Ciao. Dove sei?
Un tempo non esisteva il linguaggio, si parlava a gesti e grugniti, presumo.
La lingua si sviluppa, diviene uno strumento incredibile, ed alcuni giocano a scoprirne tutti i lati.
Si sviluppano i modi di comunicare, e le distanze si accorciano, si parte con i messaggeri, gli ambasciatori, talvolta i famosissimi piccioni viaggiatori, fino al telefono senza fili e al telegrafo.
Poi il telefono.
Non so voi, io ho una profonda nostalgia dei telefoni bianchi o grigi, con la corona dei numeri dal moto circolare, ma soprattutto del fatto che potevi sempre dire di non esserci, o che se eri fuori, beh, poco male, avrebbero riprovato dopo.
L’inizio di una telefonata era sempre un "Ciao, come stai?" e anche di questo ho profonda nostalgia, e semplicemente perchè a quella frase calda, segno di rapporto e di interesse, si è sostituito con il cellulare un freddo:
Forse non significa nulla, o forse è segno di distanze diminuite solo virtualmente e rapporti allontanati fino all’inverosimile.
Fatto sta che in quelle tre parole c’è un piccolo menefreghismo per come una persona stia, per cosa stia facendo, l’interesse è rivolto a dove è, alla distanza temporale e spaziale che separa.
Dovunque voi siate, quindi, eviterò di chiedervi quanto distiate da me, ma piuttosto, come state?
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