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 Home page > Tribuna Libera > C’era una volta l’Italia, anzi non c’è mai stata

C’era una volta l’Italia, anzi non c’è mai stata

Chi un lavoro ce l’ha, per paura di perderlo forse, per ignoranza o probabilmente per nascondere la soddisfazione di averne uno, vede nel disoccupato un lazzarone, uno che sta li apposta a drammatizzare una situazione che non esiste. Chi un lavoro ce l’ha, viene confortato dalla grande maggioranza dei media, controllata dal leader di governo, che mostra come l’Italia sia in una situazione migliore rispetto agli altri stati europei, raccontando della ripresa e del contenimento della disoccupazione. Solo quando si verifica in concreto la perdita del lavoro, il sostenitore del Primo Ministro si trova a fare i conti con una realtà che non conosceva e che è tutt’altro che rosea.

Perché nonostante tutto molti italiani votano Berlusconi? Me lo sono chiesto spesso e sono arrivato ad una risposta che mi sembra la più plausibile. L’Italia è un paese diviso in due. C’è chi un lavoro ce l’ha e chi l’ha perso o non l’ha mai avuto. I disoccupati, gli occhi li hanno aperti loro malgrado e ovviamente riconoscono nel leader di governo la causa del loro status. Vediamo perché. L’iscrizione alle liste di disoccupazione è la prima fase di un tormento senza fine. Prima eri un operaio, un impiegato o un manager soddisfatto del proprio lavoro e con uno stipendio tutto sommato che ti permetteva di attuare quegli obbiettivi di vita comuni a tanta gente e ora ti ritrovi a fare forsennate ricerche su internet e sui giornali per trovare un posto di lavoro. 

Ora sei uno di quei numerosi individui di colore bianco, nero e giallo che affollano l’anticamera di un ufficio che dovrebbe darti un lavoro. Leggi gli avvisi che si trovano nelle sale di attesa. Ne vedi quattro e mentre li leggi altre quaranta persone sono vicine a te e leggono la stessa cosa. Ne senti il sudore, l’alito pesante misto a profumi di colonia e respiri affannosi. Molti di costoro sono habitué del lavoro saltuario, precario. I commenti nella sala si sprecano e quello che per te sembrava una situazione lontana, una bugia raccontata dalle opposizioni per contrastare il governo, ora è una realtà peggiore di quella che potevi immaginare.

Torni a casa e ti attacchi a internet e consulti i numerosi siti che offrono lavoro. Le offerte sono numerosissime e confortato dalla quantità, sei sicuro di trovarne uno.

Ahimé le cose però non stanno proprio come pensavi. Scopri che il 70% degli annunci sono rivolti alla vendita mentre il restante 20% riguardano lavori tradizionali, proprio quelli che cercavi, e lavoretti part-time di servizi rivolti alla persona.

Se hai superato i 45 anni ti accorgi pure che sei troppo vecchio e rivolgi incuriosito lo sguardo agli annunci di ricerca “venditori”. L’80% degli annunci di ricerca “venditori” è rivolto al mercato dell’energia e della telefonia.

Questi settori però sono saturi e costellati da migliaia di agenzie e professionisti preparati o presunti tali, che sfruttano questa situazione di disagio occupazionale.

Cari lettori, gli affaristi sanno benissimo che se dovessero essere loro stessi a sollecitare privati e aziende al massimo produrrebbero non più di 600/700 euro al mese lorde. Allora ecco che queste persone, detentori di un contratto di agenzia presso la società di servizi, mettono in atto la strategia di acquisire tanti procacciatori d’affari (il mercato della disoccupazione e disperazione) che lavorano per loro. I procacciatori dureranno al massimo da 1 a 3 mesi. Che importa, il turnover è il motore che favorisce lo sfruttamento. Se solo 10 di questi procacciatori produrranno 500 euro al mese, le agenzie intascheranno tranquillamente 3mila/ 4mila euro al mese senza aver mosso un dito. Ovvio che con i 500 euro al mese strappati con il sangue, non si va lontani e normalmente si lascia. Volendo poi provvedere direttamente ad accedere a questi mercati, di dovrebbe aprire una partita iva e mettere mano al portafoglio prima ancora di lavorare. Il nostro amico così, si ritrova suo malgrado precario a 45 anni suonati e deve inventarsi qualcosa per sbarcare il lunario.

