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Caivano (Na): "La terra dei fuochi"

Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, spiega le problemtiche del suo paese e non solo.

La sensazione che in questi giorni accomuna gli abitanti di un’ampia fascia di territorio tra le Province di Napoli e Caserta è quella dell’impotenza. Si sentono come una mamma che, disperata, invoca aiuto per il suo bambino che sta annegando. Accanto a lei un bagnino la sostiene e la compiange, ma non si decide a gettarsi in acqua perché… lavora per un altro lido. 

Semplificare è pericoloso, però a volte rende il senso. 
Dopo le denunce di molti quotidiani, mezza Italia parla e scrive dei roghi tossici in Campania. Finalmente si è capito che il dramma dei rifiuti industriali, altamente inquinanti –da non confondere con i rifiuti urbani– sversati illegalmente e poi dati alle fiamme, non riguarda solamente la popolazione a nord di Napoli, ma coinvolge tutti.

Finalmente si è compreso che i fumi velenosi, portati via dal vento, dopo aver ammorbato i residenti, avvelenano i passeggeri delle auto che affollano l’autostrada e le superstrade. Così come i prodotti agricoli, coltivati accanto alle fumaiole nere, vengono consumati anche in altre regioni.
Un italiano normale si sarebbe aspettato di vedere coloro che hanno la responsabilità del territorio e dei cittadini saltare dalle sedie e darsi da fare, individuando le priorità da perseguire. Innanzitutto spegnere i roghi e vigilare che non se ne appicchino altri. Ne va di mezzo la salute delle persone, la qualità della loro vita, la salvaguardia dell’ambiente, l’economia, la dignità della politica. Prima assicuriamo l’aria – l’aria! – poi si penserà alle bonifiche.

C’è un popolo che ancora crede nei suoi rappresentanti, ancora ha fiducia nelle istituzioni. Se tantissimi cittadini si sono organizzati per pattugliare le campagne, se tanti siti dove si brucia sono ben individuati, se la gente teme –prove alla mano, anzi incise nella carne– per la sua salute, a uno Stato importante e “moderno” come il nostro non mancherebbero certo le possibilità per correre ai ripari. Logico, no? Non del tutto, a quanto pare. 

Pochi giorni fa, le “sentinelle buone”, i membri dei vari “comitati per la liberazione del territorio”, decidono di portarsi al campo rom di Caivano per dialogare con questi fratelli che, dispiace dirlo, per necessità o altro, si rendono complici in questa desolante e desolata storia. Naturalmente loro sono le prime vittime dell’avvelenamento dell’aria, dell’acqua, del suolo, vivendo a pochi metri dai luoghi dove si brucia. Ma forse non lo sanno, di certo non se ne rendono conto.

Strana solidarietà è quella di dare ospitalità a un gruppo di nomadi per poi abbandonarli a se stessi. Un mondo nel mondo, sconosciuto, che fa paura a tanti e pietà a tanti altri. Tutti li vedono e quasi nessuno si accorge di loro. Decidiamo di andare a trovarli, dialoghiamo, cerchiamo di convincerli. Loro, naturalmente, negano ogni responsabilità. Quand’ecco che dai vani delle porte e delle finestre vuote di una casa sotto sequestro a ridosso del campo comincia ad uscire fumo. Andiamo a vedere. Incredibile, la casa è stata trasformata in una fornace. Negli scantinati si brucia rame. Fili di rame di ogni dimensione e di ogni tipo, rubati chissà dove, trasportati da chissà chi. Nei solai in cemento sono stati praticati enormi fori a fare da ciminiera per la combustione. Il puzzo si fa sempre più opprimente. L'aria diviene irrespirabile. Vengono allertate le forze dell’ordine e i vigili del fuoco. Allucinante. La “fornace della disperazione”, come viene subito chiamata, emana un fetore mortifero. È quasi mezzanotte quando andiamo via.

Intanto, si continuano a cercare interlocutori. Si fa la spola da un ufficio all’altro, dai sindaci di questi paesi alla prefettura, dai vigili urbani ai carabinieri. Ognuno rimanda a qualcun altro. 
Mentre i roghi, più brutti della peste, beffardi, continuano a bruciare, incuranti di tutto. Sotto gli occhi di tutti, come in questi giorni, qualche rogo di enormi dimensioni, a soli pochi passi dal centro cittadino di Caivano, persiste. 
Dispiace dirlo, ma al contrario dello Stato burocratizzato, inceppato, lento e dispendioso, la camorra ha idee rozze ma chiare, e si muove più svelta di una lepre. Una lepre con zanne e artigli letali.
Padre Maurizio Patriciello

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