Borsa italiana – Cos’è un Etf: caratteristiche e vantaggi
Come aggiungere un rinforzino alla decontribuzione a cui il governo Meloni ha deciso di impiccarsi? Idea: chiediamo alla Ue di usare fondi di sviluppo regionale. La sovietica burocrazia europea vedrà il nesso?
Oggi spendo due parole per un fenomeno di cui forse ai lettori frega il giusto, cioè poco o nulla, rispetto ad altri temi ben più pop e meno esoterici. Tuttavia, poiché tengo queste note anche per me stesso, come blocco d’appunti, confido di poter trovare qualcuno interessato all’argomento, anche se saremo pochi intimi.
Parliamo di risparmi e strumenti di investimento. In particolare, del fenomeno che si sta affermando quest’anno: gli Etf attivi. Gli Etf, come sappiamo, sono strumenti passivi, nel senso che riproducono un indice (azionario, obbligazionario o di materie prime.). Quindi, di tanto si muove l’indice sottostante, altrettanto accade alla quotazione dell’Etf, che varia nel corso della giornata in conseguenza degli scambi e dei processi di costruzione e distruzione dei panieri di titoli che compongono gli indici coinvolti. Questo in essenza è ciò che distingue gli Etf dai fondi passivi, che invece hanno un solo valore della quota, a fine giornata.
Borsa italiana – Cos’è un Etf: caratteristiche e vantaggi
Gli Etf, proprio in virtù della loro natura passiva, tendono a costare molto poco. In effetti, negli ultimi anni si è registrata una forte pressione competitiva a ridurre le commissioni di gestione, anche a pochi centesimi di punto percentuale, puntando tutto sui volumi intermediati.
Ebbene, in questo 2024 si osserva invece un florilegio di Etf attivi e caratterizzati da commissioni di gestione più elevate. Se ne è accorta anche la stampa specializzata come Financial Times e Bloomberg.
La carica dei costosi
Secondo un’analisi di Bloomberg Intelligence, le commissioni medie applicate da Etf lanciati quest’anno ammontano a 61 centesimi, il massimo dal 2010. Dei 383 Etf lanciati sinora nel 2024, quasi due terzi hanno commissioni di 50 centesimi o più elevate. Questi Etf sono attivi, nel senso che non riproducono un indice. Alcuni investono in opzioni, altri a leva su strumenti già volatili di loro, altri affermano di disporre di una “ricetta segreta” per modificare i pesi di alcuni titoli negli indici ed estrarre il leggendario “alpha“, cioè il ritorno in eccesso rispetto a un dato benchmark, corretto per il relativo rischio assunto. L’unico limite è la fantasia.
Secondo alcuni osservatori, al crescere del successo degli Etf passivi low cost, gli investitori avrebbero sviluppato il desiderio di avere in portafoglio qualcosa di “frizzantino”, anche solo per una quota minima. In altri termini, la “noia” per gli strumenti passivi avrebbe stimolato la ricerca di qualcosa di più speziato, e quindi l’offerta. Se un portafoglio è composto per il 95 per cento da Etf passivi che costano pochi centesimi, si argomenta, che problema c’è a mettere uno strumento attivo che magari costa un punto percentuale ma promette mirabilie rispetto alla semplice riproduzione della performance dell’indice?
Come che sia, questa presunta innovazione sta spingendo la fantasia degli emittenti, anche di quelli che hanno sin qui emesso Etf tradizionali a prezzo stracciato, con benefici per il loro conto economico e un vero e proprio assalto al patrimonio dei fondi attivi (già pesantemente eroso in questi anni dal successo dei passivi), che continuano ad applicare commissioni di gestione che in media restano ampiamente superiori a quelle dei nuovi Etf attivi. Il fenomeno, entro dati limiti, consente anche a piccoli emittenti fantasiosi di mettere piede in un mercato dominato da mastodonti quali Vanguard, BlackRock, State Street.
Almeno, sin quando questi ultimi (in particolare, la seconda) non entrano a loro volta in questo campo. Sta accadendo, ovviamente, anche se con prodotti molto lineari e non certo psichedelici. Anche l’asset management di JPMorgan opera negli Etf attivi con un approccio “scientifico”, cioè con analisi fondamentale che porta a limitate modifiche di pesi di alcuni titoli in indici tradizionali. Perché siamo scienziati, non croupier. Data la natura “tranquilla” e oserei dire al margine di questi prodotti, in questi casi le commissioni di gestione restano basse pur se non prossime a zero.
Cosa penso degli Etf attivi e costosi, molti dei quali moriranno in culla o durante l’infanzia? Che ognuno può buttare impiegare il proprio denaro come preferisce. Personalmente, non ne sono attratto. Tuttavia, credo che la tesi della “noia” dell’investimento esclusivamente passivo sia suggestiva e forse con un fondo di verità. A parte ciò, mala tempora currunt per i gestori di fondi attivi e per le loro voraci commissioni di gestione e di spesso fantasiosa performance.
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