La realtà ha superato l’immaginazione e tutto questo accade mentre i TG di governo presentano uno scenario di lavoro che riprende e di pochi ribelli che hanno come unico scopo quello di sovvertire l’operato del governo. Ma tu, neo disoccupato, dopo aver provato sulla tua pelle e girato per uffici di collocamento e agenzie di lavoro, “longa manus” di piccoli sistemi mafiosi legalizzati, ti accorgi che quei sovversivi non sono affatto pochi. Al contrario sono tanti, troppi e ti chiedi come mai non hanno fatto una rivoluzione. Forse perché sono troppo civili per pensare ad una rivolta armata, o forse perché sono brave persone che non farebbero male ad una mosca. Certo che ci stiamo andando vicino a soluzioni drammatiche anche se speriamo con tutto il cuore che non avvengano. Proprio i disoccupati dovrebbero essere bravi a tenere sotto controllo la disperazione e l’angoscia. Non è facile. Dobbiamo resistere alla tentazione di prendere una decisione violenta e anti democratica, anche se chi ci governa lo sta già facendo mandando all'aria proprio quella democrazia e quella costituzione in cui crediamo. La nostra resistenza deve essere mediatica (blog, social network e tutti i mezzi di informazione possibili) e portare i cittadini ad un voto democratico che rivoluzioni questa situazione drammatica.

La vera battaglia da combattere è l’informazione. Questa passa attraverso i filtri della censura dei proprietari di giornali e TV. I giornalisti sono solo degli impiegati che scrivono sotto dettatura, salvo quei pochi che per dire la loro un giornale se lo sono fatto proprio per non prendere ordini.

La battaglia sta nel chiedere a gran voce l’abolizione degli ordini professionali, caste create per controllare mercati e orientare i propri interessi. Il primo ordine da abolire è quello dei giornalisti. Chiunque può svolgere questo mestiere. Tutti hanno il diritto di scrivere e fare conoscere il proprio pensiero, anche con errori di ortografia e di analisi logica. Chi legge capisce e apprezza i contenuti anche se deve rinunciare al “dolce stil novo”. Se si è permesso di fare accedere alla politica gente come la famiglia Bossi e quei trogloditi leghisti, analfabeti e sprezzanti che alimentano xenofobia e odio, com’è possibile che una brava persona, semi analfabeta o poco istruita, non possa dire la sua?

Si permette che presentatrici qualunquiste (come Barbara D’Urso) tutte con qualifica giornalistica, supportate dal dio denaro e dalla pubblicità, raccontino nel piccolo schermo situazioni idiote, e fatto ancora più grave, problemi seri, che richiedono una sensibilità particolare e che invece vengono affrontati come comiche finali o melodrammi con sottofondi musicali che toccano le corde sentimentali dell’individuo. E con finale di scroscianti applausi. Intanto la signora D’Urso incassa. Incassa l’audience e la sontuosa parcella, alla faccia di umili telespettatori, disoccupati, casalinghe, studentesse poco impegnate e pensionati irretiti.

L’informazione ufficiale corre attraverso la faccia accattivante dei “testimonial”. I Totti, Belen, Corona, Mora e Moric e il solito prete di turno, che s’infila in mezzo per propagandare la sua attività di carità, rivolta non si sa a chi. Poi ci sono lo psicologo e la scema qualunque, che pur di far parlare di sé, s’inventa un personaggio provocatorio che sa di un Fantozzi consunto. Che dire poi della par condicio? Ecco la brava D’Urso mettere sulla sedia i soliti politici, divisi per pari ignoranza e lasciarli dire le solite banalità. In questo frangente il telespettatore ne approfitta per fare una visitina al bagno.

L’informazione ufficiale corre per “Porta a Porta” dove il levigato, elegante e griffato modello butterato Bruno Vespa, ci presenta la solita nidiata di politici apparentemente incazzati l’un con l’altro, mentre dentro se la ridono pensando a come spendere i 20mila euro al mese che rubano a quei coglioni di italiani; compreso te caro amico disoccupato. Sì perché anche se non lavori paghi. Sei fregato. Sei fregato pure quando il lacché Vespa ci presenta il suo ventesimo libro del mese, dedicato alle cazzate dei suoi amici politici ed edito dalla Mondadori del nostro latin lover della Brianza.

Siamo tutti fregati se non mettiamo subito mano all’informazione, snobbandola e boicottandola. Questa informazione prende i finanziamenti dello Stato (noi) per insultarci. Questa fasulla informazione difende la lobby dell’interesse personale e di casta e non certo del libero mercato, quel libero mercato dove pochi lucidi giornalisti, come Oscar Giannino, Marco Travaglio, Paolo Mieli e altri sognano.

La rivoluzione per un paese civile e democratico va fatta liberando l’informazione dall’assedio della dittatura dei potenti e favorendo il libero pensiero che è la base del libero mercato dove tutti e dico tutti possano trovare un lavoro o proporre le proprie idee.

Un paese dove la libertà dell’informazione è stata imbavagliata, è un paese assediato.

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