Carlos lo Sciacallo condannato all’ergastolo per terrorismo
La domanda viene fatta di rito, con il tono indolente e leggermente svogliato di chi l’ha ripetuta migliaia di volte: “Ha altro da dire a sua difesa?”. A pronunciarla, Olivier Leurent, presidente della giuria della Corte d’Assise di Parigi. Ma la risposta, decisa nel marcato accento sudamericano che la culla, non ha niente di usuale: “Se parlo non è per difendere me, ma per difendere lei, vostro onore”.
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Si è chiuso così l’ultimo giorno del processo a Carlos, il terrorista venezuelano che con le sue bombe ha fatto tremare le città di mezzo mondo - da Vienna a Londra, da Tripoli a Karthoum - e che ora scuote con le sue intimidazioni le sale del ministero della giustizia di Parigi. Ma, ci tiene subito a precisare, il suo è solo un avvertimento.
Le minacce, dice, non sono roba da gentiluomini. Ed Ilich Ramirez Sanchez ha sempre vantato di essere innanzitutto un gentleman. Quello che è trasparso da due ore di arringa (teatrale come al solito, ma senza lasciarsi andare ad eccessi di rabbia) è lo sfogo del guerrigliero.
Proprio nel momento in cui sarebbe stato consigliabile abbassare la cresta ed affidarsi alla clemenza della corte, questo anziano signore (che è riuscito per vent’anni a tenere sotto scacco le polizie ed i servizi segreti di 3 continenti) ha calibrato bene le sue parole, caricandole con un’irriverenza spinta ai limiti dell’oltraggio.
Eppure, nonostante il tono di sfida dell’imputato si è avvertita, palpabile, una sottile tensione tra i banchi della difesa. E’ soprattutto il volto di Isabelle Coutant-Peyre, legale e compagna di Carlos, a rivelare un certo nervosismo.
Se i giudici dovessero accettare le richieste dell’accusa, formulate martedì scorso in una requisitoria durata 9 ore dagli avvocati François Ricard e Olivier Bray, per Carlos potrebbe essere la fine. La possibilità di ottenere la libertà condizionata, che nel 2012, dopo 18 anni di detenzione, gli verrebbe molto probabilmente accordata, svanirebbe in un soffio. È quello che temono più di ogni cosa il rivoluzionario in pensione e sua moglie.
La corte si era ritirata poco prima delle 19. Il verdetto è arrivato verso mezzanotte, giusto in tempo per non far dormire sogni tranquilli al detenuto, al momento ospitato alla prigione della Santé. Accolte in toto le richieste dell’accusa: Ilich Ramirez Sanchez è stato giudicato colpevole di tutti e quattro gli attentati (che causarono 11 morti e 150 feriti) e condannato all’ergastolo con l’aggravante di 18 anni di carcere di massima sicurezza.
Una sentenza pesante come un macigno, che l’avvocato del terrorista ha già respinto come illegittima: “E’ uno scandalo, non c’è stato nessun progresso in materia d’indipendenza della giustizia dalla Repubblica di Vichy ad oggi. Ricorreremo in appello”. Ma le parole di Madame Coutant-Peyre tradiscono tutta l’amarezza che può provare una moglie nel vedersi negare, forse per sempre, la compagnia di suo marito. Anche se si tratta dell’ex terrorista più ricercato al mondo.
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