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Cina, cronache dal Paese di Mezzo

La mia sveglia squilla all’alba, anche se qui a Pechino, almeno durante i mesi estivi, parlare di alba sotto un cielo perennemente carico di nuvole risulta difficile. Quella suoneria fastidiosa però non si fa ingannare dalle nubi, costringendomi ad una doccia mattutina rigenerante per riprendermi dalla movida pechinese. Infilo distrattamente jeans, maglietta e scarpe da ginnastica e guardo l’orologio: sono in ritardo, come sempre. Afferro la felpa prima di scendere in strada dove l’aria è già calda (ma fortunatamente non ancora afosa) e raggiungo il pullman davanti all’università di Lingue e Culture. Pian piano si avvicinano alla vettura molti altri studenti che come me si sono svegliati di buon’ora malgrado le notti da leoni nei sempre affollati locali della capitale cinese. Dopo due ore di viaggio circa (durante le quali i più, addormentandosi, sono sprofondati in fondo al sedile!), eccoci arrivati davanti alla biglietteria: file interminabili di turisti si concentrano verso l’entrata, mentre altri già sono in coda per prendere la funivia che ci porterà su in cima.
 
Finalmente arriva il mio turno; i miei compagni di viaggio, anche se per poco, sono quattro ragazzi stranieri anche loro in visita a Pechino per un mese. Il mio inglese è approssimativo, ma dagli sguardi e dai sorrisi nervosi intuisco che il mezzo adoperato per la scalata della montagna susciti in loro non poche preoccupazioni. Intanto guardo dal finestrino: effettivamente abbiamo preso quota. Arrivati in cima, una ragazza tira un sospiro di sollievo suscitando una risata generale: anche questa è andata, penserà. L’aria si è fatta pungente con l’altitudine: una volta infilata la felpa e sistemata la macchina fotografica a tracolla, alzo gli occhi e rimango incantata. Eccola qui davanti a me: la Grande Muraglia! Nonostante la nebbia copra in parte le alture che la ospitano, lo scenario della muraglia, simile ad un lungo serpente di pietra del quale si può intravedere solo a stento la lunghezza, mi lascia a bocca aperta. La tranquillità di cui è impregnato questo luogo viene momentaneamente interrotta dagli schiamazzi di alcuni turisti esaltati ma sembra quasi che qui il tempo si sia fermato, telefonini, fotocamere e alta tecnologia a parte.
 
Come recita la guida, la Grande Muraglia originariamente non possedeva le sembianza che adesso le riconosciamo. In realtà si trattava di alcuni singoli bastioni eretti dagli stati a scopo difensivo e successivamente unificati grazie all’opera del Primo Imperatore cinese Qin Shi Huangdi che ambisce sin dai primi anni di governo (221 a.c.) all’egemonia assoluta. Lunga oltre 8000 km, la grande Muraglia avrebbe dovuto proteggere la Cina dalle invasioni di popoli stranieri. La storia però, ci insegna che nel XIII secolo il popolo mongolo riuscì a aprirsi una strada attraverso le imponenti fortificazioni, evento che si è poi ripetuto con le conquiste mancesi del XVII secolo.
 
Quella che inizialmente si era presentata come un’allegra passeggiata domenicale si rivela invece una gita estenuante, causa i rilievi “delicatamente” abbracciati dalla struttura murale. Incontro infatti ad intervalli regolari salite, discese, scale e torri di vedetta, dalle quali veniva lanciato l’allarme in caso di attacco, attraverso segnali di fumo, bruciando sterco secco di lupo (dove lo prenderanno? Si chiede con uno sguardo la maggior parte del gruppo!). Osservo attentamente la gente intorno a me: alcune ragazze, con scarpe obiettivamente poco adatte ad una gita di questo genere, si stanno affannosamente avvicinando alle scalinate che portano alle torri di vedetta per trovare un punto dove riposarsi e dare tregua ai loro piedi stremati. In altri punti invece, intere famiglie di cinesi si sono sistemate lungo le mura e sulle scalinate per godere del pranzo. Anche io, malgrado indossi semplicissime scarpe da ginnastica, comincio ad avvertire la stanchezza. La fatica però, viene continuamente ripagata dallo spettacolo che si offre ai miei occhi: un orizzonte sconfinato e una lunga lingua di mattoni che si innalza per poi riscendere con tenacia dalle colline cinesi.

La costruzione della Chang Cheng (come direbbero i cinesi), ha causato però non pochi problemi allo stato, se si considera il grande dispendio di denaro, tempo e mano d’opera impiegati. Le sue imponenti dimensioni (le mura sono alte all’incirca 8 metri e larghe 7), richiedono un costante sforzo da parte dei contadini cacciati dalle loro terre e costretti a partecipare ai lavori di costruzione. Se si aggiungono poi la creazione di strade e canali per agevolare gli spostamenti di truppe e merci, le spedizioni militari per conquistare nuovi territori, risulta ovvio il malcontento che caratterizza l’epoca del Primo Impero (221 a.c.-210 a.c.). Il metodo di governo di Qin Shi Huangdi infatti, teso alla centralizzazione del potere e all’unificazione politica(nonché militare), veniva attuato con grande spietatezza, provocando la caduta della dinastia Qin, subito dopo la morte del suo fondatore.

L’escursione sta per terminare, ci tocca prendere la funivia. Mi giro un’ultima volta per osservare uno dei più imponenti monumenti storici della Cina e forse del mondo (perlomeno per le sue dimensioni), che non a caso è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Ammiro ancora il panorama cercando di impregnare i miei occhi della bellezza del luogo e di respirare ancora per un po’ l’aria fatta di pace e silenzi, e di custodire nella mia mente quelle sensazioni, per poi tornare al caos cittadino, anzi direi metropolitano nel caso di Pechino, con le sue innumerevoli biciclette che sfrecciano nel traffico, il brulicare di persone chiassose… Mi confondo tra la folla che ogni giorno all’uscita della metro quasi mi investe e vado per la mia strada. Come in ogni grande città…vige la regola “il tempo è denaro” e il tempo appunto, non lo si può mica perdere guardandosi attorno e osservando la vita che ci circonda… oppure sì?

 

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