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Caso Orlandi: di nuovo in carcere Francesco Sbrocchi. La storia della maxitruffa

Ritorna in carcere a Larino, per inosservanza degli obblighi della sorveglianza speciale, Francesco Pio Sbrocchi, 54enne originario di Troia, ma residente a Borgo Cervaro (Foggia), rintracciato dalla polizia di Foggia in un'abitazione alla periferia di Termoli usata dal latitante come rifugio. La storia criminale di Sbrocchi è legata alla tentata maxitruffa del 1994 ai danni della Santa Sede costruita intorno alla misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi, figlia di un modesto dipendente del Vaticano svanita nel nulla all'età di 15 anni, il 22 giugno dell'83, e mai più ritrovata. 

40 miliardi di vecchie lire, 150 posti di lavoro nominativi in Istituti di credito nazionale, oltre al trasferimento di circa 600 impiegati della pubblica amministrazione. Queste le condizioni che Sbrocchi, allora 36enne con precedenti penali per truffa, reati contro il patrimonio e millantato credito, avrebbe imposto a interlocutori dello Stato pontificio in cambio di notizie sulla sorte di Emanuela. 

Durante l'inchiesta sulla “grande truffa”, conclusasi in fretta con un'archiviazione in poco più di un anno su richiesta della Pm Giuseppa Geremia, il Gip titolare delle indagini individuò in Francesco Sbrocchi l'intermediario tra una non meglio precisata organizzazione internazionale ed il responsabile della Caritas diocesana di Roma, monsignor Di Liegro; in alcuni incontri, quest’ultimo era accompagnato da rappresentanti della Segreteria di Stato del Vaticano.

“A titolo di prova - riferiscono gli inquirenti della 'catturandi' di Foggia - su diffidenza dell’interlocutore del Vaticano che chiedeva una prova dell’esistenza in vita della giovane Orlandi, lo Sbrocchi prometteva una videocassetta con una ripresa della ragazza, in cambio di un anticipo della somma complessiva pari a 5 miliardi di lire, avvisando che qualora ci fossero stati intoppi nella trattativa, l'organizzazione avrebbe fatto trovare morta Emanuela Orlandi in Piazza San Pietro.”

Le indagini condotte nel marzo del 1995 dai giudici Adele Rando e Rosario Priore portarono all'arresto di don Tonino Intiso, all'epoca dei fatti direttore della Caritas di Foggia, e dell'avvocato di San Severo, Matteo Starace, noto per essere stato il difensore, al maxi processo per la mafia foggiana, del presunto assassino di Stefania Delli Quadri, la ragazza rapita e poi uccisa in un casale. Entrambi vennero scarcerati da “indagati” a 20 giorni dal mandato di cattura e ordine di custodia cautelare disposto presso il carcere di Rebibbia, perché la trattativa sarebbe partita da una falsa informazione sulla Orlandi. Secondo Sbrocchi la ragazza aveva un figlio ed era in mano ad un’organizzazione del meridione.

È proprio tutto falso? È l'ennesimo pesante depistaggio ad opera di un mitomane?

In fondo lo Sbrocchi segna al suo attivo “solo” 15 anni di carcere passati in 41 penitenziari in Italia, 7 all’estero, 10 di latitanza in 18 regioni italiane ed in una serie di nazioni europee. Pare, anche, che essendo senza fissa dimora per campare si fosse finto frate francescano. Nel 2011 poiché il carcere di Larino non era idoneo a curare una sua cardiopatia venne "riconvertito", e “guarito dalla sua dipendenza dall'alcool” da un sacerdote, termolese di adozione, don Benito Giorgetta, nella cui diocesi fece pianta stabile almeno fino al trasferimento nel foggiano, su ordine della Procura di Foggia. La storia criminale di chi “avrebbe truffato mezzo mondo" – riferiscono persone di Termoli vicine allo Sbrocchi – risale al 1976.

Aveva solo 24 anni quando si dedicò allo spaccio di sigarette di contrabbando e armi per rifornire la criminalità organizzata. Non è un caso che lo stesso “si vantasse” di essere un allievo di Raffaele Cutolo, il boss della Nuova Camorra Organizzata. Secondo la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) lo Sbrocchi avrebbe movimentato dal 1980 un volume di affari stimato in 150 miliardi, 8 dei quali entrati in suo possesso. Soldi che, però, avrebbe dilapidato, giocandoseli nei casinò di mezza Europa.

Occorre ricordare che il pregiudicato foggiano è apparso agli inquirenti “non sempre convincente”, “persona disturbata" e priva di qualsiasi credibilità, “tanto da smentire se stesso in più di un'occasione. A maggio del 2013, in effetti, si è dichiarato innocente, ritrattando tutto ancora una volta, sostenendo che vi erano ben altri cervelli dietro la tentata truffa. “Personaggi noti – dichiarava Sbrocchi – cui si associano nomi di decine di persone che sanno e sapevano, quali l’ex Arcivescovo di Napoli, card. Michele Giordano, e monsignor Luigi Di Liegro, e potevano essere l’ago della bilancia ma non hanno voluto e si sono portati i segreti con sé”.

