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Cile, battuta d’arresto del processo costituzionale. Così i diritti restano precari

E' stato un giorno triste per chi lotta per l’affermazione dei diritti in Cile.

Altrove si discuterà sulle cause del rifiuto, a maggioranza referendaria, del nuovo testo di Costituzione: se vi sia stato un deficit di negoziazione, se il contenuto abbia spaventato i detentori di privilegi, se e come i mezzi d’informazione abbiano contribuito all’affermazione del “no”, se insomma sulla piazza abbia vinto la televisione.

Qui occorre sottolineare una delle conseguenze immediate: resta in vigore la Costituzione di Pinochet, che da 42 anni favorisce alcuni a scapito di altri e aggrava disuguaglianza, vulnerabilità e precarietà.

Una Costituzione che non parla di diritti fondamentali, come quelli all’alloggio, al cibo e all’acqua e che tutela scarsamente i diritti alla salute e alla sicurezza sociale.

Per questo, è necessario che vada avanti il processo verso un testo costituzionale che diventi un punto di riferimento nel campo dei diritti umani: riconoscendo i diritti negati o resi precari dalla Costituzione pinochettiana, rafforzando quelli dei lavoratori, delle lavoratrici e dei popoli nativi, tutelando l’ambiente e sancendo la parità di genere.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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