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Bruno, dall’infinito alla libertà

La realtà non è che ripetizione, perciò abbiamo bisogno di uno "sguardo" diverso, che non si fermi alle "figure" ma scopra le cose e ia realtà come "immagini". Abbiamo bisogno di "leggere il reale alla rovescia"(Proust) e, per così dire, dal punto di vista dell’infinito.

La perenne lezione di Giordano Bruno è tutta qui.

L'avvertimento con cui Paul Valéry aprì il suo primo corso al Collège de France potrebbe descrivere bene il modo in cui Bruno immaginava il suo compito: "vi ricordo che lo scopo di questo corso non è insegnare, ma risvegliare - non rendere alcune cose più facili, ma al contrario più difficili davanti a voi - non risolvere problemi, ma enunciarli - porre ostacoli dove siete abituati a camminare liberamente"

In quella drammatica tempesta di simboli che caratterizzò l'avvio della "nuova era", Bruno si è districato, e ha pagato per questo un prezzo alto, intercettando, come nessun altro, ciò che si agitava nel profondo del reale, inseguendolo con insistenza, fino ad intravedere orizzonti possibili.

Questo era possibile solo trasgredendo l'interdetto aristotelico fino ad arrivare a immaginare "che l’infinito, ossia ciò che non è, diciamo pure il nulla, sia il fondamento stesso della realtà: che è per questo sempre altra da sé, è infinitamente altra da sé, ma, per questo, al tempo stesso, è realtà infinita e infinita libertà. Perciò, secoli dopo Plotino,, l’antiaristotelico Giordano Bruno immaginò l’infinità dei mondi e quindi arrivò a pensare che l’infinito non solo è attuale, ma lo è sia rispetto allo spazio sia rispetto al tempo" (Sergio Givone, Sull'infinito, Il Mulino).

Tuttavia, è solo attraverso l’immaginazione e una diversa prospettiva sul reale che possiamo uscire da noi e cogliere "mondi possibili". 

Possiamo perciò convenire con Peter Sloterdijk, quando, sulla scorta degli studi delle opere latine di Bruno, condotti da Elisabeth von Samsonow, rileva che dopo la rilettura di alcuni testi latini di Bruno relativi alla "capacità costitutiva del mondo propria della 'fantasia', l'indolente tendenza degli storici delle idee a costruire il pensiero moderno a partire unicamente da Descartes si fa più discutibile che mai".

L'amore per la libertà, di cui Bruno è diventato un'icona - sì perché è necessario avere ben chiaro che Bruno è un testimone e un'icona non solo della libertà, ma della sceltaincondizionata per la libertà -, ebbene quell'amore e questa scelta non sarebbero pensabili senza il suddetto retroterra concettuale e filosofico, relativo all'idea di infinito.

Sono queste premesse e quella, personale, scelta, il motivo per cui parole e concettierano per lui soprattutto segni, vessilli, metafore, a cui Bruno dava, in un'epoca di disperate e sanguinose tempeste di simboli, una valenza semiotica, insospettata e inaccettabile per i più. 

Ma, in Bruno era già evidente la consapevolezza, che non è ancora del tutto nostra, del ruolo e della necessità di una continua ricerca, un continuo peregrinare e cercare, “per largo e per profondo”, “mai fermando i passi, di ciò che è oltre e oltre”.

Chissà se noi, oggi, siamo in grado di accogliere la lezione che viene da un “fastidito accademico di nessuna academia". Un autore polisemico, come Bruno, può essere letto (o, dovremmo dire, tradotto?) soltanto al plurale, andando sempre oltre, guardando le cose dal punto di vista dell'infinito, appunto, dal punto di vista dell'infinitamente altro. 

Dal punto di vista dell'infinita libertà che procede in tutte le direzioni.

Ma, se si fa attenzione a ciò che accade oggi, pare che, molti, - a quasi 500 anni dalla vicenda di Bruno - non abbiamo ancora fatto i conti, né con la prospettiva dell'infinito, e tantomeno con il connesso tema della libertà.

Forse pensano ancora che "non è bene, per il viaggiatore vagare in questa infinità" (Keplero). Non si spiegherebbero altrimenti la "comprensione" e il sostegno che arriva da varie parti ( religiose, intellettuali, politiche) ai regimi autoritari, dittatoriali e antidemocratici di oggi. 

È come se avessero invitato, a suo tempo, Bruno ad accogliere "le buone ragioni" degli inquisitori, barattando magari la propria libertà!

Foto Wikimedia

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