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Bologna | A 18 anni dal rogo che uccise Alex e Amanda, due bambini rom del campo di Santa Caterina di Quarto

di VITO TOTIRE

Il 3 aprile del 2000, Amanda, 2 anni e mezzo, e suo fratello Alex, un anno e mezzo, sono rimasti uccisi in un incendio scoppiato in un campo Rom alla periferia di Bologna. 

 

Bologna è una città speciale anche nelle rimozioni. Da pochi giorni è passato l’anniversario dell’omicidio sul lavoro (nero) del giovane operaio albanese Reuf Islami e la “città” legale non ha battuto ciglio; è tutto “normale”. Un fiore e un cartello sono comparsi tuttavia sul luogo dell’omicidio; verrà il tempo in cui la memoria si manifesterà in maniera più robusta; forse quando l’insulso vento “leghista” si sarà placato.

Silenzio istituzionale si profila anche per la morte di Alex e Amanda, bambini di etnia rom morti nel rogo di Santa Caterina di Quarto, sepolti nel commovente cimitero dei “piccoli” della Certosa di Bologna che a visitarlo, anche per chi non è epidemiologo, mostra una evidente rapporto fra povertà e mortalità infantile. Il campo rom a Caterina di Quarto fu approntato in fretta dal Comune di Bologna con il parere negativo dell’allora ufficiale sanitario. Fu l’emblema della emarginazione e del degrado secolare in cui i rom sono ristretti dalla società ricca e perbenista. Un campo che, in una coraggiosa denuncia ospitata dal quotidiano La Repubblica, fu definito «un canile» dal portavoce dei rom che vi abitavano.

L’esistenza di un grave rischio elettrico e di incendio era noto alle istituzioni. Si è preferito come quasi sempre intervenire “il giorno dopo”.

Solo dopo la tragica strage la città capì che quell’insediamento era una offesa per la dignità umana e furono messi in moto i provvedimenti per una migliore integrazione abitativa e sociale dei rom. Il percorso non è peraltro affatto concluso vista la esistenza – ancora! – del villaggio lillipuziano di via della Canapa che doveva essere assolutamente provvisorio.

Abbiamo detto altre volte che non vogliamo fare politica con la toponomastica anche se le istituzioni lo fanno a man bassa; né vogliamo essere speculari a una politica istituzionale che pure ha mostrato di aderire al criterio secondo cui “ci sono morti che pesano come una piuma e morti che pesano come una montagna”.

Il problema non è solo intitolare un pezzo di strada ad Alex e Amanda , bambini rom uccisi dall’emarginazione e dalla miseria. La nostra proposta è soprattutto un appello a contrastare la rimozione e a scrivere la vera storia dei rom a Bologna.

In questo senso chiediamo non solo adesioni alla proposta relativa alla strada (riguarderebbe il pezzo di asfalto da via Fiorini alla rotonda Polacchi) ma anche l’invio di testimonianze, ricordi, osservazioni che riguardino la storia della “accoglienza” dei rom e dei sinti a Bologna.

A ogni buon conto – a nome dei firmatari della relativa petizione – il 3 aprile invieremo al sindaco di Bologna l’istanza di intitolazione della strada:

che una striscia di anonimo e squallido asfalto non sia il mezzo per rimuovere la memoria dell’orrendo crimine di pace consumatosi il 3 aprile 2000.

Bologna, 2.4.2018

Vito Totire, a nome del :circolo “Chico” Mendes e del Centro “Francesco Lorusso” per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria

QUI trovate Amanda e Alex uccisi dal rogo della baracca – Zic.it: è uno “speciale” tratto dai numeri 106 e 107 di «Zero in condotta»: interventi di Valerio Monteventi (BOLOGNA VERGOGNATI), di Dimitris Argiropoulos (LA TRAGEDIA DI SANTA CATERINA: esclusione, emergenza, espulsione, eternizzazione, securitizzazione, tante parole per coprire… ), di ControPiani – Rete No Ocse Bologna (IL DOLORE DI UN POPOLO), di Pier Giorgio Nasi (SOLIDARIETA’ L’E’ MORTA), di Them Romanò (PER IMPEDIRE ALTRE TRAGEDIE ) del Centro Multietnico Navile (PROPOSTE DI INTERVENTO PER LE COMUNITA’ ROM CHE VIVONO NELLE AREE SOSTA E NEI CENTRI DI PRIMA ACCOGLIENZA DEL COMUNE DI BOLOGNA) e con un appello di intellettuali.

Foto: f_barca/instagram

Questo articolo è stato pubblicato qui

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