Biagi e il suo articolo su Berlusconi e i brigatisti. Tredici anni fa
La situazione resta grave ma non seria.
Intervistato da un redattore del Tg4 (sono ragazzi pieni di iniziativa), Silvio Berlusconi ne ha approfittato per lanciare un nuovo attacco contro i magistrati: e con una ardita e inedita immagine ha paragonato i Pubblici ministeri ai terroristi. Penso a Emilio Alessandrini e a Guido Galli, accoppati proprio da quegli imbecilli che credevano di fare la rivoluzione; adesso qualcuno va in prigione, ma solo per dormire. Il Cavaliere è impegnato in una dura battaglia: più nella difesa di se stesso che dei principi. Più che di giustizia ha voglia di amnistia. Non si accorge neppure, nella foga della polemica, che certe sue affermazioni sono ridicole: come quando proclama: "Prodi dittatore, è come Mussolini". Il duce avrebbe concesso a un avversario di possedere tre reti televisive, un quotidiano, e la più forte casa editrice italiana. Più che una idea del mondo quella di Berlusconi è una visione aziendale (...) C'è in Silvio dicono, un conflitto di interessi: che mi pare abbia risolto infischiandosene. Penso che viva ore difficili se si è ridotto, lui che si ostina a predicare la guerra santa contro il periccolo comunista, a lanciare appelli agli uomini di sinistra perché lo seguano nella zuffa con chi "lotta contro l'opposizione con le sentenze". Anche la stampa internazionale si ostina a considerarlo una anomalia della vita italiana (...) Certo Berlusconi è un uomo dalle infinite risorse: e in un programma di Bruno Vespa venne raccontata la storia meravigliosa di un ragazzino tifoso del Milan che era in coma, e si risvegliò ascoltando la voce del Presidente dei rossoneri che ripeteva: "Sono Silvio Berlusconi: alzati e cammina". E il piccolo obbedì. E faranno così, suppongo, anche gli onorevoli suoi beneficati, perché qualche volta la gratitudine esiste, e senza di lui difficilmente sarebbero arrivati in Parlamento (...) La questione, come sempre, resta grave ma non seria. Berlusconi vittima: di chi? Ma dai.
Questo è un editoriale comparso in prima pagina del Corsera l'11 agosto 1998, e porta la firma di un certo Enzo Biagi. Sono passati 13 anni, ed eccoci qui.
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