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Cinema americano sempre al passo con i tempi

Due recenti lungometraggi americani di successo dimostrano ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che la cinematografia statunitense è sempre capace di coinvolgere e interessare, talvolta divertendo, gli amanti del cinema. Ciò accade perché gli americani producono film che sono ancora in grado di rispecchiare la mutevolezza della realtà dei nostri giorni e spesso di proporre storie e tematiche difficili e controverse quanto attuali dando prova, in tal modo, di essere sempre e costantemente al passo con i tempi. Tutto ciò anche se le opere di cui qui propongo la visione non appaiano particolarmente innovative sul piano della tecnica e del linguaggio di cui l’arte cinematografica si serve per rendere più efficace la comprensione dei propri contenuti e dei messaggi di cui si fa portatrice.

L’evoluzione della ‘grammatica’ di cui il cinema fa uso ha infatti raggiunto livelli tali che essere innovatori in questo specifico campo artistico diventa sempre più difficile.  

The social network (Usa 2010), regia di David Fincher. Predominano spesso i colori cupi in questo lungometraggio di David Fincher (Seven, Fight Club) che racconta una delle più straordinarie avventure imprenditoriali di sempre. Il commediografo e sceneggiatore newyorkese di origine ebrea Aaron Sorkin ha adattato per il grande schermo il libro di Ben Mezrich Miliardari per caso. L’esordio e l’ascesa di Mark Zuckerberg, da giovane nerd dell’Università di Harvard a ricco magnate (il più ricco, tra i giovani tycoons) dell’imprenditoria informatica mondiale, sono inscritti in un contesto narrativo che cerca anche di fare chiarezza sulle vicende e sul profilo dei singoli personaggi che hanno contribuito alla nascita e alla affermazione del più affollato social network esistente, Facebook. Il racconto dello straordinario successo di Facebook, infatti, anche nella narrazione filmica non nasconde le poco edificanti vicende che a esso sono collegate e tutte le relazioni, nel corso del tempo rivelatesi sempre più impostate sul rampantismo economico e sull’affarismo più spietati che animano i protagonisti, intercorse tra Zuckerberg, il suo ex amico e socio nonché direttore finanziario di Facebook Eduardo Severin, Sean Parker, già cofondatore di Napster e i fratelli Cameron e Tyler Winklevoss.

Particolare enfasi viene posta su tutte le vicissitudini legali che ormai fanno parte integrante della leggenda di Facebook. Esse hanno coinvolto tutti i componenti del gruppo di studenti di una delle Università più prestigiose degli Stati Uniti cui può essere attribuita l’idea originaria che avrebbe in poco tempo portato alla creazione di Facebook. Zuckerberg fu chiamato di fronte ai giudici a rispondere delle accuse mossegli dall’Università di Harvard di aver manomesso il sistema informatico dell’istituzione, da Eduardo Severin, che dallo stesso Zuckerberg e da Sean Parker fu in maniera fraudolenta quasi totalmente privato della propria consistente quota di partecipazione azionaria e dai fratelli Winklevoss per essersi appropriato indebitamente del progetto di rete ideato da questi ultimi che in seguito, opportunamente implementato da Zuckerberg, sarebbe diventato Facebook. 

The social network fa emergere un ritratto di Zuckerberg che si avvicina a quello di un giovane dotato di una incrollabile fede nelle proprie capacità ma che sotto una maschera di cinismo e spietatezza che egli, a ben vedere, utilizza per difendersi, nasconde in fondo una natura profondamente umana.

Premiato nel 2011, tra l’altro, con 3 Premi Oscar (miglior sceneggiatura non originale, miglior montaggio, migliore colonna sonora) e 4 Golden Globe (miglior film drammatico, miglior regista, miglior sceneggiatura, migliore colonna sonora originale), il film di Fincher è ben girato e appare fondato almeno in parte su stilemi tecnici che rimandano al filone del film americano d’inchiesta.

I ragazzi stanno bene (The Kids are all right, Usa 2010), regia di Lisa Cholodenko. Annette Bening, Julianne Moore e Mark Ruffalo sono i protagonisti di questo discreto prodotto della più recente cinematografia americana. I ragazzi stanno bene è un film a tratti frizzante e nel complesso tecnicamente ben fatto dove non mancano, da un lato, le situazioni divertenti, dall’altro i momenti di grande trasporto emozionale e di accesa passione erotica tra alcuni dei protagonisti. All’interno di una famiglia gay - che è composta dalla coppia lesbica formata da Julianne (Julianne Moore), Nic (Annette Bening) e dai loro poco più che adolescenti figli Laser e Joni nati a seguito dell’utilizzo, da parte delle due donne, del metodo della inseminazione artificiale, sembra predominare la serenità che è caratteristica di una normale vita familiare. A rompere gli equilibri della tranquilla situazione quotidiana arriva Paul, il donatore di sperma che i due ragazzi hanno deciso di conoscere personalmente (si tratta, in fondo, del loro padre naturale), che imbastisce una relazione tanto breve e coinvolgente quanto inaspettata e soprattutto, alla luce dei fatti narrati dal film, problematica, con Jules.

Il tentativo dell’opera in questione, che francamente non appare del tutto riuscito, sembra quello di richiamare l’attenzione dello spettatore sulla circostanza che essere gay non preclude affatto la conduzione di una ‘normale’ esistenza familiare.

Lisa Cholodenko, giovane regista appartenente a una delle ultime leve del cinema americano, che nella vita è sposata con una musicista, è altresì, di questo film che tocca anche altre tematiche assai attuali (come quella che si riferisce alle moderne tecniche di inseminazione in vitro) autrice della sceneggiatura.

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