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Cipro, a rischio i diritti di migranti e rifugiati

Le commentatrici e i commentatori del nostro blog ci rimproverano talvolta di parlare di migranti, richiedenti asilo e rifugiati solo in relazione al comportamento delle autorità italiane. Oggi, allora, esaminiamo quello del governo di Cipro, cui dal 1° luglio spetterà la presidenza di turno dell’Unione europea.

Cipro ha un’esperienza recente in materia: la guerra del 1974 rese profughi molti suoi abitanti, costretti a lasciare l’isola per rifarsi una vita altrove. Dopo l’ingresso nell’Unione europea, nel 2004, Cipro è diventata meta d’immigrazione e, anche, purtroppo, uno dei nodi del traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale.

Un rapporto pubblicato questa mattina da Amnesty International, intitolato “Punizione senza reato”, denuncia come ogni anno centinaia di uomini e donne che raggiungono Cipro in fuga da guerra, tortura, persecuzione e povertà terminano il loro viaggio in una prigione.

K. una donna iraniana, è fuggita dal suo paese nel 2003. Dopo un viaggio lungo e tormentato, è arrivata a Cipro nel 2004. Ha chiesto asilo politico ma la sua domanda è stata respinta. Nel 2008 ha sposato un rifugiato politico in una moschea dell’isola e poco dopo ha dato alla luce la sua prima figlia.

Nell’agosto 2011 la polizia cipriota l’ha arrestata perché i suoi documenti non erano in regola. Dopo sei mesi, è stata messa in libertà provvisoria, a condizione che entro tre mesi mettesse a posto la sua documentazione e si risposasse secondo il rito civile nel municipio della capitale Nicosia. Ovviamente, l’ufficio addetto ai matrimoni le ha chiesto un passaporto valido. L’ambasciata iraniana ha fatto sapere che le occorreva un certificato di nascita…

“Le autorità mi hanno detto di non preoccuparmi: se non ho la documentazione, mi riportano in prigione per sei mesi, poi mi rilasciano per tre mesi per fare quei documenti. Già durante il primo periodo di carcere mia figlia pensava che l’avessi abbandonata. Cosa penserà ora?” – si chiede disperata K.

Questa è la routine: privati della libertà per mesi se non per anni, non perché abbiano commesso un reato ma semplicemente perché non hanno documenti in regola, perché non possono essere rinviati nel paese di origine o perché la loro domanda è sotto esame, centinaia di migranti e richiedenti asilolanguono negli almeno nove centri di detenzione dell’isola, in condizioni di sovraffollamento, con poca igiene, assenza di ventilazione naturale e col caldo dell’estate in arrivo a peggiorare la situazione.

Adibite alla detenzione di migranti e richiedenti asilo sono le stazioni di polizia di Aradippou, Lakatamia, Larnaca, Limassol, Oroklini e Paphos; le sezioni 9 e 10 della prigione centrale della capitale Nicosia e la struttura detentiva dell’aeroporto internazionale di Larnaca. A Limassol, i migranti e i richiedenti asilo sono tenuti nella stessa sezione dei condannati per reati penali. Nella nuova struttura detentiva di Menogia (nella foto), vicino alla città di Larnaca, secondo quanto dichiarato dalle autorità cipriote al Comitato Onu sui diritti dell’infanzia, potranno essere trattenuti anche i minori insieme alle loro famiglie.

Il carcere a Cipro è anche il luogo dove si attende l’esito della domanda d’asilo politico, il periodo psicologicamente più difficile per un richiedente asilo. Amnesty International è a conoscenza di casi di richiedenti asilo espulsi mentre la Corte suprema stava esaminando il loro ricorso contro un primo diniego.

Il rapporto di Amnesty International sottolinea come Cipro stia violando le norme internazionali e dell’Unione europea ricorrendo regolarmente alla detenzione di migranti e richiedenti asilo, senza dimostrare caso per caso che questi provvedimenti siano necessari e motivati.

Uno dei casi più assurdi descritti nel rapporto di Amnesty International è quello di Q., un cittadino della Sierra Leone arrivato a Cipro nel 2001, riuscito a fuggire dal decennio di mattanza che aveva sconvolto il paese africano. Nel 2004 le autorità cipriote chiudono il suo dossier, sostenendo che il richiedente si è reso irreperibile. Però, nel 2005, lo arrestano e nei successivi tre anni cercano di espellerlo per quattro volte. Dopo 39 mesi di detenzione, nel maggio 2008 Q. viene rilasciato. Trova un lavoro in nero e nell’ottobre 2010 viene nuovamente arrestato per “permanenza e attività lavorativa irregolari”.

Nell’agosto 2011, Q. vince un ricorso presso la Corte suprema, che giudica eccessivamente lungo e immotivato il periodo di detenzione trascorso negli anni precedenti. All’uscita del palazzo della Corte, viene nuovamente arrestato, sulla base di un mandato di cattura che reca la data del giorno precedente a quello della sentenza.

Alla fine, nel febbraio di quest’anno, Q. viene espulso in Sierra Leone.

Cipro ha vinto così la sua battaglia contro Q.

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