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Cina, la crisi immobiliare contagia la finanza

La crisi dell'immobiliare, che sta travolgendo gli enti locali, inizia a infettare i mercati finanziari cinesi, coinvolgendo prodotti di risparmio. Il regime manda la polizia a casa dei risparmiatori, "invitandoli" alla calma

 

Una delle maggiori shadow bank cinesi, Zhongrong International Trust, ha mancato di pagare i proventi ai sottoscrittori dei suoi prodotti di investimento, citando un “improvviso prosciugamento della liquidità”. Zhongrong è partecipata dalla conglomerata Zhongzhi, che gestisce risparmi per l’equivalente di 138 miliardi di dollari, ha rilevanti interessi nel settore immobiliare e da tempo è sotto la lente delle autorità, che ne stanno valutando le vulnerabilità e il potenziale sistemico.

LIQUIDITÀ EVAPORATA

Cosa è una shadow bank? In essenza, un intermediario finanziario che raccoglie fondi fuori dai canali ufficiali e regolamentati, quelli bancari, e li investe in attività solitamente ad alto rendimento, spesso legate a quello che è stato il motore della crescita cinese, e che ora si è impiantato in un modo che rischia di fare molto male al paese: l’immobiliare. Si stima che lo shadow banking cinese abbia originato il 40% dei prestiti in essere; il suo sviluppo è stato agevolato dall’incapacità del settore bancario tradizionale, regolato in modo oppressivo, a tenere il passo della tumultuosa crescita della domanda di credito. Rimettere il genio nella lampada (o il dentifricio nel tubetto) appare ora molto difficile, soprattutto alla luce del crescente dissesto del settore immobiliare, la cui bolla è scoppiata portandosi dietro anche gli enti locali.

Nello specifico, Zhongrong colloca i cosiddetti trust, prodotti legati spesso al settore immobiliare. Da qui il timore che, a seguito di dissesti dei costruttori, i prodotti di wealth management collocati dalle banche ombra cinesi saltino. L’esposizione dei trust all’immobiliare cinese è stimata in 2.200 miliardi di yuan, circa un decimo degli attivi totali. Zhongrong è il nono maggiore trust cinese, con 600 miliardi di yuan in attivi. Molti dei prodotti di Zhongrong pagano interessi dell’ordine del 7% annuo, circa il doppio di quanto pagato dalle ordinarie banche commerciali.

Dopo che la notizia dei mancati pagamenti è divenuta di pubblico dominio, con le prime proteste, anche sui social, si è registrato un forte aumento di richieste alle società quotate di rendere nota la loro eventuale esposizione a Zhongrong. Com’era da attendersi, molte sono state le risposte affermative.

FRENARE LE VENDITE IN BORSA

Nel frattempo, la pressione ribassista sugli indici azionari si è accentuata, al punto che le autorità di borsa hanno chiesto ai fondi d’investimento di evitare di essere venditori netti di azioni. Misura non particolarmente efficace, visto che il retail resta libero di vendere. Se la situazione dovesse deteriorarsi ulteriormente, probabile che vedremo le solite misure palliative, del tipo divieto di vendite allo scoperto e altre amenità.

L’immobiliare, che è il verosimile detonatore di queste demolizioni finanziarie, prosegue la sua discesa agli inferi. Dopo aver mandato in crisi gli enti locali, che attendono una gigantesca operazione di salvataggio e travaso di debito per mano del governo centrale, a inizio agosto è stato pubblicato un dato shock: le vendite di case nuove da parte dei primi cento sviluppatori immobiliari del paese sono crollate del 33,1% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, quando già le cose non andavano benissimo. La variazione mensile è stata di meno 33,5%.

Questa situazione causa l’evaporazione della liquidità degli sviluppatori, e infatti Country Garden Holdings, uno dei maggiori del paese, il giorno 8 agosto ha mancato di pagare le cedole su due bond offshore denominati in dollari. È quindi partito il conto alla rovescia del cosiddetto “periodo di grazia”: trenta giorni per pagare, decorsi i quali sarà default e inizierà l’inferno burocratico che da due anni stanno vivendo i creditori dell’altro grande malato immobiliare cinese: Evergrande. Che, detto per inciso, solo ora giunge alla procedura concorsuale nella giurisdizione statunitense, dovendo trattare la ristrutturazione di miliardi di dollari di debito anche con creditori americani.

Il problema è che Country Garden, che a fine 2022 aveva passività equivalenti a circa 200 miliardi di dollari e ha 70 mila dipendenti, ha quattro volte il numero di progetti di Evergrande, secondo stime di Bloomberg, e tende a operare nelle città minori, che hanno maggiore fragilità di domanda.

LA POLIZIA “TRANQUILLIZZA” I RISPARMIATORI

Dietro questi che non possono più essere definiti riduttivamente “scricchiolii”, c’è l’aspetto politico, la minaccia alla leadership di Xi Jinping. Che potrebbe venire anche da proteste pubbliche dei risparmiatori traditi. E infatti il regime non ha perso tempo: è emersa notizia che la polizia si sarebbe recata nelle abitazioni di alcuni sottoscrittori di prodotti di Zhongrong, invitandoli a restare tranquilli, cioè non partecipare a manifestazioni di protesta, e aver fiducia nel regolatore.

Di certo, ora che non c’è più la minaccia Covid, per le autorità resta più difficile disinnescare adunate di protesta mettendo blocchi al locale greenpass. Il virus della protesta potrebbe estendersi a macchia d’olio, e non solo tra i risparmiatori che esigono di essere pagati. È di questa settimana la notizia che le autorità hanno deciso di sospendere la pubblicazione del dato di disoccupazione giovanile, cha da molti mesi sale in modo inquietante. L’ultimo dato, quello di giugno, segnava 21,3%. Ma le statistiche vanno “affinate ed ottimizzate”, come è già stato fatto sapere.

E così, il paese che corre a perdifiato sulla frontiera tecnologica, si trova minacciato nella sua stabilità dal settore più old economy, quello in grado di produrre crescita strabiliante, sino al momento dello scoppio della bolla. Una ironica nemesi. Ma anche questo credo di averlo già segnalato. Assieme a molte altre cose.

Photo by WindmemoriesCC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

 

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