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Cicuta Parties... altro che Tea Parties

Non è dato sapere se questa notizia è vera o è solo l’ennesima trovata di quei burloni di Repubblica. Però, pensateci: un premier, che è tale da molti anni, e che da altrettanto tempo manca clamorosamente alle proprie promesse elettorali si inventa, dall’interno dell’establishment, un movimento populista contro quello stesso sistema che egli rappresenta ed alla cui decomposizione ha così egregiamente contribuito.

Sarebbe solo l’ultimo atto di una impotenza riformatrice che in un paese meno stolto di questo avrebbe spedito Berlusconi a giocare coi nipotini in una delle sue ville caraibiche. Ma il Cav. sa che questo è un paese per vecchi rintronati dalla televisione, con un livello culturale che non si è mai realmente discostato (mutatis mutandis) da quello dell’altro Ventennio della nostra storia, con buona pace della fibra ottica e delle autostrade dell’informazione, e quindi prosegue per la sua strada, fatta di morfina ed effetti speciali. E’ aiutato in questo da un’opposizione dotata di una visione della società e dell’economia come non ne se trova più neppure a Cuba, e può quindi sempre sventolare il drappo rosso della minaccia al portafoglio dei sudditi. Dal Predellino ai brambilleschi Promotori della Libertà alla virago Santanché, che dovrebbe quindi risultare la caricatura di colei che è già naturaliter una caricatura: la piccola pescivendola di Wasilla. La dose deve continuamente essere aumentata, come ogni sostanza psicotropa che si rispetti. L’amaro calice continueranno a berlo gli italiani, spacciato da the.

Ma è interessante anche la saldatura tra rivolta fiscale e i cosiddetti “temi etici”: costruire un modello simile a quello dei Tea Parties americani necessita anche di una visione ultraconservatrice e reazionaria della società, come diciamo da tempo. Non può esistere una banale rivendicazione di minori tasse senza un progetto “culturale” complessivo, e questo sarebbe già dovuto essere chiaro anche ai nostri entusiasti replicanti. Non chiedete il taglio dell’Irap, cari imprenditori, è tempo perso.

Non chiedete asili nido e quozienti familiari, cari sudditi anticomunisti: non ci sono soldi e anche questo avreste dovuto saperlo da tempo. Non chiedete risorse, cari ricercatori colpiti dalla “riforma” dell’università, quelle stesse risorse che vi spetterebbero perché esplicitamente previste dall’esecutivo, la discriminante tra una riforma e il definitivo smantellamento della ricerca italiana, perché anche qui non ci sono soldi, e non è un problema di calendarizzazione di lavori parlamentari. In cambio, avrete la lotta alle caste (tutte meno quella alla classe politica che vi ha regalato questo governo e questa maggioranza) e la “difesa della vita”, o meglio dello stile di vita di questi signori che vi prendono per il culo da quasi un Ventennio, ormai. Anche questo con la maiuscola.

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