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Cadavere non identificato, di Patricia Cornwell

Con Cadavere non identificato la saga di Kay Scarpetta perde quel che le restava del fascino dell’inchiesta e si trasforma in un racconto di emozioni e di persone, di rapporti, di dolore, di vite difficili e tormentate, di sopravvivenza ad un quotidiano che in pochi potrebbero sopportare.

Patricia Cornwell relega nelle retrovie l’aspetto giallo del romanzo e si dedica ai tormenti interiori dei suoi personaggi.
Non fraintendetemi, la vicenda c’è… e potenzialmente sarebbe anche una delle più interessanti, basta pensare che abbiamo a che fare con un Loup-Garou, però è poco sviluppata rispetto al resto.

Si comincia con il ritrovamento di un cadavere chiuso in un container arrivato in porto a Richmond. La cosa curiosa è che sul corpo ci sono parecchi peli lunghi e setosi. Animale? Sembrerebbe di no, sono peli umani ma molto lunghi, troppo lunghi.

Da qui comincia l’inchiesta che porterà Kay Scarpetta e Marino fino in Francia. Solo che la parte buona dell’inchiesta è sbocconcellata e la ritroviamo pienamente solo sul finale.
Prima ci tocca sorbire le difficoltà psicologiche della protagonista, alle prese con la morte di Benton, quelle della di lei nipote Lucy, che combina l’ennesimo casino sempre perchè non riesce a farsi accettare, quelle di Marino, che nella sua vita sconclusionata questa volta finisce per essere quello più logico ed efficace.

Quando però la vicenda riprende quota ecco che il libro torna ad essere interessante e si viaggia tra il mistero di un lupo mannaro e la pericolosità di un assassino molto vicino ad una bestia senza sentimenti e capace di una violenza brutale ed estrema.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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