Quando, nell'ottobre del 1993, venne fermato dai Carabinieri di Potenza per aver raggirato alcuni commercianti della zona con assegni falsi, nel corso dell'interrogatorio di rito, Sbrocchi avrebbe riferito al Pm di “un altro pregiudicato foggiano” da lui denunciato in precedenza alla Magistratura perché coinvolto con altre persone nel rapimento di Emanuela Orlandi. Un rapimento che a detta del foggiano “non aveva finalità estorsive. Bensì doveva servirgli per ottenere da Cutolo documenti relativi al “sequestro di Ciro Cirillo”, avvenuto il 27 aprile del 1981 per mano delle Brigate Rosse a Torre del Greco, e per il cui rilascio, non senza un fiume di polemiche, la Democrazia Cristiana optò per la trattativa con i terroristi.

La domanda è sempre la stessa. Perché, visti i precedenti, credere ad una truffa così opaca nei mezzi, nella forma, nei tempi? Perché don Intiso, e l'avvocato Starace, avrebbero accolto un millantatore tanto da farlo relazionare con “alti Prelati”, tanto da farsi raggirare da un noto ed esperto latitante, convinti che Emanuela Orlandi fosse viva dopo 13 anni?

“Per parlare di tutti i raggiri tentati, della false promesse e segnalazioni e delle molte mitomanie vere – afferma il giornalista d'inchiesta Pino Nicotri, autore nel 2008 del libro Emanuela Orlandi - La verità – ci vorrebbe un libro a parte, buono come trattato dell’ordinaria follia e miseria umana. Difficile assegnare la palma del mitomane. Notevole la tentata stangata da 40 miliardi di lire, come a dire una cinquantina di milioni di euro di oggi finita con l’incriminazione nel 1995 dei protagonisti, compreso il forse inconsapevole direttore della Caritas di Foggia, don Antonio Intiso.”

“La trattativa sulla bella cifra – ricorda Nicotri – è andata avanti per 11 mesi, sulla base di un memoriale consegnato in Vaticano da don Intiso. Si noti che a trattare erano alti esponenti della gerarchia d’Oltretevere e che questi – incalza il giornalista – al solito, si sono ben guardati dall’avvertire i magistrati italiani impegnati nel caso della loro 'cara bambina Emanuela'. Ai magistrati non verrà fornita né una copia né una sola riga del dossier.”

“La truffa tentata a suo tempo da Francesco Sbrocchi&Co – spiega Pino Nicotri – è un canovaccio che anticipa quello utilizzato con me per cifre più modeste da un avvocato milanese nel 2012. Il legale mi disse che agiva per conto dell’'ex 007' Luigi Gastrini, che era riuscito a convincere il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, e il giornalista del Corriere della Sera Fabrizio Peronaci, che 'Emanuela è viva ed è chiusa in un manicomio nel centro di Londra' e di essere stato lui, in qualità di 'agente dei servizi segreti militari italiani, con il nome in codice 'Lupo Solitario', il 'supervisore sul campo del suo rapimento'. Rapimento, a dire di Gastrini, 'eseguito da agenti segreti dei servizi militari italiani e inglesi' Dalla richiesta di due milioni di euro 'per riportare la Orlandi in Italia dal manicomio dove è tenuta prigioniera a Londra', il tentativo di truffa si ridusse man mano alla richiesta di poche migliaia di euro... Ma non avrei abboccato – chiosa Nicotri - neppure gratis.”

“A sua volta l’'ex 007 Lupo Solitario' fasullo – sottolinea lo studioso del Caso Orlandi – condannato a 7 mesi di carcere proprio per essersi spacciato come ex agente dei servizi segreti, è stato un antesignano dell’ultimo, per ora, 'rapitore di Emanuela' tra i molti venuti fuori in questi 30 anni dalla scomparsa della ragazza. Un antesignano, cioè, del fotografo romano Marco Fassoni Accetti, che come è noto l’anno scorso ha 'rivelato' ai magistrati di essere stato lui 'l’organizzatore' della sparizione della Orlandi, una messinscena che avrebbe dovuto essere solo temporanea e con la quale a dire di Fassoni Accetti la 'rapenda' era d’accordo. Invece che per conto di misteriose 'organizzazioni internazionali' che battono pesantemente cassa, Fassoni Accetti afferma che agiva per conto di una non meno misteriosa e fantomatica 'fazione vaticana'. Inoltre non chiede quattrini per eventuali liberazioni perché 'a partire dal dicembre dell’83 di Emanuela non ho più saputo nulla'. Il 21 dicembre del 1983 Fassoni Accetti venne arrestato e in seguito condannato per avere investito mortalmente con il suo automezzo il 13enne Josè Garramon, senza fermarsi a soccorrerlo.”

“I precedenti giudiziari e le 'rivelazioni' di Sbrocchi di suoi contatti con la Nuova Camora Organizzata di Raffaele Cutolo – commenta Nicotri – e di un suo coinvolgimento per conto di tale camorra nella trattativa per la liberazione dell’assessore campano Ciro Cirillo, rapito dalle Brigate Rosse, possono far sperare ai drogati del mistero Orlandi e ai suoi speculatori mass mediatici in nuovi fuochi d’artificio e in nuove puntate di programmi televisivi. L’amo al quale fare abboccare il pubblico è bell’e pronto: nel maggio del 2013 Sbrocchi ha 'rivelato' che dietro la tentata truffa al Vaticano c’erano 'personaggi noti cui si associano nomi di decine di persone che sanno e sapevano, quali l’ex arcivescovo di Napoli, cardinale Michele Giordano', altro protagonista di una non bella vicenda giudiziaria, tutti nomi che 'potevano essere l’ago della bilancia, ma non hanno voluto e si sono portati i segreti con sé'.”

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