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Chi ha paura di Magic Flute?

"Dreadful" (pauroso) osserva una spettatrice giapponese e in segno di disappunto alza le braccia quasi a invocare una divinità riparatrice al presunto scempio. Contemporaneamente, però, la stessa spettatrice flette il capo in un inchino, quasi a chiedere scusa per l’impertinente critica alla azzardata regia dell’opera mozartiana. Si perché la coraggiosa versione che al Festival di Salisburgo ne ha dato Pierre Audi ha lasciato sconcertato più di uno spettatore.

Sconcerto per l’audacia con la quale un’opera così densa di allegoria come il Flauto Magico è stata trattata dal regista libanese con la leggerezza di un sogno ? Irritazione per la disinvoltura con la quale la scenografia "irride" al mostro sacro, ragazzo prodigio, dispettoso Wolfgang?
Siamo lontani dal film con il quale il regista americano Milos Forman ha tracciato la biografia del ragazzo-prodigio.
Però l’indignazione dei veri "conservatori", quelli che nel Flauto Magico vedono soprattutto l’inclinazione (aderenza?) alla Massoneria del compositore austriaco e tutto il "buonismo" implicito nella storia inventata dall’amico Emanuel Schikaneder, autore del libretto, è davvero immensa, al punto da potersi spiegare soltanto con la psicoanalisi.
Personalmente, lasciando perdere la scontata interpretazione allegorica che appassiona le persone più seriose, ho trovato tutta la messinscena semplicemente geniale.
Non si tratta in fondo di una favola? Non c’è forse una regina cattiva, un eroe buono, una fanciulla rapita e un antagonista cattivo? Il tutto con il finale ottimistico della vittoria del Bene sul Male? E allora perché indignarsi se il geniale Pierre Audi ne ha dato una versione favolistica in chiave moderna. Certo l’automobilina colorata dalla quale scendono Papageno e la sua comitiva di gnomi e nanetti è simile a quella di Paperino. Anche il minuscolo aeroplano che nel secondo atto atterra con i tre ragazzi può sembrare un azzardo grossolano.Ma tant’è. Tutta l’opera riesce a trasferire lo spettatore in un mondo magico, che dissacra, è vero, ma riesce a divertire senza togliere nulla a chi nonostante tutto ne coglie l’impegno.
Eppure molti spettatori disgustati da tanta disinvoltura, hanno giudicato "childish" infantile chi si è divertito e compiaciuto a questa nuova versione del Flauto Magico. 


Allora ecco due considerazioni che riporto come sintesi di discussioni e argomentazioni diverse:

1) Il "Flauto Magico" è una , forse l’unica, opera che si può presentare per essere compresa anche dai bambini.

2) Non è poi tanto male essere un po’ "infantili" perché questo consente di cogliere più a fondo un’opera d’arte.

Personalmente vorrei aggiungere: chi ha paura dell’infantilismo, ha represso perché la teme, la parte più ingenua di sè.

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