#COP20: un accordo c’è ma Parigi 2015 sarà il vero banco di prova
di Sara Matera
Si è chiusa a Lima la ventesima Conferenza delle Parti dell’UNFCCC (United Nation Framework Convention on Climate Change). Dopo le ultime concitate ore, nelle quali è sembrato delinearsi uno scontro tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo, l’accordo è finalmente arrivato.
Questo è il testo approvato dall’Assemblea Plenaria che ha visto la partecipazione di 190 Stati, con oltre 11.000 delegati provenienti da tutto il mondo. Da qui si partirà per costruire il nuovo protocollo internazionale sul clima atteso per il prossimo anno al termine della COP21 di Parigi.
L’attesa era tanta, quindi è naturale domandarsi se la COP20 sia stata all’altezza delle aspettative.
Secondo Christiana Figueres, Segretario Esecutivo dell’UNFCCC, “i Governi lasciano Lima con una nuova ondata di ottimismo riguardo Parigi”.
La conferenza sul clima di Lima – si legge nel comunicato ufficiale dell’UNFCCC - ha raggiunto una serie di esiti e decisioni importanti, alcuni dei quali compaiono per la prima volta nella storia dei negoziati internazionali sul clima.
Tra le maggiori novità: la partecipazione di tutte le nazioni, anche di quelle invia di sviluppo, al Green Climate Fund (GCF) che ha raggiunto l’obiettivo iniziale dei 10 miliardi di dollari; il fatto che diciassette Paesi industrializzati si siano sottoposti alla valutazione multilaterale delle loro emissioni; la “Lima Ministerial Declaration on Education and Awareness-raising” che chiede ai governi di inserire il cambiamento climatico all’interno dei curricula scolastici.
Nel Lima Call for Climate Action ci sono anche iniziative per la promozione dei Piani Nazionali di Adattamento come strumenti fondamentali per raggiungere la necessaria resilienza; la riconferma per due anni del fondo per far fronte a perdite e danni (Loss and Damage), con una particolare attenzione a Paesi in via di sviluppo e popolazioni particolarmente vulnerabili; il rafforzamento del Technology Mechanism attraverso il collegamento al Green Climate Fund; la creazione di un programma sull’equità di genere per promuovere la sensibilità di genere nello sviluppo e nell’implementazione delle politiche sul clima.
Dal punto di vista strettamente finanziario, durante i giorni del negoziato nuovi Governi hanno aderito al Green Climate Fund (Norvegia, Australia, Belgio, Peru, Colombia e Austria) che supera così i 10 miliardi di dollari; la Germania ha versato 55 milioni di euro nel Fondo per l’Adattamento; la Cina ha annunciato un impegno di 10 milioni di dollari quest’anno per la South-South cooperation e 20 milioni già dal prossimo.
Purtroppo, le associazioni ambientaliste non sono altrettanto entusiaste:
Nonostante quanto accaduto nelle Filippine e l’anno potenzialmente più caldo mai registrato, i governi hanno optato per un piano solo abbozzato di taglio delle emissioni – ha affermato Samantha Smith del WWF. I governi hanno fallito completamente nell’accordarsi su uno specifico piano di taglio delle emissioni prima del 2020. L’esito di Parigi è ancora un mistero che i governi possono risolvere, ma il cammino verso un accordo adeguato ed equo, basato sulla scienza e non sulla politica, si fa sempre più arduo.
Un “nulla di fatto” anche secondo Legambiente che registra una pericolosa battuta d’arresto che rischia di compromettere l’esito della Conferenza di Parigi.
I governi sono stati incapaci di sciogliere i nodi relativi alla differenziazione degli impegni nazionali e al sostegno finanziario ai paesi in via di sviluppo che continuano a bloccare i negoziati verso Parigi – afferma il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza -. E’ indispensabile che i governi si mettano al lavoro da subito per superare gli antichi steccati tra paesi industrializzati e in via di sviluppo e concordare i criteri per differenziare senza ambiguità e in una dimensione dinamica gli impegni dei singoli paesi (ricchi, emergenti e poveri) nel pieno rispetto dell’equità. Nei prossimi mesi – ha aggiunto - sarà indispensabile mettere in campo una forte mobilitazione della società civile. A partire dall’Italia e dall’Europa. Senza una ritrovata leadership europea difficilmente la Conferenza di Parigi potrà avere successo.
Insomma, il messaggio che arriva da Lima è che la consapevolezza internazionale dell’urgenza della questione climatica sta crescendo; tuttavia nessun impegno concreto e vincolante è ancora stato preso.
Per riassumere potremmo dire che hanno salvato la “forma”, ma manca ancora la “sostanza”. Il vero banco di prova sarà senza dubbio la prossima COP che si terrà a Parigi a dicembre 2015. Solo allora sapremo se alle parole seguiranno i fatti.
Crediti immagini:
Documento ufficiale Nazioni Unite
Logo ufficiale COP20
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