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Botti di Capodanno: perché è giusto vietarli

In quasi 1.000 comuni sono state emesse delle ordinanze in base alle quali si vieta i far scoppiare i “botti” a Capodanno.

Questo divieto è stato imposto anche per salvaguardare la salute degli umani ed impedire il verificarsi di incendi, ma la motivazione principale è stata rappresentata, senza dubbio, dalla volontà di tutelare la salute degli animali domestici, cani e gatti soprattutto.

Del resto le associazioni animaliste, da anni, si sono battute affinché fosse imposto tale divieto.

Ma quest’anno è aumentato notevolmente il numero dei Comuni che hanno previsto il divieto.

Tralasciando le altre motivazioni, a mio avviso secondarie nel determinare quelle decisioni dei Comuni, è giusto, a mio avviso, che il divieto di far scoppiare i “botti” a Capodanno sia stato imposto per salvaguardare la salute di cani e gatti.

Per me e per molte altre persone, sempre in un numero maggiore, gli animali domestici assumono una notevole importanza, nell’ambito della nostra vita quotidiana. Sarebbe utile ed opportuno analizzare approfonditamente le motivazioni di tale crescente importanza che attribuiamo agli animali domestici.

Ma la realtà è questa.

E la considerazione, piuttosto diffusa, che ci sono problemi di maggiore rilievo rispetto a quelli che possono interessare gli animali domestici, e i loro “padroni”, non mi sembra valida, per nulla.

Certo, ci sono problemi di maggiore rilievo, ma non per questo non si devono affrontare problemi di minore rilievo i quali, peraltro, non sono affatto secondari, e quindi trascurabili.

Probabilmente, utilizzano quella considerazione coloro che non hanno mai avuto in casa animali domestici, che non li conoscono quindi.

E come per altre questioni, la disinformazione, la non conoscenza, induce a formulare giudizi sbagliati.

Pertanto io spero che, il prossimo anno, aumenti ancora, considerevolmente, il numero dei Comuni che imporrà il divieto di cui ho riferito in questo post. E ritengo che questa mia speranza si tradurrà in realtà.

 

Foto: Manuel Comis/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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