che si è insediato un nuovo Governo siamo ripartiti alla carica perché per ottenere qualche risultato degno di nota ci vuole tanta caparbietà.
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