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Campania laboratorio di speranza: la fitodepurazione per recuperare la Terra dei Fuochi

Partiamo da un presupposto: il dramma trentennale della “Terra dei fuochi” può essere affrontato. Tanti sono i possibili modi, e noi vorremmo proporre un approccio costruttivo che produca soluzioni ad alto livello di innovazione. Soluzioni, non chiacchiere, che si pongano l’obiettivo non solo di recuperare le aree più importanti e popolose del nostro territorio, ma altresì di realizzare nuove opportunità di economia e di lavoro. Ciò da cui vogliamo partire è chiamata "Phytoremediation", alias “fito-bonifica”. Cos’è? Trattasi di un procedimento che utilizza le piante per assorbire i veleni e i metalli pesanti dal terreno e dalle acque sottostanti, imprigionandoli nella parte aerea della pianta stessa. 

Su questo terreno (vero e proprio) della ricerca sono in molti ad essersi cimentati, tanto in Italia quanto nel resto del mondo, con risultati a volte eccezionali. Ad esempio, si potrebbe portare nei nostri luoghi l’esperienza dei ricercatori del Warwick Manufacturing group, che hanno avviato un programma chiamato "Cleaning land for wealth" che utilizzerà delle specie di fiori comuni per bonificare i terreni inquinati e per produrre nanoparticelle di platino ed arsenico da utilizzare nei convertitori catalitici, nell’elaborazione trattamenti per il cancro e in una serie di altre applicazioni.

Insomma, parliamo quasi di fantascienza (ma è reale) se paragoniamo i risultati di questa esperienza al nostro anno zero ambientale. E non è certo una novità, intendiamoci, che alcune specie vegetali vengano impiegate nelle strategie di bonifica. Tra queste ci sono anche gli alyssum, specie di origine europea composta da piante erbacee annuali e perenni o piccoli arbusti che hanno foglie ovali e fiori bianchi e gialli, ma anche i pioppi, brassicaceae, graminaceae, girasoli e così via.

Insomma, tecnologia ed inventiva possono aiutarci a risolvere le sfide ed i problemi presentati dai terreni inquinati, fino a consentirci di recuperare aree oggi considerate perdute. Inoltre e questa è la cosa obiettivamente straordinaria, sviluppare processi biologici e di bioraffinazione che determinano le forme e le dimensioni delle nanoparticelle dei metalli si che producono dalla attività di fitodepurazioneconsentirebbe ai produttori di convertitori catalitici, sviluppatori di trattamenti contro il cancro e di altre tecnologie di approvvigionarsi dei materiali necessari nelle giuste forme, dimensioni e funzionalità di cui hanno bisogno, senza la necessità di successivi trattamenti. 

Quindi, è bene dirlo, non dobbiamo affatto considerare definitivamente compromessi i tanti territori sottoposti ad un vergognoso scempio ambientale. Anzi, con pazienza e attenzione si possono rilanciare, riconvertendoli ed utilizzandoli per portare avanti ricerca scientifica, lavoro super qualificato, per ripristinare allo stesso tempo lo stato di salute dell’ambiente e degli uomini. Su tempi e modi si può discutere ampiamente, ma peggio sarebbe continuare a basarci sulla pazzia del non fare a prescindere.

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